Evasione fiscale, la Finanza “congela” i conti di due ditte e sequestra 8 immobili
Sotto indagine 600 mila euro di guadagni “sporchi”, sequestrati 8 immobili tra la provincia di Vicenza e la Sardegna e conti correnti congelati in attesa del pronunciamento dei giudici del Tribunale. A finire sotto indagine sono dalle scorse settimane due aziende che hanno sede nell’Altovicentino, rispettivamente a San Vitto di Leguzzano e a Torrebelvicino, con forti sospetti su condotte che richiamano all’evasione fiscale.
L’azione operativa è stata affidata ai finanzieri della GdF della tenenza di Schio, e si tratta due provvedimenti cautelari distinti quelli espressi dalla Procura di Vicenza che ha ordinato il sequestro di beni nei confronti delle due imprese e dei loro titolari, a tutela della casse pubbliche. Si tratta di un’azienda che opera nel settore meccanico e di un agente di vendita commerciale, le cui denominazioni non sono state ancora rese note: una società di capitali e una ditta individuale.
Come già accennato i sequestri multipli disposti nei giorni scorsi interessano delle somme di denaro da conti correnti, due partecipazioni in società di capitali e un complessivo di otto immobili tra Veneto e Sardegna. Le irregolarità sul piano fiscale e contabile emerse, tra contributi non versati e dichiarazioni fittizie sui guadagni effettivi, sono state ricostruite nei dettagli dagli esperti del nucleo economico-finanziario delle Fiamme Gialle scledensi.
La posizione più “pesante” appare quella quella di un imprenditore – legale rappresentante – con attività economica a Torrebelvicino che avrebbe dichiarato ai finanzieri di aver distrutto tutta la documentazione contabile appositamente per “complicare” il lavoro dei militari. Ciò non ha fermato le indagini, andando a setacciare i rapporti commerciali con i vari clienti che invece avevano conservato – come da obblighi di legge fatture e contratti -, ricostruendo un volume d’affari di 250 mila euro.
Per quanto riguarda un agente di vendita di San Vito di Leguzzano i finanzieri sono riusciti a ricostruire, in via analitica, i compensi percepiti dall’indagato per un totale di oltre 350 mila euro, nonostante lo stesso non avesse mai provveduto ad istituire alcuna contabilità. Già nell’anno 2017 lo stesso soggetto era stato messo alle strette per aver omesso di dichiarare i compensi ai fini Irpef, e per aver distrutto – analogamente al caso sopra esposto – tutta la documentazione commerciale e fiscale. Una presunta frode ai danni dello Stato a tutti gli effetti, al ari della precedente.