Mamme che aiutano le mamme: “Accogli il dolore, non il vittimismo. E guarda al bello”
Dolore, sgomento, ma anche tanta ipocrisia. Attorno alla vicenda di Marano Vicentino con una mamma 39enne che ha tentato di togliere la vita al figlioletto di 2 anni – che ora fortunatamente sta bene – si è consumato l’ennesimo battage social tra chi si è scagliato contro il gesto della donna ancor prima di conoscere i contorni della vicenda e chi ha voluto, forse con altrettanta foga, crearne un caso dove vittimismo e pressapochismo rispetto ad una vicenda molto complessa, non aiutano la causa.
Soluzioni facili non ce ne sono, ma le parole di mamma Lory che vive nel vicentino con due bambini (tuteleremo le generalità nel rispetto dei minori) offrono senz’altro un interessante spunto di riflessione.
Riceviamo e pubblichiamo
La vicenda di Marano mi ha riportato un po’ a quella sofferenza che ogni giorno mi riprometto di lasciare fuori dalla porta di casa mia. Me lo sono chiesta tante volte se la vita che mi attendeva sarebbe stata solo lacrime e rabbia e poi, una sera, guardando i miei figli dormire assieme beati nel nostre lettone, ho scelto che le cose sarebbero cambiate. Non è stato facile. Nel mentre scoprivamo che mia figlia più grande soffriva di epilessia, io ero già incinta del piccolino. Eravamo al mare: giocava nei gonfiabili, tra le palline colorate. Ricordo le urla delle amichette, lei rigida, gli occhi sbarrati. Ho sentito una fitta tale al ventre che ho temuto per la mia gravidanza. Poi il nostro principino. Mangia, cresce, ma più cresce e più quei movimenti un po’ goffi, quelle piccole assenze, raccontano di un deficit nello sviluppo delle funzioni cognitive. Ad oggi è un percorso in evoluzione, passo passo. Recupererà? Del tutto, in parte?
Rimorsi, domande, interrogativi che sconquassano l’anima e la mente. E rabbia, invidia per chi era felice coi bimbi senza problemi. Nemmeno io sono stata tanto bene. Anzi. Ma poi qualcosa si è come sbloccato. E quando ho letto di questa povera donna, mamma come me, come veniva dipinta da un lato e trattata da malata dall’altro, con quel vittimismo sterile che affossa invece di elevare, ho sentito che dovevo sfogare il disagio che ho avvertito. Se mi leggerai, mamma di Marano o mamma che si sente sovrastata da sentimenti ed emozioni fuori controllo, siediti e fai un lungo respiro. Non sei sola, neanche quando sei sola. Ci sono tante “te” ovunque, con piccole e grandi salite da affrontare nella vita. Si cade, ci si fa male, ci si rialza.
Non accettare etichette, non sei né pazza né malata, né vittima e neanche carnefice. Lotta per ritrovare te stessa, le ragioni per cui alzarti, vestirti, uscire a prendere il sole e fare qualcosa che ti faccia stare bene. Parla con le tue amiche, prenditi del tempo per te stessa. E accetta che tutti hanno la loro via crucis e la loro redenzione. Non dimenticare le cose belle. E quando ti senti sopraffatta, fai dei grandi respiri, esci anche se fa freddo, cammina e goditi l’aria aperta. Piangi, canta. Non vergognarti di dire mai ciò che senti. Al diavolo i giudizi e gli sguardi lagnosi di chi ti guarda come un fallimento. Chi giudica, vive peggio di te. Chi ti commisera, vuole solo sentirsi migliore. Io ho un diario dove ogni giorno mi appunto una cosa bella che mi è successa. Spesso sono cavolate. O forse no. Ma le rileggo e mi fanno sorridere. E continuo a vivere.