Il cardiologo Dalle Molle: “Degrado della sanità a livelli drammatici”
Con una lettera aperta indirizzata al governatore veneto Luca Zaia, il cardiologo scledense Giorgio Dalle Molle esprime tutto il disagio di lavorare dentro ad un contesto ospedaliero, quello di Santorso, sempre più svilito e in difficoltà. Pubblichiamo integralmente la lettera, rilanciata dal gruppo consiliare scledense Coalizione Civica.
Egregio Governatore, il degrado della sanità pubblica con grave pericolo per la salute dei cittadini sta raggiungendo livelli drammatici. La crisi sembra quasi pilotata da una formula ben architettata e geniale: sottrarre risorse, impoverire il sistema dal punto di vista umano e materiale, indurre così interminabili tempi di attesa, comprimere il tempo da dedicare ad ogni singola prestazione a livelli intollerabili sia essa visita o esame, per aumentarne il numero, nel vano tentativo di abbattere i tempi di attesa ma con l’unica certezza di offrire prestazioni di qualità scadente che indurranno la richiesta di ulteriori prestazioni con ticket che talvolta sono più costosi delle prestazioni private. Il risultato finale è la migrazione di utenti dal servizio pubblico al privato con grande gioia di chi sta investendo nei centri privati ma con l’effetto collaterale di costringere le fasce più deboli a rinunciare alle prestazioni o ad indebitarsi.
ll presupposto su cui si basa è svilire il servizio sanitario nazionale ad un mero erogatore di prestazioni di scarsa qualità con tempi incerti e molto lunghi in modo di consegnare sempre più fette di clienti al mercato. L’Alto Vicentino, un tempo Ulss 4, era un’eccellenza con scelte innovative e lungimiranti, presa a modello da altre Ulss e altre regioni. Ora l’Alto Vicentino, distretto 2 dell’Ulss 7 Pedemontana, sta diventando un’eccellenza nella progressiva e rapida dismissione della sanità pubblica, sta pagando più di altri territori scelte a dir poco stravaganti per non dire scellerate che hanno portato l’appalto a privati di interi servizi non solo amministrativi e logistici ma anche clinici, perfino nel delicato settore dell’urgenza ed emergenza dove improvvisazione, impreparazione e inadeguatezza possono sfociare in drammi per il cittadino-cliente, costretto, volente o nolente, a riappropriarsi dell’esercizio di quella virtù desueta chiamata pazienza e ritornare ad essere paziente pagando di persona errori ed orrori perpetrati.
Il discredito raggiunge la massima espressione quando assume i contorni della beffa quando la colpa di tutto viene abilmente scaricata sugli operatori in prima linea che ci mettono la faccia, le competenze, le mani e il cuore nel prendesi cura delle persone a loro affidate. La presa in carico del malato, punto di forza dell’organizzazione dell’ospedale per intensità di cura con una visione olistica e non più incentrata sulla malattia ma sul paziente, viene costantemente e ampiamente disattesa, anzi si assiste ad una gestione ancora più frammentata e zoppicante, aggravata dall’impoverimento di un territorio che si sta sempre più indebolendo e non riesce a supportare un ospedale con un numero molto ridotto di posti letto.
Il disagio nella popolazione è evidente e palpabile con una perdita di fiducia nelle strutture sanitarie che sfociano sempre di più in situazioni conflittuali tra operatori ed utenti aprendo ferite difficilmente sanabili. A tutto questo si aggiunge l’ostinata negazione che un grave problema esista, che tutto il sistema ospedaliero e territoriale è molto malato, e non riconoscere la malattia porta ovviamente a tentativi goffi e inadeguati di cura. La carenza di personale è un problema comune a tutto il territorio nazionale ma alla periferia della periferia quale è diventato il distretto 2 dell’Ulss 7 con un ospedale sempre più in affanno il problema si fa ancora più sentire. Perché non tentare di valorizzare le poche risorse umane rimaste invece di mortificarle sistematicamente in un contesto lavorativo che diventa ogni giorno più penalizzante per la crescita professionale, stressante per carichi di lavoro e contenziosi medico-legali? invece di richiamare medici in pensione stanchi e demotivati, perché non tentare di realizzare un contesto lavorativo attrattivo e gratificante anche per neolaureati e neospecializzati? E’ veramente impossibile pensare a scelte alternative a o manca la volontà?
Giorgio Dalle Molle