Schio scivola sulle pietre d’inciampo: la polemica diventa nazionale e rimbalza in città
E’ diventato un caso nazionale il “no” di Schio alle pietre d’inciampo. Infuria infatti la polemica dopo la bocciatura, da parte del consiglio comunale di lunedì scorso, della mozione presentata dal Partito Democratico, che chiedeva di posizionare pietre d’inciampo sul selciato nelle zone dove risiedevano 15 cittadini di Schio deportati nei lager nazisti e lì morti durante la seconda guerra mondiale. La mozione era stata presentata dal Partito Democratico scledense, primo firmatario Leonardo Dalla Vecchia, che ora si dice “Senza parole”.
Il voto del consiglio comunale
Ricostruiamo la vicenda. La proposta di Dalla Vecchia e del Pd mira a portare a Schio una iniziativa diffusa in molte città europee e anche italiane (e appena approvata anche dalla giunta di centrodestra a Vicenza), promossa dall’artista tedesco Gunter Demnig. Consiste in una piccola targa d’ottone della dimensione di un sampietrino, posta davanti alla porta della casa in cui abitò la vittima del nazismo o nel luogo in cui fu fatta prigioniera, sulla quale sono incisi il nome della persona, l’anno di nascita, la data, l’eventuale luogo di deportazione e la data di morte, se conosciuta. Un monumento, nel senso letterale del termine per affrontare i rischi incombenti dell’oblio. L’obiettivo è mantenere viva la memoria delle vittime dell’Olocausto, la pagina più nera del ‘900, con il suo carico di 15 milioni di vittime (tra cui 5-6 milioni di ebrei). Un genocidio di cui furono responsabili le autorità della Germania nazista e i loro alleati nei confronti degli ebrei d’Europa e di tutte le categorie di persone ritenute “indesiderabili” o “inferiori” per motivi politici o razziali: oppositori politici, popolazioni slave, prigionieri di guerra sovietici, minoranze etniche come rom, sinti e jenisch, gruppi religiosi come testimoni di Geova e pentecostali, omosessuali e portatori di handicap mentali o fisici.
Dalla Vecchia nel suo intervento ha ricordato uno a uno i nomi delle vittime scledense. Sono 14 i deportati che abitavano a Schio e sono morti nei campi di concentramento di Mathausen, Gorden e Dachau: Andrea Azzolini, Giovanni Bortoloso, Andrea Bozzo, Roberto Calearo, Livio Cracco, Itaslo Galvan, Pierfranco Pozzer,Antonio Rampo, Anselmo Thiella,Vittorio Tradigo, Giuseppe Vidale, Andrea Zanon, Bruno Zordan, Antonio Zucchi. Ad essi va aggiunto Ettore Graziani, scledense di origine ebraica morto nel campo di Bolzano. A Schio e nel circondario furono 482 i deportati della furia fascista e nazista. La mozione chiede che le pietre d’inciampo vengano poste in occasione del 27 gennaio 2020, Giornata della Memoria (invitando anche le scuole), e impegna l’amministrazione ad effettuare una ricerca storica in merito, in collaborazione con le associazioni e le istituzioni interessate, pianificando con le stesse anche il recupero e il restauro delle lapidi cimiteriali e dei cippi rovinati dall’incuria del tempo.
Sulla mozione Alex Cioni di Schio Città Capoluogo – Prima Schio ha presentato un emendamento, chiedendo di allargare lo stesso gesto di ricordo anche alle 54 vittime dell’Eccidio di Schio (di cui legge i nomi), avvenuto per mano di un gruppo di “partigiani comunisti” nelle carceri di via Baratto nella notte fra il 6 e il 7 luglio del ’45. Questo per evitare “volgari e superficiali strumentalizzazioni politiche, nel rispetto delle reciproche memorie storiche e personali, rifiutando categoricamente la divisione delle vittime in morti di serie A e morti di serie B”. L’emendamento trova però il voto favorevole solo della Lega e non passa: anche la maggioranza, senza dare motivazioni, vota contro; Pd e Coalizione Civica pure, spiegando però che – rispetto all’Eccidio – Schio ha promosso il Patto di concordia civica e che l’iniziativa delle pietre d’inciampo è specifica per i deportati nei lager.
Quando si passa alla discussione sulla mozione Dalla Vecchia, parte la polemica dura da parte della lista di maggioranza “Noi Cittadini“, che con gli interventi di Renzo Sella e Alberto Bertoldo ritiene la proposta divisiva e “strumentale”. “Come possiamo pensare di ricordare solamente qualcuno – commenta Sella – a discapito di altri? Non è forse questa un’altra forma di discriminazione?”. Bertoldo – del quale in questi giorni sono stati diffusi vecchi post che ne dimostrano le simpatie mussoliniane – affonda l’accusa di strumentalizzazione e critica anche la pubblicizzazione dei nomi delle vittime. “Il tempismo di questa iniziativa è sospetto. E’ strumentale in vista della tornata elettorale. Sono cose che rischiano di portare di nuovo odio e divisioni a Schio. Lasciamo i morti in pace e occupiamoci di Schio e degli scledensi”.
