Ava, l’ex presidente Cattelan: “Il termovalorizzatore rimane il male minore”

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Dopo essere “scaduto” con tutto il consiglio di amministrazione di Ava, il presidente Giovanni Cattelan, thienese, già presidente di Avs,  mette momentaneamente da parte il profilo basso mantenuto per mesi se non anni rispetto alle discussioni termovalorizzatore si / termovalorizzatore no. E ci tiene a fare un po’ di chiarezza su una materia davvero complessa.

“Ovviamente sto parlando da libero cittadino, perché in questo momento non sono più presidente. Partiamo da una premessa: nessuno è felice di avere un inceneritore nel suo territorio, nemmeno io, e chi è stato chiamato a decidere non vive altrove, respira con la sua famiglia la stessa aria di chi si oppone alla sua ristrutturazione. Ma è consapevole che bruciare i rifiuti, producendo energia e calore, è in questo momento, e ancora per 20-30 anni, il male minore”.

C’è il rischio che siano i rifiuti a servire al termovalorizzatore per farlo funzionare e non viceversa?
“Direi di no. La presenza dell’impianto di Ca’ Capretta non ci ha distratto dagli impegni verso il recupero dei rifiuti e la loro riduzione. Basti pensare che negli ultimi dieci anni i Comuni soci di Ava hanno complessivamente aumentato del 10% la raccolta differenziata. E sono stati ammodernati e ampliati molti ecocentri: quelli nuovi di Thiene, Marano, Piovene e Chiuppano, per dire, sono delle strutture modello, dove grazie all’impegno di cooperative sociali è possibile anche il riutilizzo di quanto conferito. Inoltre abbiamo portato tremila bambini del territorio ogni anno a conoscere il mondo dello smaltimento dei rifiuti, un modo per sensibilizzare loro e le famiglie alla raccolta differenziata. Infine in quattro comuni stanno partendo con le campane intelligenti, munite di microchip, che consentono di applicare la tariffa puntuale  e il controllo su chi conferisce”.

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Però in Danimarca i termovalorizzatori li stanno riducendo
“Guardi, bisogna sempre analizzare il contesto prima di tirare le conclusioni. Le dò qualche numero: in Veneto siamo quasi in 5 milioni di abitanti e abbiamo tre termovalorizzatori in funzione. In Danimarca, dove è vero li stanno dismettendo, avevano 6 milioni di abitanti e 27 termovalorizzatori. Bruciavano il 100% dei rifiuti prodotti dagli abitanti, senza la differenziata. Hanno iniziato a ridurli nel momento in cui, iniziando a differenziare, è calata la necessità di bruciarli. Hanno fatto insomma un percorso inverso al nostro, per questo ora possono spegnerne qualcuno. Potremo farlo anche noi in futuro, ma non adesso, dato che oggi bruciamo nella nostra regione circa 250 mila tonnellate di rifiuti all’anno e ne portiamo in discarica ancora 400 mila, quasi il doppio. In questo momento e ancora per qualche decina di anni, ripeto, il termovalorizzatore rimane il male minore necessario”.

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Ok, ammettiamo che sia necessario ristrutturare l’impianto invece di ragionare sulla sua riduzione. Perché sovradimensionarlo?
“Se non agivamo ora presentando ai soci una proposta, avremmo avuto un termovalorizzatore che non poteva funzionare. Teniamo presente che in Veneto questi impianti sono sottodimensionati e che il piano regionale per i rifiuti non ne prevede di nuovi. Quello di Schio poi è uno degli inceneritori più piccoli come dimensioni, tanto che oggi sul mercato non è più possibile reperire linee con taglie così piccole. Ma, per tornare al discorso di prima, ritengo che con il potenziamento approvato dai sindaci fra vent’anni, quando i tempi saranno più maturi e quando la linea 1 riammodernata nel 2016 sarà vecchia, ci troveremo, allora sì, nelle condizioni di poter scegliere di spegnerla senza farne una nuova”.

