Giro di fatture false per 4 milioni di euro: 10 denunciati e sequestri per 1,2 milioni
Un sequestro preventivo per oltre 1,2 milioni di euro e dieci persone indagate nell’Alto Vicentino per un ramificato giro di fatture false. Sono questi i risultati dell’operazione di polizia economico-finanziaria “Triangoli Scaleni”, della tenenza di Schio della Guardia di Finanza. Coinvolte cinque società di capitali e i rispettivi amministratori. L’inchiesta ha permesso di scoprire una frode all’Iva da 4 milioni di euro.
Il “sequestro preventivo per equivalente di beni” da parte dei finanzieri del Comando Provinciale di Vicenza – coordinati dal comandante provinciale colonnello Crescenzo Sciaraffa – è stato eseguito nei giorni scorsi per un totale di oltre 1,2 milioni di euro nei confronti di cinque società di capitali, con sede legale nel vicentino, e dei rispettivi amministratori. Sono stati sequestrati una villetta, veicoli, quote sociali e conti correnti.
L’indagine era partita con una mirata attività di intelligence condotta dalla Tenenza di Schio: attraverso gli strumenti di informatica operativa a disposizione delle fiamme gialle, finalizzata a contrastare l’evasione fiscale realizzata attraverso frodi nelle fatturazioni. L’ormai noto sistema applicativo “Molecola”, usato dai finanzieri infatti, ha permesso di intercettare un complesso meccanismo di false fatture tra diversi soggetti economici che hanno complessivamente emesso ed utilizzato, nei tre anni fra il 2017 e il 2019, fatture false per oltre 4 milioni di euro.
Nel corse del 2019 l’indagine ha portato quindi ad una serie di verifiche fiscali nei confronti di una società di capitali con sede a Piovene Rocchette, attiva nel settore del commercio all’ingrosso di metallo ed evasore totale sia dell’Iva che delle imposte dirette negli anni dal 2017 al 2019: i controlli hanno permesso di rilevare come l’azienda abbia esercitato per anni il ruolo di quello che viene chiamato in gergo “missing trader” nell’ambito di un’articolata frode a “carosello” relativa all’importazione, dalla Slovenia, dalla Slovacchia e dall’Ungheria, di prodotti semilavorati in metallo (principalmente lamiere), indispensabili per il distretto industriale siderurgico dell’Alto Vicentino.
Nel concreto, le fiamme gialle avrebbero quindi appurato che la Srl si interponeva fittiziamente tra l’operatore commerciale estero e il reale destinatario dei beni e ha di fatto emesso e ricevuto fatture per operazioni inesistenti per oltre 4,2 milioni di euro, consentendo ai beneficiari della frode – società di capitali italiane con sede nelle province di Vicenza, Brescia, Treviso e Pisa – di detrarre indebitamente l’Iva sulle operazioni passive e di acquistare tali beni a prezzi illecitamente concorrenziali. In alcuni casi, per rendere la frode più articolata e difficile da scoprire, gli acquisti intra-comunitari erano triangolati attraverso una seconda società interposta, con sede legale ad Ancona ma di fatto inesistente.
Il titolare era la classica “testa di legno” e l’impresa – utilizzata per frodare il fisco – era del tutto priva di struttura commerciale, di macchinari e di dipendenti, mentre la sede legale ed operativa coincideva con la residenza del socio amministratore – A.O., 39 anni, di Piovene Rocchette – il quale, nonostante il piccolo reddito che si procurava facendo l’imbianchino, per i finanziari conduceva un tenore di vita estremamente elevato. Durante i controlli, poi lo stesso non aveva esibito le scritture contabili obbligatorie, rendendosi poi irreperibile. I documenti fiscali i finanzieri li avevano però rintracciati, attraverso approfondite ricerche documentali, presso la sua abitazione, ed in parte con la trasmissione di mirati questionari ai clienti. In parallelo, la polizia tributaria ha anche ricostruito le operazioni di acquisto dai fornitori comunitari, grazie al sistema informatico di interscambio comunitario di informazioni (la cosiddetta banca dati V.I.E.S.).
