Le reazioni della piazza (e non solo): “Sdegno per della tempera lavabile, non per i morti”
Il day after la mobilitazione Pro Palestina voluta da Csa Arcadia e Collettivo Rotte Balcaniche Alto Vicentino assieme ad altrettante sigle scese in piazze per dire basta al genocidio che si sta consumando aldilà del Mediterraneo, fa quasi più rumore della manifestazione stessa.
Sarà certamente per il blitz alla sede di Banca Intesa il cui ingresso è stato imbrattato, sarà per il j’accuse con cui il sindaco Valter Orsi, condannando duramente i danneggiamenti, ha chiamato in causa il centrosinistra scledense a poche ore dal corteo, sarà molto più semplicemente perchè a Schio la campagna elettorale incombe, la giornata odierna è trascorsa turbinosa tra un botta e risposta social che scalda il clima e inasprisce un già difficile dibattito politico in città.
Le reazioni
Presente alla manifestazione, Coalizione Civica tenta di spiegare il perchè di un gesto riconosciuto come inopportuno, pur riconducendo il tutto alle reali motivazioni del corteo: “Non ci sentiamo di dire che ogni modo di manifestare sia legittimo: se accade qualcosa che non rispetta questo diritto, è chiaro che non possiamo che esprimere disaccordo. Lo esprimiamo, difatti, rispetto a quello che è successo a Schio, dove la protesta contro i finanziamenti agli armamenti si è tramutata in una performance che ha lasciato imbrattato l’ingresso alla banca che si trova vicino al luogo della manifestazione.
Vorremmo però ridimensionare la polemica insorta intorno a questo episodio. Innanzitutto perché esso riguarda solo una piccola parte dei partecipanti, in secondo luogo perché anche queste forme di protesta, utilizzate soprattutto dai giovani, vanno ascoltate e analizzate, prima di accusarle di violenza. Un termine, questo, decisamente forte che, a nostro avviso, configura azioni di maggiore gravità. E’ bene ricordare che chi scende in piazza per invocare la pace è cittadinanza attiva e consapevole che difende i diritti delle persone: senza partecipazione non c’è democrazia”.
Caustico invece Alex Cioni, in quota Fratelli d’Italia, che senza troppi giri di parole accusa anche Orsi e la vice Marigo: “Oggi il sindaco fa la voce grossa ma la legittimità politica a questi soggetti viene proprio dalla sua amministrazione. Chi ha concesso per altri dodici anni il capannone di proprietà comunale all’estrema sinistra? Come non ricordare che tre mesi fa la vicesindaco Marigo ha partecipato con tanto di fascia tricolore ad un corteo promosso da questi gruppi politici? E’ vero che la campagna elettorale fa miracoli, noi però non dimentichiamo l’incoerenza politica dei “civici” che ancora una volta con estrema disinvoltura evidenziano l’essenza della loro politica cerchiobottista”.
Sintetici e quasi in sintonia, almeno nelle intenzioni in premessa, i due principali rivali alla poltrona di sindaco: sia Cristiano Eberle che Cristina Marigo condannano senza appello il danno alla sede di Banca Intesa. Ma mentre il primo taglia corto, è l’assessore al sociale a pungolare non troppo indirettamente gli sfidanti: “Il danno – scrive la candidata di Noi Cittadini – è aver insegnato ai giovani che solo agire con violenza dà risposte, che solo il contrapporsi a qualcuno permette loro di esprimere le proprie idee, che la coerenza debba avere una matrice puramente ideologica. Questo è un monito ai politici a che non diventino dei cattivi maestri”.
Qui Alto vicentino per la Palestina. Dai promotori della manifestazione che ha visto la presenza di circa 500 persone, è intanto arrivata l’assunzione di responsabilità dei fatti attribuiti, in una chiave di lettura che vorrebbe però ridimensionarne la portata senza che le luci della ribalta si spostino dalla causa scatenante: Il corteo di ieri è stato lanciato con delle parole d’ordine ben chiare e schierate – “Stop al genocidio, per una Palestina libera dall’occupazione” – frutto di una discussione pubblica, che prova ad interpretare la tragicità della situazione attuale con uno sguardo complessivo, consapevole della storia dell’occupazione israeliana e della complicità dei governi occidentali. Siamo spettatori e spettatrici da ormai cinque mesi di un massacro senza precedenti da parte di Israele nei confronti della popolazione palestinese. Oltre 30 mila morti, di cui la maggior parte donne e bambini, più 1 milione e mezzo di persone sfollate che ora rischiano di morire di fame e di sete. E intanto aumentano i versamenti ai fondi israeliani: si investe, ancora una volta, sulla morte.
Lo fa tra le altre Banca Intesa San Paolo, che devolve oltre il 50% dei suoi finanziamenti all’industria bellica. Depositando delle macerie e sporcando con della tempera rossa lavabile l’entrata della filiale di Schio abbiamo voluto segnalare che la guerra parte anche da qui, dall’economia di morte che investe sulle armi e sostiene direttamente l’occupazione sionista e quindi il genocidio. Un gesto simbolico che voleva rappresentare la distruzione e il dolore che ogni giorno la Palestina vive, ma anche puntare il dito verso chi – dal mondo del business alla politica – ha le mani sporche di sangue. Nessun danno è stato arrecato, nessun atto vandalico. I commenti di sdegno dei politici locali stridono di fronte al loro silenzio assordante in questi lunghi mesi di genocidio”.
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