Centri migranti in Albania, il Governo: “Continuiamo con soluzioni innovative”
Il governo italiano a gennaio punta a riprendere i trasferimenti dei migranti verso l’Albania. Forte anche della sentenza della Cassazione del 19 dicembre che “ci ha dato ragione” e del clima politico che soffia in Europa, spingendo verso la difesa dei confini esterni.
Ieri si è tenuta una riunione (durata circa un’ora) che era stata convocata dalla premier Giorgia Meloni sul tema, “per capire come procedere”. Al vertice a Palazzo Chigi erano presenti anche il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani (in collegamento dal Kosovo), il sottosegretario Alfredo Mantovano, i ministri di Interno, Difesa ed Affari europei, Matteo Piantedosi, Guido Crosetto e Tommaso Foti. Tra una sentenza e l’altra, la premier tira dritto dopo aver promesso pochi giorni fa che “i centri funzioneranno, dovessi passarci ogni notte da qui alla fine del governo italiano”.
Due le novità che col nuovo anno potrebbero consentire la ripartenza dei trasferimenti: la Cassazione ha riconosciuto al governo il diritto di stabilire un regime differenziato delle domande di asilo per chi proviene da Paesi designati come sicuri. E dunque il giudice “non può sostituirsi” al ministro degli Esteri, né “può annullare con effetti erga omnes il decreto ministeriale”. Il magistrato può tuttavia valutare se la designazione è legittima ed eventualmente disapplicare “in via incidentale” il decreto sui Paesi sicuri. Caso per caso, cioè. Il governo confida poi che il passaggio della competenza sulla convalida dei trattenimenti nei centri dai giudici delle sezioni immigrazione – che finora li hanno bocciati – alle Corti d’appello porterà a decisioni favorevoli. La nuova disposizione diventerà operativa l’11 gennaio.
L’altro elemento sottolineato nel vertice è il mutato clima europeo, con un’accentuazione sul contrasto dei flussi migratori irregolari, come si è visto anche con le recenti decisioni sullo stop all’iter di esame delle domande d’asilo dei siriani. La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, vuole procedere spedita su nuova direttiva rimpatri, revisione della definizione di Paese sicuro e l’utilizzo di hub per i rimpatri in Paesi terzi. Il piano Italia-Albania sarebbe l’apripista. E Meloni ha sottolineato il “forte consenso emerso in questo senso, anche in occasione della riunione promossa insieme ai primi ministri danese e olandese con gli Stati membri più interessati al tema, a margine dello scorso Consiglio Europeo”.
“Andremo avanti – ha detto al termine Tajani – per contrastare i trafficanti di esseri umani, per il rispetto delle norme comunitarie. Le soluzioni innovative sono state apprezzate e vengono apprezzate anche da altri Paesi”. L’incontro è stato l’occasione per fare il punto sul dossier, al momento una spina nel fianco dell’esecutivo: l’apertura dei centri di Shengjin e Gjader è slittata da maggio ad ottobre; i pochi migranti portati sono stati subito liberati dai giudici; le opposizioni sono insorte per il “flop costato un miliardo di euro”. Ma la riscossa è vicina, è la convinzione di Meloni, che ha ideato l’accordo con l’amico premier albanese Edi Rama e vuole ora farlo finalmente funzionare. L’opposizione continua ad attaccare.
La Cassazione intanto, deve ancora pronunciarsi sui ricorsi presentati dal governo contro le prime mancate convalide del trattenimento di migranti emesse dalla sezione immigrazione del tribunale di Roma il 18 ottobre scorso. Nell’udienza del 4 dicembre il pg, in tema di definizione di Paesi sicuri, ha chiesto ai supremi giudici di sospendere il giudizio in attesa che a marzo si pronunci la Corte di Giustizia dell’Ue. Intanto, il governo cerca di allargare il consenso in Europa sulle nuove regole per rimpatri e Paesi sicuri ed anticipare i tempi. Un quadro di norme europee diverse da quelle attuali, specchio dei mutati equilibri politici – è la convinzione nell’esecutivo – avrebbe un effetto anche sulle decisioni dei giudici italiani rendendo praticabile il progetto Albania.