Dall’esame dei documenti di trasporto, era stato così appurato che la merce in arrivo dall’estero non transitava mai per Piovene Rocchette, ma raggiungeva direttamente i destinatari finali, sostando, in alcuni casi sporadici, presso una società di logistica di Zanè: l’analisi dei documenti di trasporto confermava l’illogicità e l’antieconomicità dei tragitti (da cui il nome dell’operazione, ossia dei triangoli scaleni). E in effetti nella realtà quei tragitti erano solo sulla carta. Le indagini finanziarie sui conti correnti della società cartiera hanno poi messo in luce il meccanismo fraudolento: acquistava costantemente merce già venduta, incassando da tali vendite prima ancora di aver pagato le relative forniture, una modalità che escludeva il normare rischio d’impresa in capo alla Srl. Inoltre, sulla merce veniva applicato un ricarico risibile, tanto che l’attività commerciale risultava conveniente solo se connessa all’evasione dell’Iva.
Complessivamente, sono stati segnalati, a quattro Procure della Repubblica (Vicenza, Brescia, Pisa, Treviso), 10 persone fisiche per i reati di dichiarazione fraudolenta, dichiarazione infedele, omessa dichiarazione, emissione di fatture per operazioni inesistenti e occultamento o distruzione di scritture contabili. Nove le imprese “clienti”, che traevano beneficio dalla frode: quattro con sede nel vicentino e le altre cinque nelle province di Brescia, Treviso e Pisa.
Il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Vicenza, Roberto Venditti, accogliendo la richiesta della Procura della Repubblica ed aderendo alle conclusioni investigative della guardia di finanza scledense, ha emesso un decreto di sequestro preventivo per equivalente per 1.238.213 euro nei confronti dei cinque indagati vicentini (il titolare della società verificata e quattro amministratori di altrettante imprese clienti: oltre ad A. O., anche I. M. di Zugliano, 46 anni; F. P. di Caltrano, 54 anni; A. D. P. di Breganze, 56 anni; D. B. di Chiuppano, di 42 anni): la somma corrisponde al totale del profitto illecito per Iva evasa dalla “missing trader” di Piovene Rocchette e indebitamente detratta dai beneficiari della frode, nonché del guadagno personale del principale indagato come prezzo dell’attività illecita. Sono stati sequestrati, nel dettaglio, la villetta di pregio dove risiede il legale rappresentante della “Cartiera”, nonché una partecipazione in società di capitali, due veicoli e cinque conti correnti. Quattro indagati hanno al momento presentato ricorso contro il sequestro, mentre il quinto ha presentato una richiesta di dissequestro delle autovetture. Uno dei ricorsi e l’istanza sono stati rigettati dal Tribunale del Riesame di Vicenza, il quale ha sottolineato, nell’Ordinanza, la solidità delle prove raccolte dalle Fiamme Gialle scledensi. Negli altri tre casi, gli stessi ricorrenti hanno rinunciato alla procedura di riesame. L’inchiesta si trova ora nella fase di notifica dell’avviso di conclusione di indagini preliminari, emesso dal pubblico ministero titolare del fascicolo.
I militari della Tenenza di Schio hanno infine eseguito tre controlli nei confronti della società cartiera, del suo amministratore e di una delle imprese clienti, con sede a Schio: complessivamente, è stato proposto il recupero a tassazione di una base imponibile ai fini imposte dirette di oltre 4 milioni di euro e di Iva. evasa per circa 870 mila. Nei confronti della Srl di Piovene è stata richiesta all’Agenzia delle Entrate la chiusura d’ufficio della partita Iva.
“Questa operazione – spiega il colonnello Sciaraffa – è stata avviata e condotta nell’alveo delle metodologie operative elaborate dal Comando Provinciale di Vicenza con il supporto di avanzati applicativi informatici, che mirano a contrastare in maniera sistematica e massiva i fenomeni illeciti del sommerso d’azienda e delle frodi fiscali. I cittadini devono sapere che sistemi come la fatturazione elettronica, il tracciamento dei pagamenti e altre procedure che possono sembrare solo incombenze, consentono alle forze dell’ordine di esercitare in modo molto più efficace le proprie funzioni di controllo e repressione delle frodi”. Nella prospettiva di assicurare all’Erario, attraverso il sequestro preventivo eseguito, e quindi a vantaggio della collettività, i beni suscettibili di confisca, che sarà obbligatoria in caso di condanna degli indagati.