Gentiloni in Africa: rivendica per l’Italia l’apertura della Libia sui migranti
Prosegue il viaggio di Paolo Gentiloni tra Tunisia, Angola, Ghana e Costa d’Avorio. Una delle problematiche principali su cui il premier italiano ha focalizzato l’attenzione è l’immigrazione e sulla situazione particolarmente preoccupante in Libia: “L’Italia chiede fortemente che sia le organizzazioni legate all’Onu, Unhcr e Oim, sia le ong in generale, approfittino dell’apertura che le autorità libiche finalmente iniziano a dare. Fino a un anno fa non volevano” la presenza nei campi profughi, “c’era l’impossibilità di lavorare sui rimpatri volontari e su potenziali corridoi umanitari dalla Libia. Ora si può fare, rispettando la sovranità delle autorità libiche. Gradualmente stanno aprendo”, bisogna “molto accelerare e rafforzare l’intervento”, ha detto Gentiloni.
“Stamattina – ha proseguito il presidente del consiglio – abbiamo incontrato l’inviato Onu in Libia che sta cercando di lavorare per fare passi in avanti per la stabilizzazione. La situazione è difficile, fragile ma l’azione dell’Onu sta portando verso una situazione migliore. L’obiettivo, che sarebbe straordinario, arrivare al 2018 a elezioni a suffragio universale ma intanto arrivare a una assetto transitorio più solido”.
La stabilizzazione della Libia ha proseguito il premier, ha “conseguenze per la sicurezza in Italia e per consolidare i passi in avanti fatti nella lotta ai trafficanti di esseri umani”. Poi ha sottolineato i rischi in Nord Africa del ritorno dei foreign fighters. “questo – ha sottolineato Gentiloni – può essere un fattore di rischio in tutta la regione” del Nord Africa, ma bisogna riconoscere che la Tunisia ha fatto passi avanti nella sicurezza e la lotta al terrorismo”.
Da Bari gli ha fatto eco il ministro dell’Interno, Marco Minniti, secondo cui: “stroncare i trafficanti è condizione essenziale per aprire le porte alla legalità nella immigrazione”. Occorre, ha proseguito Minniti, “gestire corridoi umanitari per coloro che scappano dalle guerre” e dare forma a una “immigrazione legale per coloro che vengono da noi per lavorare”. “Una democrazia – ha concluso – deve rifiutare chi insegue processi governati da criminali e trafficanti”.