Lo studio che avete presentato ai soci ventila, in caso di non ammodernamento dell’impianto, la necessità che si debba aprire una nuova discarica… Perché sarebbe così grave?
“Perché è un passo indietro invece che avanti, significa lasciare un problema enorme ai nostri figli. La discarica ha grosse emissioni di metano, responsabile emissioni climalteranti, molto più alte delle emissioni di un termovalorizzatore. E poi produce percolato che potrebbe finire nella falda acquifera. Per quanto una discarica possa essere ben coibentata, l’impermeabilizzazione prima o poi si rovina. Basti pensare ad esempio ai problemi, non ancora risolti, che ha evidenziato ad esempio la discarica Corsea di Sarcedo. Anche nel vicentino c’è ancora una parte di rifiuti che finisce in discarica a Grumolo delle Abbadesse, circa 20 mila tonnellate ogni anno: con la proposta che i sindaci hanno approvato si potranno azzerare questi conferimenti che sono una pesante eredità per chi verrà dopo di noi”.

Ascolta “Giovanni Cattelan, presidente Alto Vicentino Ambiente” su Spreaker.

Cosa l’ha turbata di delle polemiche che hanno accompagnato l’approvazione del masterplan che il CdA ha presentato ai soci di Ava?
“L’uso dei dati in modo parziale e anche le accuse di aver agito in modo illegittimo. Come amministratori della società avevamo l’obbligo, ravvisato un problema di sopravvivenza della stessa, di presentare un progetto e sottoporlo ai soci. Poi sta a questi ultimi prendere la decisione, ma saremmo stati manchevoli se ce ne fossimo lavati le mani, rinviandolo al futuro. Teniamo presente che il processo per arrivare alla decisione di fine agosto è durato un anno e mezzo e che il dibattito sul futuro di Ca’ Capretta era iniziato ancora nel 2014. A dicembre 2023 abbiamo presentato ai soci lo studio che dimostrava come la chiusura della linea 2 fosse incompatibile con la normativa regionale e svantaggioso economicamente. Come amministratori noi non possiamo portare in perdita Ava, una società sana e un patrimonio da preservare anche nei bilanci di tutti i Comuni.

E perché si è arrivati a presentare le quattro alternative solo a inizio luglio?
“Perché abbiamo lavorato a lungo sui diversi scenari e sul bilancio complessivo delle emissioni”.

E com’è questo bilancio delle emissioni, attualmente?
“Per quel che riguarda le ceneri, sono il 20% del rifiuto termovalorizzato. Di queste, il 18% va a recupero nei cementifici, mentre il restante 2%, che sono quelle pericolose risultanti dal filtraggio dei camini, viene spedito in Germania per essere stoccato nelle grotte di sale”.

Lei insiste sul fatto che l’ambito di riferimento per i rifiuti deve essere quello regionale, non quello provinciale.
“Certo. Anche noi portiamo rifiuti fuori provincia: l’umido va Brescia, la carta viene riciclata a Verona, il multilaterale a Venezia e cosi il vetro. Ci sono i bacini provinciali ma lo sguardo deve essere regionale. E anche chi ha investito più di noi nell’economia circolare, come la Contarina, ragiona su un ambito regionale, dato che i suoi rifiuti residui vengono portati fuori dal suo bacino. La dimensione non è insomma quella del consiglio di bacino di Vicenza, è più ampia. Inoltre se ci aggreghiamo con Soraris, come gestori potremo fare una grande piattaforma di preselezione, che ci consentirà di migliorare la qualità dei rifiuti, anche grazie alle tecnologie a riconoscimento ottico”.

Nel lavoro del CdA sul piano industriale ci sarà l’affiancamento di un comitato composto da dieci sindaci.
“Si, questo consentirà di migliorare la proposta e di condividerne tutti i passaggi e le scelte. Ripeto, il termovalorizzatore rimane il male minore, il male peggiore sarebbe non decidere. Ricordo che l’ultimo piano industriale risale a ben 15 anni fa, sono molti. Il presidente allora era il compianto Lorenzo Bosetti e quel piano prevedeva il rifacimento della linea 1 e il teleriscaldamento. Non era possibile aspettare ancora prima di farne un altro. Mi sarei sentito colpevole di omissione se non lo avessimo presentato. Teniamo anche presente che la concessione di Ava scade nel 2029 e se non presentiamo aggregazioni rischiamo di andare in gara e che i Comuni del territorio perdano il controllo di Ava. Diceci anni fa abbiamo realizzato la fusione fra Greta e Ava, fra le fasi di raccolta e di smaltimento: i risparmi sono sotto gli occhi di tutti”.

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