Russiagate, arrestato Manafort ex capo della campagna di Trump: rischia 80 anni
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Una notizia clamorosa scuote l’amministrazione Trump: Paul Manafort, l’ex responsabile della campagna elettorale del tycoon americano, si è consegnato alle autorità americane nell’ambito delle indagini sul Russiagate. Lo stesso ha fatto il suo ex socio, Rick Gates. Contro i due imputati, tra i 12 capi d’accusa, c’è anche quello di “cospirazione contro gli Stati Uniti”. A Gates e Manafort (che rischia fino a 80 anni di carcere), sono stati concessi gli arresti domiciliari. Ricordiamo in particolare che Manafort era indagato, tra le altre cose, per violazione delle leggi fiscali federali e riciclaggio di denaro. Il procuratore Mueller sta indagando da maggio sulle possibili collusioni tra lo staff del presidente e le autorità russe per cercare di interferire nelle ultime elezioni presidenziali.
Le accuse. Come detto tra i 12 capi di accusa contro Manafort e Gates c’è anche la “cospirazione contro gli Usa”. E ancora: il non essersi registrati come agenti di uno Stato straniero, aver fatto dichiarazioni false e fuorvianti, riciclaggio e omessa denuncia di conti su banche straniere. Sui conti offshore di Manafort sarebbero passati oltre 75 milioni di dollari. Per l’accusa, Manafort avrebbe riciclato oltre 18 milioni di dollari che avrebbe usato per comprare beni, proprietà e servizi negli Stati Uniti. Si tratta di entrate che Manafort ha tenuto nascoste al Tesoro e al Dipartimento di Giustizia americano. Il suo socio in affari, Rick Gates, invece avrebbe trasferito oltre 3 milioni di dollari da altri conti offshore. Tutto ciò si legge nell’atto di rinvio a giudizio approvato da un Gran Giurì su richiesta dello stesso procuratore speciale Robert Mueller.
L’avvocato di Trump minimizza. Jay Sekulow, legale del presidente americano, intervistato dalla Cnn ha dichiarato: “Non siamo preoccupati, sono tutti episodi che non riguardano la campagna elettorale”. In riferimento a George Papadopolous, ex collaboratore volontario della campagna di Trump, l’avvocato ha poi sottolineato che nel suo caso il reato contestato è aver mentito all’Fbi, senza riflessi sulla campagna. Sekulow ha concluso dicendo: “Nessuna collusione, nessuna ostruzione della giustizia”.
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