Dopo il trapianto, una nuova vita: il dottor Vian racconta l’esperienza del dono
Esistono i miracoli? Ad ascoltare alcune storie di vita, viene davvero la tentazione di lasciarsi andare e crederci senza troppe domande. Una di queste storie è quella di Alfredo Vian, gastroenterologo dell’ospedale di Santorso.
Ospite dalla rubrica di Radio Ecovicentino Parlami di Te, Vian ha ricostruito le peripezie che lo hanno costretto a sottoporsi ad un trapianto di cuore. Un percorso che ha assunto i connotati di un autentico calvario: seguito, però, da quello che qualcuno potrebbe interpretare come un miracolo appunto. Specialmente se si considera che i medici avevano definito il suo come un “cuore di cristallo”. Ma andiamo con ordine.
Alfredo Vian si diploma al liceo “Francesco Corradini” di Thiene, e in seguito sceglie, seppur con qualche incertezza iniziale, di studiare medicina. Nonostante la sua formazione da cardiologo, nel periodo della naia, svolta presso il policlinico militare di Padova, viene assegnato al reparto chirurgia, dove si occupa di gastroscopie. È da qui che prende avvio la sua trasformazione in gastroenterologo, portata a termine dopo la specializzazione all’università patavina. Ma anche i dottori, loro malgrado, possono diventare pazienti e negli anni il medico è costretto a sottoporsi al trapianto di cuore. “I problemi – racconta Alfredo Vian – sono iniziati nel 2014, con delle difficoltà riscontrate nel camminare. Mi sono sottoposto ad accertamenti, finendo per trovarmi ricoverato presso la rianimazione del reparto di cardiologia dell’ospedale di Santorso. Dalle analisi risultava che il mio cuore si era scompensato, e mi è stata contestualmente diagnosticata anche una miocardia dilatativa post infettiva”.
È solo l’inizio di un lungo e difficile periodo della sua vita, durante il quale sarà costretto a subire ben due operazioni, nel 2017 e nel 2020, prima di arrivare al trapianto, unica soluzione rimasta in considerazione dei segni di cedimento che il suo cuore arriverà ben presto a dimostrare. Nonostante le difficoltà, Vian può contare su una preziosa fonte di sostegno: ” Ancor prima della medicina – confessa il noto gastroenterologo – mi ha salvato mia moglie, perché io non ero più lucido e temevo di lasciarmi in qualche modo andare”.
Ma è nel novembre dello scorso anno che avviene la svolta e trasferito d’urgenza all’ospedale di Padova, l’equipe medica procede col trapianto: “Apprendere di dover subire tale operazione – rivela ancora emozionato Vian – è stata una botta tremenda. Ci ho messo una settimana per metabolizzare la notizia”.
Dopo aver superato l’ultimo scoglio – un’infezione da citomegalovirus, che gli ha provocato una polmonite – Vian viene dimesso a febbraio di quest’anno e da un paio di mesi ha potuto riprendere il suo lavoro. Una vita che riprende ad essere vita, con fatica, giorno dopo giorno. E sulla scia della sua esperienza personale, il gastroenterologo non esita a sottolineare l’importanza delle donazioni: “Sono un atto d’amore – dice con gli occhi che brillano – l’amore di chi ha scelto di aiutare un altro, un perfetto sconosciuto. E’ una cosa che lascia senza parole tanto è bella. Io stesso, del resto, sono concretamente impegnato a questo proposito tramite la Fondazione ONLUS Marina Minnaja, attiva nell’ambito dei trapianti di fegato. Nata nel 1991, la fondazione si occupa principalmente di ricerca e studio, ma non solo: aiuto alle famiglie e formazione del personale medico sono altre due attività fondamentali che la caratterizzano”.
Un messaggio forte per il valore del dono, un messaggio di fiducia nei confronti della ricerca scientifica, oltre che della sanità che nonostante i problemi che spesso anche la stampa evidenzia per onore di cronaca, rimane nel nostro Paese una buona sanità con personale di eccellenza. Ma anche parole di speranza per chi soffre e teme che non esista via d’uscita: di fronte a qualsiasi difficoltà, mai arrendersi. Fino all’ultimo.