Usa, Wsj: Trump pronto a firmare l’uscita dall’accordo di Parigi sul clima. Domani al via la Cop29 a Baku

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Secondo quanto scrive il Wall Street Journal, Donald Trump firmerà l’ordine esecutivo per il ritiro dall’accordo di Parigi sul clima il 20 gennaio 2025, giorno del suo nuovo insediamento alla Casa Bianca. Il tycoon lo aveva già promesso in campagna elettorale e sembra, rivelano fonti a lui vicine, che lo farà firmando un ordine esecutivo proprio nel suo primo giorno in carica.

Trump si era già ritirato dall’accordo nel 2019 durante il suo primo mandato mentre il suo successore alla Casa Bianca, Joe Biden, aveva aderito di nuovo all’intesa con un ordine esecutivo firmato nel giorno del suo insediamento. Una mossa che arriva alla vigilia dell’apertura della Cop29 di Baku, la conferenza annuale dell’Onu sul clima in programma da domani fino al 22 novembre.

Trump non sarà quindi presente alla Cop29 in Azerbaigian ma del resto lo aveva detto in campagna elettorale. Ma non solo: sembra che abbia anche minacciato di uscire del tutto dalla Convenzione quadro delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici, l’Unfccc, quella che organizza le Cop. Ciò significherebbe che gli Usa non parteciperebbero neppure ai negoziati per definire le politiche mondiali sul clima. A Baku non ci sarà neanche il presidente uscente Biden, e neppure molti leader mondiali, da Xi a Modi a von der Leyen a Macron a Putin a Lula. Il 13 mattina dovrebbe intervenire la premier italiana Meloni.

Il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres, alludendo a Trump aveva detto: “L’accordo di Parigi può sopravvivere, ma a volte le persone possono perdere organi importanti, o perdere le gambe e sopravvivere. Non vogliamo un accordo di Parigi paralizzato”.

Quest’anno il tema principale della Cop sarà la finanza climatica, ovvero il nuovo strumento per gli aiuti ai paesi vulnerabili: dal 2026 dovrà prendere il posto del fondo da 100 miliardi di dollari all’anno istituito con l’Accordo di Parigi. Un fondo che solo nel 2022 ha raggiunto questa cifra. Ma il negoziato si preannuncia difficile con i paesi vulnerabili che vogliono più soldi possibile e la massima libertà di usarli, e i donatori che stringono i cordoni della borsa e vogliono regole chiare e controlli serrati sull’uso dei loro denari.