Manovra: salta Opzione donna
Sembra destinata a saltare la modifica introdotta dal governo in manovra che avrebbe legato la possibilità di pensionamento anticipato per le lavoratrici al numero dei figli. La novità su Opzione donna era emersa durante il varo della manovra in consiglio dei ministri: “Prorogata per il 2023 con modifiche: in pensione a 58 anni con due figli o più, 59 con un figlio, 60 altri casi”, si spiegava nel comunicato di Palazzo Chigi.
Ora, pare, si torni alla norma originaria, prorogata per un altro anno. Un passo indietro che potrebbe essere stato dettato dai rischi di incostituzionalità che si vanno ad aggiungere alle perplessità sulle coperture. Per quanto riguarda queste ultime si è scoperto, infatti, che la modifica sarebbe nata originariamente per ottenere dei risparmi restringendo la platea; ma poi si sarebbe visto che i risparmi non erano così determinanti. Anche nella versione originaria, Opzione donna vale infatti un centinaio di milioni di euro, cifra non esorbitante considerando i volumi complessivi della manovra.
Rischiavano invece di diventare problematici i rilievi sull’aspetto “penalizzante” delle norme. Ad alzare l’allarme anche alcuni costituzionalisti, secondo i quali una distinzione di questo tipo avrebbe potuto portare a sollevare la violazione del principio di uguaglianza. Una norma “discriminatoria”, la bolla il Pd, che plaude al passo indietro, pur rimarcando “le criticità di opzione donna”. Una misura dal “deciso sapore di Ventennio che si è infranta di fronte alla Costituzione”, aggiunge il M5s. Che promette battaglia in Parlamento nel caso il governo dovesse cambiare ancora idea. Opposizioni che prendono la palla al balzo anche per accusare l’esecutivo di “pressapochismo”. Ma la manovra finisce al centro delle critiche anche per come sono state specificate le coperture.
Intanto non si è ancora concluso il lavoro sul testo, approvato lunedì ma non ancora arrivato in Parlamento, dove è ormai atteso all’inizio della prossima settimana.