Affrontare i pericoli della montagna invernale con la crisi climatica: i consigli delle guide alpine
Inverni più miti, con nevicate più intermittenti e forti sbalzi di temperatura. Siamo abituati ad associare la montagna invernale al pericolo valanghe, ma il cambiamento climatico ci mette di fronte a “diversi” inverni e “diversi” pericoli, tra cui ad esempio la sottovalutazione del pericolo ghiaccio, causata da un’errata lettura delle condizioni reali della montagna.
Quali accortezze adottare, dunque, e come prepararsi alle escursioni in queste condizioni? Ecco i consigli delle Guide Alpine italiane, professionisti della montagna che possono dare informazioni utili su come adeguarsi ai cambiamenti climatici e su come avvicinarsi alla montagna, grazie a una formazione sempre aggiornata su questi temi.
Eventi estremi, complessi, e difficilmente prevedibili
I pericoli della montagna che riguardano valanghe, scivolate, cadute su pendii di neve ghiacciata e dura, non sono una novità di per sé, ciò che è decisamente cambiato negli ultimi anni è la loro prevedibilità e stagionalità. “Ad esempio in pieno inverno si possono avere temperature miti anche ad alta quota, seguite da un rapido calo che porta alla formazione di pendii di neve ghiacciata anomali per il periodo – spiega la guida alpina Davide Spini -. Un lungo periodo di freddo associato alla siccità, può trasformare l’attraversamento di innocui ruscelli in qualcosa che ha più che fare con le cascate di ghiaccio che con l’escursionismo”.
Cosa succede al manto nevoso quando la neve è poca e subisce forti scossoni termici con picchi di caldo e di freddo ravvicinati? “In generale il manto nevoso non gradisce i cambiamenti veloci, siano essi meccanici o termici – continua Spini -. Un’ondata di caldo anomalo a inizio inverno, come potrebbe essere una pioggia fino ad alte quote, nel giro di poche ore può trasformare un manto nevoso freddo in uno primaverile, creando seri problemi di neve bagnata atipici per la stagione invernale”.
Valanghe, un pericolo da non dimenticare
Le valanghe continuano ad essere un pericolo da valutare attentamente. Gli autunni sempre più miti estendono il problema delle valanghe di slittamento a quote più alte, ma questo purtroppo non vuol dire che le valanghe a lastroni asciutti, che provocano la maggior parte degli incidenti legati all’utenza sportiva, scompariranno. “Anzi – continua Spini -, lo scorso inverno ha dimostrato esattamente il contrario. Come in passato, ma ancor di più per il futuro, è quindi importante leggere scrupolosamente i bollettini nivo-meteorologici, riconoscere eventuali segnali di pericolo e adottare delle azioni adeguate alla situazione del momento.
Improvvisazione e abitudinarietà
Negli ultimi anni c’è stato un aumento di escursionisti che praticano la montagna invernale con una mentalità “estiva” o comunque poco consapevole, magari attirati da inverni miti e alte temperature. La presenza di lastre ghiacciate, o pendii di neve dura, è spesso causa di scivolate anche mortali, evitabili con la giusta attrezzatura e un minimo di formazione.
“La prima accortezza da prendere, e forse la più semplice, è quella di utilizzare l’attrezzatura adeguata – spiega Spini -. I “ramponcini” da neve, o “catenelle” che dir si voglia, vanno bene per passeggiare lungo strade innevate, ma non per affrontare pendii di neve dura, creste o lastre di ghiaccio. Per andare in montagna servono i ramponi, gli stessi che si utilizzano per fare alpinismo sui ghiacciai. E il loro utilizzo lo raccomandiamo a escursionisti e scialpinisti, meglio se abbinato all’uso della piccozza”.
Se molti “nuovi utenti” della montagna si avvicinano ad essa senza un’adeguata preparazione tecnica, fisica e culturale, alcuni i “vecchi utenti” la frequentano in maniera abitudinaria, incorrendo in errori legati alla familiarità, per esempio basandosi su scelte fatte in precedenza.
I cambiamenti climatici ci obbligano a valutare attentamente le condizioni volta per volta, senza far troppo affidamento su comportamenti e azioni del passato. Frasi come “Qui a gennaio siamo sempre saliti senza ramponi” possono essere fuori luogo, oltre che molto pericolose.
Montagna non troppo “social”
Un ultimo pericolo “nuovo”, ma non troppo, è quelle legato ai social media e ai comportamenti rischiosi legati alla comunicazione che veicolano. “L’emulazione, la competizione e la ricerca di qualche “like” in più, possono indurre alcune tipologie di utenti, non solo i più giovani, a ritrovarsi in situazioni pericolose decisamente oltre la propria capacità o, ancor peggio, a correre dei rischi elevati senza neppure rendersene conto” sottolinea Spini.
Come e quanto i cambiamenti climatici incidano sulle montagne è questione fortemente sentita dalle guide alpine, che vivono quotidianamente l’alta quota e da sempre adeguano pratiche e prassi alle condizioni effettive. Il tema, oltre che approfondito nei corsi di formazione e negli aggiornamenti professionali continui, è anche oggetto di confronto a livello internazionale: a fine maggio, per esempio, l’Alto Adige ha ospitato un meeting delle guide alpine Uiagm (l’unione internazionale che raggruppa le associazioni nazionali delle guide alpine) – di cui fanno parte anche quelle italiane – durante il quale è stato affrontata proprio la tematica dei pericoli della montagna estiva nell’era del global warming.
“Con i cambiamenti climatici cambia anche la montagna e di conseguenza dobbiamo farlo anche noi” conclude Spini.