“Spegnete le luci su di me, basti il mio messaggio. L’ex datore di lavoro? Merita una seconda chance”
“Chiedo di tornare ai miei libri, alla mia famiglia, ai paesaggi della mia campagna, al Summano dove salgo per gustarmi il panorama: quello che dovevo dire l’ho ampiamente detto, ora è bene spegnere i riflettori puntati su di me”. E’ molto stanco Marco Santacatterina, il fattorino licenziato dopo aver chiesto permesso per andare a fare il volontario in soccorso agli alluvionati dell’Emilia Romagna che dopo il nostro articolo è stato contattato dalle testate di tutta Italia per poter raccogliere dalla sua voce la diretta testimonianza: diverse anche le trasmissioni sui canali più noti della TV che l’hanno voluto ospitare, ultima in ordine di tempo Marco Liorni nel pomeriggio di ieri su RaiUno.
Una vicenda che ha toccato l’opinione pubblica sia per la modalità in cui il giovane studente è stato liquidato dal datore di lavoro, ma anche e sempre più prepotentemente per il messaggio di solidarietà e compassione umana che Marco ha saputo veicolare senza filtri e con la spontaneità tipica di chi non ha secondi fini.
Un ragazzo genuino che ha deciso però che questa pressione mediatica è davvero troppo forte per lui, che troppo alto è il rischio che il continuare a tornare su questa vicenda ripetuta e rimbalzata di volta in volta cercando la notizia nella notizia possa in qualche modo sporcare il messaggio autentico e lasciare il posto a storpiature che fanno solo danno. Ed è in mezzo a questo vortice di sentimenti ed emozioni spesso soverchianti che Marco – che anche questo weekend accompagnato dal papà non ha rinunciato ad essere in Romagna per continuare quella che ha sentito come una missione civile non rinviabile – ha voluto affidare alla nostra Redazione, almeno per il momento un ultimo pensiero pubblico: “Trovarmi in questo turbinio di chiamate ed interviste – spiega con grande profondità ed equilibrio Marco – mi fa distogliere dalla realtà, dalla retta via. Non dormo dalla prima notte dove ho letto il mio nome online. Ma ora posso dirvi che come sono arrivato nelle vostre case, attraverso i giornali, la radio o la TV, me ne vado, ma per mia scelta. Non sono fattorino, non sono studente, non sono un ciarlatano, non ho etichette e non voglio che me ne si attribuiscano.
Sono un ragazzo semplice, ho i miei hobby e i miei gusti musicali, vivo lontano dai social e da tutte quelle notizie controllate: nella mia breve vita non ho mai cercato notorietà o attenzioni, anzi. Ma di punto in bianco la mia vita é stata capovolta, il mio cellulare continua a squillare e la mia quiete é diventata tempesta: tutta questa pressione mediatica non l’ho mai sognata, mai voluta, mai cercata. La mia é una storia da usare come esempio da insegnare ai giovani e a quelle persone che guardano al compenso e ai soldi voltando le spalle a chi ha bisogno d’aiuto. Non dobbiamo voltare le spalle pensando ‘tanto ci sarà altra gente a farlo al posto mio‘ oppure ‘oggi non voglio, forse domani‘, questo no”!
Pensieri potenti che raccontano di un’anima bella che ha anche un ultimo pensiero per il convitato di pietra, quel titolare della pizzeria che Marco, nonostante un pressing pazzesco, ha sempre voluto tutelare rifiutandosi di fare il suo nome: “Nella mia vita ho fatto anch’io i miei sbagli, ma ho sempre avuto una seconda opportunità. Ed io, a differenza di tanti, penso che anche il mio ex datore di lavoro dovrebbe averne una. Nessuno di noi deve ergersi a giudice supremo, non tocca a nessuno di noi questo compito: perché io la vendetta non l’ho mai cercata, mai, non ripaga in nulla e non porta ad altro che ad alimentare ulteriore vendetta. Vi ringrazio tutti per aver letto la mia breve storia, che voi mi odiate o amate non ha importanza, ciò che ha importanza é che il messaggio di solidarietà e di positività sia arrivato: perchè se c’è una cosa che ho imparato a 24 anni è che tutti prima o poi abbiamo bisogno degli altri e sarebbe bello che gli altri, a quel punto, fossero pronti a tenderci la mano senza pensarci troppo”.
La chiosa finale dell’ Avvocato Deborah Squarzon: “Il buon agire vinca contro il cinismo”
“Da amica della famiglia Santacatterina e di Marco credo che gli elementi che vale la pena sottolineare sono essenzialmente due: nonostante ci siano gli estremi per una valutazione legale della vicenda, quello che è stato da subito evidenziato e che Marco ha più volte ribadito è che l’unica cosa interessante per lui è che emergesse la bontà della sua decisione, lontana da dinamiche di rivalsa anche laddove, mi ripeto, ne avrebbe avuto facoltà. La vittoria del buon agire sul cinismo: ed è qui che vorrei soffermarmi su un secondo aspetto. Nell’era dei social tanti, troppi, sentono il bisogno di mettere per iscritto offese e insulti non comprendendone la gravità, quasi che scriverle sia in qualche modo meno compromettente o peggio esente da responsabilità anche di rilievo penale: una volta questo sarebbe stato inconcepibile, anche a livello sociale”. Queste le parole dell’avvocato scledense Deborah Squarzon.
Portiamoci quindi a casa il volto buono di Marco: i suoi capelli arruffati, il luccichio dello sguardo di un giovane che ancora sogna un mondo che può cambiare, le sue mani che sono state in grado di sporcarsi senza tanti complimenti. Ma soprattutto, nel lasciarlo alla sua quotidianità perduta finalmente libero di riordinare le idee e di intraprendere magari un nuovo lavoro, magari anche di sbagliare come è legittimo fare specie quando si ha 24 anni, non dimentichiamone il messaggio oltre la polemica. Quello di un cuore buono, capace d’istinto di mollare tutto, fosse anche per un giorno soltanto, e di correre verso chi ha perso anche la voce per chiedere aiuto. Anche se non sai chi è. Anche se non potrà ricambiare.
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