Ava, Marigo: “Nessun ricorso al Tar o a modifiche urbanistiche, rimaniamo aperti al dialogo”
Porta aperta al dialogo: è conciliante Cristina Marigo. La neosindaca di Schio, dopo l’isolamento sperimentato all’assemblea dei soci di Alto Vicentino Ambiente che ha dato il via libera al progetto di massima per il rinnovamento (con potenziamento) dell’impianto di termovalorizzazione di Ca’ Capretta, tiene aperta la porta verso gli altri 28 primi cittadini che con l’approvazione hanno messo Schio all’angolo.
“L’approvazione di una delibera non cessa il dialogo – spiega – e noi non prescindiamo dal confronto. Il masterplan votato traccia la strada futura di Ava, ma noi continueremo a portare nei luoghi deputati le nostre istanze”.
Sindaca, sui social più persone scrivono che farete ricorso al Tar e che vi preparate ad apportare modifiche urbanistiche per ostacolare il progetto.
“Come abbiamo ribadito anche in assemblea, il dialogo con gli altri Comuni non si ferma. Non abbiamo mai discusso internamente di modifiche al piano regolatore o di ricorsi al Tar del Veneto: che ci piaccia o no, la decisione della scorsa settimana è legittima. Certo, il masterplan che ci è stato presentato solo il 2 luglio e che avremmo dovuto votare già il 17 di quel mese, è stata una sorpresa sia per noi che per gli altri sindaci. Per questo io il 17 chiesi un rinvio a fine agosto. I tempi sono stati molto stretti per una materia molto delicata e complessa. Abbiamo fatto fatica noi ad analizzare il documento di 130 pagine, e abbiamo una struttura alle spalle adeguata per farlo, immagino in che condizioni può essersi trovata l’amministrazione di un Comune piccolo. Abbiamo capito che il Consiglio di Amministrazione di Ava voleva andare avanti, affermando che era tempo di far partire il processo che porterà al nuovo piano industriale e questo ci ha messo in difficoltà”.
Se la vostra posizione era appropriata, perché non siete riuscite a portare sulle vostre posizioni praticamente nessun Comune?
“I tempi stretti hanno portato alcune amministrazioni a fidarsi del CdA di Ava, ossia dei tecnici. Dato che l’aria non ha confini e non si ferma dove finisce Schio, sarebbe stato meglio avere il tempo per un confronto con i cittadini. Invece la nostra posizione è stato vissuta come un problema di Schio. Il tema è complesso e io non metto certo in dubbio che dentro Ava ci siano persone competenti, ma c’è stato un problema di comunicazione. Noi siamo consapevoli che non si può chiudere la linea due da un giorno all’altro, ma constatiamo che c’è la volontà di servire un territorio più ampio. Noi volevamo puntare sul raggiungimento dell’84% di differenziata programmato dalla Regione per il 2030, in modo che rimanga solo un 16% da bruciare. Schio già ora produce solo 60 chilogrammi di rifiuto secco pro capite e anche altri Comuni sono già oggi sotto la soglia degli 80 chili che la Regione si è data come obiettivo per il 2030. Si poteva cercare di lavorare su quello. Volevamo puntare su altri rami di business, che non si fermassero alla termovalorizzazione, come il riciclo, che ci risultano essere molto remunerativi”.
Gli studi presentati dal CdA, però, dimostrano che se non si interviene ora con un progetto, si dovrà aprire una nuova discarica, dato che quella di Grumolo delle Abbadesse è in esaurimento e attualmente l’Alto Vicentino porta lì ancora una piccola parte dei suoi rifiuti.
“La proposta approvata la scorsa settimana prevede una capacità nominale di termovalorizzazione pari a 120 mila tonnellate all’anno, una cifra che è ben oltre quella prevista per il 2030 per il nostro bacino di Vicenza, che è di 56 mila”.
A Ca’ Capretta però vengono bruciati anche i rifiuti ospedalieri e la differenziata cosiddetta “sporca”.
“E’ vero, ma il termovalorizzatore di Schio, che è uno dei tre veneti insieme a Padova e Fusine, è principalmente dedicato al secco urbano”.
Insomma, la domanda che vi fate è “sono i rifiuti che servono al termovalorizzatore o è il termovalorizzatore che deve servire ai rifiuti?”. Giusto?
“E’ esattamente questo. Insomma, il rischio è che ci portino qui rifiuti da un altro bacino. L’incenerimento può diventare un alibi per non impegnarsi a raggiungere gli obiettivi fissati dalla Regione per il 2030. Ad esempio, a Schio abbiamo visto che con la raccolta porta a porta la differenziata è molto ben fatta, è pulita, ma se come Ava sappiamo che possiamo bruciare, magari non metteremo tutto l’impegno necessario per differenziare il più possibile e al meglio. Il rischio è perpetuare il sistema attuale, anche se siamo consapevoli che lo spegnimento non può essere nell’immediato”.
Insomma, per voi la questione dirimente sono le dimensioni del futuro impianto.
“Certo. Ricordo che un anno fa al CdA è stato dato un mandato per esplorare le opzioni per una sua ristrutturazione adeguata, invece oggi ci troviamo con il suo potenziamento”.
La sua amministrazione, però non si sofferma forse a sufficienza sui prodotti positivi del termovalorizzatore, ossia la produzione di energia elettrica e il teleriscaldamento. Quest’ultimo è una fonte di calore rinnovabile che ha già garantito a 36 aziende proprio di Schio e all’ospedale di Santorso, di riscaldare a basse emissioni, consentendo lo spegnimento una quantità di impianti inquinanti pari a 10 mila caldaie da appartamento.
“Questa è una considerazione seria e ragionevole, ma per ridurre le caldaie inquinanti non esiste solo l’incenerimento dei rifiuti. Il teleriscaldamento più essere sostenuto dall’idrogeno, o dalle pompe di calore, nell’ottica di una sensibilità e sostenibilità ecologica”.
Alcuni sindaci sono molto risentiti per l’allarmismo creato sui social da alcuni amministratori scledensi: c’è stato un tam tam feroce in particolare su Facebook.
“Il tam tam social è partito data la contingenza con cui si doveva votare il masterplan. I cittadini vanno informati, invece è mancato il tempo per creare informazione. Per quel che mi riguarda personalmente, ho preferito concentrarmi sul confronto con gli enti soci di Ava per spiegare le nostre ragioni, cercando di evitare la polemica”.