Il sogno di Sonia continua per dire basta alla violenza. Raccolta fondi in ricordo dell’infermiera
Anche se l’infermiera scledense Sonia Dalla Vecchia non si può più vedere “correre” tra le corsie del pronto soccorso dell’ospedale di Santorso, tra un’urgenza e un’assistenza e l’altra, il suo ricordo è vivo. E contribuisce a far “correre” quelle iniziative a sostegno delle associazioni del territorio che si impegnano nel contrasto alla violenza sulle donne. Era – e lo rimane – un sogno quello di Sonia, come lo descrivono chi ha lavorato con lei fianco a fianco per tanti anni, che lascia in eredità d’intenti e condivisione.
Circa 3 mila euro, in sua memoria e in suo nome, sono stati di recente devoluti al centro antiviolenza “Maria Grazia Cutili” gestito da Samarcanda, cooperativa sociale con sede a Schio, servizio attivo dal 2013. Sono frutto di una colletta spontanea tra amici e colleghi ma anche tra chi non era in contatto diretto con l’infermiera di 51 anni, morta ai primi di dicembre a causa di una caduta in montagna, sull’Altopiano di Asiago. Saranno destinati a un progetto di aiuto alle donne in condizioni di difficoltà a causa della prevaricazione altrui, ragazze, giovani donne e spesso madri che vanno supportate affinché possano ricrearsi una vita libera e dignitosa, in altre parole indipendente. Proprio Sonia, figura di riferimento in questi ambiti, madre di due figli adolescenti, riservava una fetta del suo tempo a questo fronte, in prima linea.
Tra queste “mani tese” si annoverano i percorsi protetti di reinserimento nel mondo del lavoro, finalizzati a favorirne l’autonomia anche sul piano economico, un aspetto certo non da trascurare per quelle donne costrette a rigenerarsi e cambiare parte della propria vita – e figli a carico compresi – a fronte delle violenze subite. Solo per l’area di che fa riferimento al distretto 2 dell’Ulss 7 Pedemontana, dunque per zona altovicentina, giusto per dare un dato concreto, sono circa 100 all’anno le donne vittime di violenza di genere in accesso al Ps e agli altri reparti. Le mani violente, appunto, sono spesso quelle di un familiare: il compagno o il marito nel 60% dei casi riscontrati, talvolta un figlio. Aggressioni fisiche, ma anche deliberate condotte che portano al deterioramento psicologico, dallo stalking alle minacce di morte che rendono un infermo la vita di chi subisce.
Spesso non si tratta di un “unicum” per ciascuna paziente che si riceve in ospedale, ma di sequenze, di accessi in pronto soccorso ripetuti nel tempo. Spesso silenziosi o celati dietro “bugie difensive” per timore di subire violenze in aggiunta ad altre già sopportate. Da qui l’importanza di formare figure come è stata Sonia, “sentinella” capace di osservare ben oltre le apparenze e ascoltare più a fondo della parole, riconoscendo i segnali di sofferenze subite e nascoste dietro la formula dei traumi accidentali, diventando lei stessa “ponte di umanità” per indirizzarle verso percorsi opportuni, dopo la cura e il conforto offerti. Primi passi da compiere per affrontarle e fare in modo che non si verifichino più. Dinamiche che la 51enne vicentina conosceva bene, preoccupandosi inoltre, in vesti di formatrice, di dispensare la tanta esperienza acquisita nel campo: un impegno che più persone si stanno prendendo in carico anche in suo omaggio, tra gli ospedali e i centri antiviolenza.
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Un modo per non dimenticare Sonia Dalla Vecchia, infine, e il suo esempio, il “ponte” che ha costruito giorno dopo giorno. Così come il progetto che prevede l’erogazione di borse di formazione per donne vittime di violenza. Il finanziamento va a sostenere le spese per la frequenza a percorsi mirati di formazione e specializzazione per l’inserimento delle donne in percorsi di uscita dalla violenza e quindi finalizzati al lavoro. Corsi individuati in base ad aspirazioni e predisposizioni personali, come esempio: corsi per operatore sociosanitario, di specializzazione di competenze già acquisite, corsi di conseguimento della patente di guida e altri in via di definizione.
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Alcuni dati, che riguardano il solo polo di Santorso, sono emersi di recente proprio in seno al lavoro di accoglienza e alla proposta di una raccolta di fondi dedicata al “sogno di Sonia”, come è stato definito. “La violenza di genere anche nella nostra realtà è una piaga che non fa distinzioni di ceto sociale, di etnia, di età: circa il 70% sono italiane, nell’80% dei casi con una età compresa tra i 18 e i 60 anni e che dichiarano che l’evento non è isolato ma si ripete nel tempo. I dati raccolti confermano poi che “il violento ha le chiavi di casa” essendo il più del 60% dei casi il marito o il compagno o comunque un familiare. In oltre il 60 % dei casi le donne sono state soccorse di sabato, di domenica o nei giorni festivi o “di ponte”, quando in casa si sta di più insieme ma anche quando i servizi della rete territoriale sono chiusi e non resta che chiedere aiuto al pronto soccorso o alle forze dell’ordine che sono aperti sulle 24 ore, 7 giorni su 7″.