Filippini vittime di usura con interessi del 215%: arrestati una badante e un operaio
La guardia di finanza della Tenenza di Schio ha sgominato una banda dedita all’usura e all’estorsione: nell’operazione denominata “Pecunia” quattro persone sono state indagate e 72 mila euro sequestrati. Due i soggetti finiti in carcere su disposizione del Pubblico Ministero Claudia Brunino della Procura di Vicenza: una donna di origine filippina di 51 anni (trasferita nel carcere di Montorio Verona) ed un cittadino del Bangladesh di 43 anni, operaio in un’azienda di Schio, detenuto ora nel carcere di Vicenza. Altre due persone sono indagate con l’obbligo di firma: si tratta di un italiano di 63 anni residente a Malo e di sua moglie, una 50enne filippina e sorella dell’arrestata.
La donna arrestata svolgeva l’attività di badante presso l’abitazione di un 90enne di Schio. E proprio qui i finanzieri hanno eseguito ieri un’ulteriore perquisizione: sembra che la donna fosse riuscita a prelevare contanti dal conto dell’anziano e a farsi dare soldi e gioielli. Per questo motivo nei suoi confronti è scattata anche l’accusa di circonvenzione d’incapace.
L’attività dei finanzieri, coordinati della Procura della Repubblica di Vicenza, era iniziata nel 2018 dopo una denuncia da parte di una delle vittime. Nel corso di una perquisizione nelle abitazioni dei due principali indagati i finanzieri avevano trovato denaro contante, numerosi passaporti (“pegno” a garanzia dei debiti) e documenti manoscritti che sono risultati essere veri e propri “contratti di prestito” tra gli usurai e gli usurati.
Fin dal 2013 i due arrestati avevano messo in piedi un’attività di prestito di piccole somme, dai mille ai cinquemila euro, a debitori che sono risultati essere tutti cittadini stranieri (una quarantina quelli sentiti dalle fiamme gialle, quasi tutti di nazionalità filippina) privi di garanzie e che quindi non potevano avere accesso a prestiti bancari o di società finanziarie. All’interno del gruppo la donna si occupava di tenere la contabilità e di gestire i “contratti” e le riscossioni, mentre il cittadino bengalese gestiva la cassa, fornendo spesso di tasca propria il denaro da prestare.
I due fiancheggiatori invece si sarebbero occupati delle minacce alle vittime. Gli usurai avrebbero gestito un giro di prestiti del valore complessivo di circa 160 mila euro (di cui 72mila corrispondono ai tassi d’interesse) e utilizzando il metodo chiamato “five-six” e diffuso nella comunità filippina: alla concessione del prestito il debitore doveva impegnarsi a pagare mensilmente una quota di interessi fino a quando non fosse stato in grado di restituire in un’unica tranche l’intera somma ottenuta. Per questo gli interessi potevano salire nel tempo fino al 215% sulle somme prestate.
Inoltre le vittime dovevano subire continue pressioni psicologiche e minacce. “Gli indagati mettevano in atto sulle loro vittime un assoggettamento psicologico con forme di coercizione molto pressanti, che avvenivano per via telefonica o di persona. Chiave di volta delle indagini è stata però anche l’ampia collaborazione che abbiamo ricevuto dalle vittime“, sottolinea il tenente colonnello Giuseppe Rizzo delle Fiamme Gialle. Nei confronti degli indagati il Tribunale ha disposto anche il sequestro dei conti correnti e dei beni a loro riconducibili.
Andrea Fasulo