Termovalorizzatore, nasce un coordinamento contro l’ampliamento. Al via raccolta firme
Un coordinamento di associazioni e cittadini per contrastare l’ampliamento del termovalorizzatore di Ca’ Capretta a Schio: si chiama “Non bruciamoci il futuro!” ed è stato presentato stamane, 23 novembre, a Marano Vicentino, a un chilometro in linea d’aria dall’impianto di Alto Vicentino Ambiente. Una scelta simbolica, perchè a battezzare la nascita del movimento, a cui al momento fanno riferimento nove gruppi e associazioni, è stata un’azienda biologica, la Aidi della famiglia Sartore.
A premere sull’acceleratore per la nascita del coordinamento, la votazione a fine agosto a larghissima maggioranza nell’assemblea dei soci di Ava (Alto Vicentino Ambiente, la società a maggioranza pubblica, partecipata da oltre trenta comuni del territorio) delle linee di indirizzo del nuovo piano industriale, che prevede l’ampliamento e il rinnovamento dell’impianto che brucia i rifiuti urbani e sanitari, traendone teleriscaldamento e energia elettrica. “Linee proposte da un Consiglio di amministrazione scaduto (ma poi riconfermato, ndr) e votate senza alcuna preventiva condivisione con i cittadini”, afferma il coordinamento.
A preoccupare associazioni e cittadini è l’aumento del 39% dei rifiuti che verrebbero trattati nell’impianto (dalle 85 mila tonnellate all’anno attuali a oltre 119 mila), la previsione di spesa di 80 milioni di euro per di denaro pubblico e il rischio che finiscano nei forni anche fanghi contenenti Pfas. “Già oggi solo il 20% dei rifiuti bruciati proviene dai Comuni soci – affermano i promotori – e con l’ampliamento si produrrebbe un aumento delle emissioni di sostanze nocive, quali diossine, metalli pesanti, particolato, ossidi di azoto e pfas, in un territorio la cui l’aria, come ribadito recentemente dall’Agenzia Europea per l’Ambiente, è tra le più inquinate d’Europa, con serie ripercussioni sulla salute pubblica”.
“Oltre a ciò – affermano inoltre – si produrrebbe un aumento di 16.500 tonnellate all’anno di emissioni di anidride carbonica, in un territorio già segnato da numerosi eventi meteorologici estremi causati dal cambiamento climatico, in un momento in cui, come le tragiche e recenti notizie di cronaca ci ricordano, l’intento collettivo dovrebbe essere quello di diminuire il più possibile le emissioni climalteranti per tutelare il futuro delle nuove generazioni”.
Criticato anche il processo decisionale che accompagna il nuovo piano industriale di Ava, più in generale, “i principi che ne hanno ispirato la genesi, ancorati ad una visione della realtà da tempo superata e totalmente inadeguata a rispondere alle sfide drammatiche che la crisi ambientale ci costringe ad affrontare. A pagarne duramente le conseguenze è paradossalmente anche chi, come nel caso nell’agricoltura biologica, valorizza il nostro territorio nel rispetto dei cicli naturali e delle risorse, generando così una ricchezza reale e non fittizia”.
La petizione
Fra le iniziative che il coordinamento metterà in campo ci sono una raccolta firme (con banchetti e anche on line) in calce a una petizione che esprime “netta contrarietà ad ogni ampliamento dell’impianto e a qualsiasi ipotesi di incenerimento dei fanghi di depurazione che potrebbero contaminare aria, suolo e acque con pfas e altri inquinanti persistenti”.
Si chiede anche alle amministrazioni di ottimizzare il recupero di materia attraverso la raccolta di rifiuti porta a porta spinta e l’applicazione di tutte le pratiche in grado di ridurre a monte la produzione di rifiuti. “Tali pratiche sono da tempo note e in altre realtà, come nel trevigiano, stanno producendo risultati che, se perseguiti anche nel nostro territorio, permetterebbero di spegnere la linea due una volta giunta al termine del suo ciclo produttivo e di riconvertirla in processo di recupero di materia” affermano i promotori, che ritengono questo un modo per Ava “di compensare i mancati introiti derivanti dall’incenerimento e di entrare in un settore strategico del mercato presente e futuro”.
Il respiro del coordinamento ambientalista è ampio, e mira, come ha detto Claudio Lupo medico aderente all’Isde, a “far cresce una cultura dell’ambiente, che metta la salute prima del profitto”. Fra gli obiettivi su cui le organizzazioni ambientaliste da tempo stanno lavorando, la richiesta della messa al bando dei Pfas e il confronto con le amministrazioni comunali del territorio sul tema del termovalorizzatore. Dalle critiche non viene risparmiata la Regione, che, come ha spiegato Filippo Canova, si contraddice anche dentro allo stesso documento: “Il Piano regionale di gestione dei rifiuti da un lato prevede di sostenere le sperimentazioni di incenerimento di inquinanti emergenti come i Pfas, dall’altro, in un altro punto dello stesso documento, sostiene che solo alcuni dei composti possono essere avviati alla termodistruzione, non tutti”.
Il coordinamento “Non bruciamoci il futuro!” ha in programma anche l’organizzazione di momento di approfondimento ed è presente su Facebook e Instagram. Al momento ne fanno parte Acqua Bene Comune Vicenza, Alto Vicentino Ricicla, Chi ci sta, Cillsa, Csa Arcadia, Genitori Preoccupati, Isde Medici Per l’Ambiente, Mamme No Pfas, Salute e Territorio Alto Vicentino.
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