Cibo buono, pulito e giusto: la scelta “bio” di Gianni Pinton per il futuro dell’agricoltura e dell’ambiente

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Conciliare produzione alimentare e tutela dell’ambiente, in un mondo ancora dominato dall’agricoltura industriale e intensiva, è una sfida tutt’altro che semplice. Eppure Gianni Pinton, della Fattoria Juvenilia di Schio, non si fa scoraggiare: la produzione biologica, ne è convinto, rappresenta il futuro del settore. E anche, in prospettiva, un’àncora di salvezza per il pianeta e i suoi abitanti. Lo scledense, già presidente di Latterie Vicentine e della Coldiretti, ne ha parlato con Mariagrazia Bonollo e Gianni Manuel ai microfoni della rubrica di Radio Eco VicentinoParlami di Te“.

Lo stesso Pinton ammette che essere produttore biologico “non è affatto semplice. In media si perde un 20-25% di produzione”. Tuttavia, nell’Altovicentino non si può pensare di procedere ancora con l’agricoltura industriale: “Perché tutto il mondo, nel produrre tanto cibo a basso prezzo, è più bravo di noi italiani ormai”. La produzione, sottolinea Pinton, si sta spostando verso Paesi dove si ricorre a “molta chimica, grandi estensioni” e nei quali l’agricoltura è molto industrializzata: “Si parla di Brasile, Argentina, Paesi dell’Est, Cina”.

In un simile contesto, prosegue Gianni Pinton, senza un cambio di marcia “sarebbe stata questione di qualche anno ma avremmo dovuto chiudere le aziende”. Poi è venuta la scelta a favore del biologico. Che certo significa puntare su prodotti di nicchia e che hanno un prezzo circa il 15-20% più alto. Ma è una scelta che, garantisce Pinton, ha dato un futuro al “settore primario”: “Con la scelta del biologico l’agricoltura sta in piedi”.

“Ti da la soddisfazione – aggiunge – di fare un lavoro che ti piace e vedere che ciò che produci è molto apprezzato”. Secondo Pinton, il consumatore non deve più passare di supermercato in supermercato per risparmiare qualche centesimo: “Deve capire che tutte le cose, compreso il cibo, vanno pagate al giusto prezzo. Che poi di solito non è scandaloso”. In cambio, continua, deve apprezzare la possibilità di avere cibo sicuro, prodotto “nel rispetto dell’ambiente, delle persone e degli animali”.

Anche l’agricoltura biologica, tuttavia, deve fare i conti con la crisi climatica. Che nel 2024, tra tanta pioggia e siccità, ha portato ad un dimezzamento della produzione: “La soia, da 15-20 quintali per campo, è scesa a 5. L’orzo, da 20 quintali, è sceso a 8-10. Il mais è diminuito del 30%”. A cio si è aggiunta una minor disponibilità di foraggi. Alla quale però, racconta Pinton, si è sopperito raccimolando “un prodotto di minor qualità, però almeno abbiamo recuperato in quantità”.

Come rispondere alla crisi climatica senza rinunciare al biologico? “Cambiando il tipo di produzione – dice Pinton -. Nella nostra azienda, da una decina di anni, coltiviamo il sorgo sudanese. Da cinque-sei anni coltiviamo il favino, che prima era coltivato solo nell’Italia centrale e nel Meridione. Gli olivi, poi, hanno preso il posto della viticoltura”. Non devono mancare, in aggiunta, gli aggiornamenti di carattere tecnico. Come anche, per concludere, la cura del benessere animale: “L’importante è riuscire a dare alle bestie tutto quello di cui hanno bisogno”.

Gabriele Silvestri