“Nessuna strumentalizzazione, non era proprio nelle mie intenzioni – spiega Dalla Vecchia – è una mozione sulla quale sto lavorando da tempi non sospetti e l’ho presentata ora solo perché le tempistiche consentissero di giungere in tempo per la Giornata della Memoria 2020”. Alla fine, tutta la maggioranza – sindaco compreso – vota contro compatta, i due consiglieri della Lega si astengono, mentre le minoranze del Pd e di Coalizione Civica la approvano. Dalla Vecchia e il Pd ribadiscono che la memoria non può mai essere divisiva. “Se avessi voluto strumentalizzare avrei parlato prima della cosa con i giornali, invece abbiamo voluto tenerla in un ambito istituzionale. Sono turbato non solo per il messaggio dato ai familiari dei deportati, ma anche per la mancanza di conoscenza della storia di questa di città” commenta Dalla Vecchia.
La difesa del sindaco Orsi
Il sindaco Orsi, su una questione così impegnativa per la città, in consiglio comunale non si è espresso. Ha affidato invece la sua linea difensiva a un post su Facebook (reso successivamente visibile solo ai suoi “amici” sulla piattaforma social), nel quale parla di interventi “seri e ponderati” dei consiglieri di maggioranza e di prese di posizione frutto di “estrapolazioni capacitamente diffuse”. Sottolinea che “a Schio si onorano tutte le vittime degli odi e delle violenze, senza discriminazioni” e ricorda la lapide di marmo dedicata ai deportati presente in via Marconi, bisognosa di restauro. Fa memoria poi di tutte le attività che il Comune promuove per “non dimenticare” quegli orrori. Infine, passa in rassegna gli interventi della sua amministrazione per recuperare il patrimonio storico e culturale di Schio.
Le reazioni
Il caso dopo le prese di posizione del Pd regionale e di suoi esponenti nazionali, di Anpi e di altre sigle legate ai valori della Resistenza, è scoppiato su tutti i media nazionali. Enrico Mentana, direttore del tg La7 e fondatore di Open.online parla di “scempio ideale e culturale”. “Ad Auschwitz furono uccisi tanti milioni di ebrei, sinti, rom, omosessuali, e esponenti di altre minoranze. Furono uccisi proprio per questo, perché erano ebrei, sinti, rom, omosessuali. Tra loro c’era chi aveva idee di destra o di sinistra, o di qualsiasi altro colore, o non ne aveva nessuna, o ancora non sapeva cosa fossero le idee politiche, perché era bambino. Per questo soprattutto cercare un contrappeso alla Shoah e alla memoria di cosa furono i campi di sterminio è da babbei o da ignoranti. A meno di non essere nazisti”.
Contro la decisione del consiglio comunale di Schio anche il governatore del Veneto, Luca Zaia: “È imbarazzante anche solo sapere che si debba andare a un voto per decidere se mettere o no il ricordo di un deportato o di una vittima della Shoah – e trovo assolutamente ingiustificata la posizione assunta a Schio”.
Va giù pesante anche un editorialista del Corriere della Sera, non certo filo-Pd, come Ernesto Galli della Loggia, per il quale i consiglieri comunali contrari alle pietre d’inciampo “sono semplicemente degli italiani superficiali, con una conoscenza della lingua italiana alquanto approssimativa (.), ma soprattutto con la testa devastata dalla politica come spesso la s’intende da noi. Convinti cioè che bisogna sempre essere di un’idea diversa da quella degli avversari, che tutto sia, debba per forza essere materia per contrapporsi in una destra e in una sinistra: anche le grandi tragedie della storia nostra e del mondo come lo sterminio di qualche milione di esseri umani colpevoli di essere della ‘razza’ sbagliata. Sospettosi che tutto possa essere sempre strumentalizzato dagli ‘altri’ “.
Paola Farina, già rappresentante della comunità ebraica di Vicenza, scrive invece oggi: “Se un’Amministrazione vuole ricordare le vittime ha mille modi per poterlo fare, il primo è una donazione alla Memoria, devoluta a chi soffre. Le Pietre di Inciampo sono diventate non il Ricordo o la Commemorazione, ma lo specchio di gratificazioni personali e/o politiche, perché ricordare con rispetto e cuore è una peculiarità di poche persone”. Sostiene che dietro alle pietre d’inciampo ci sarebbe un business dell’artista e ritiene devastante “imporre il proprio desidero su quello del parente della vittima: il parente dovrebbe essere l’unico ad avere potere decisionale”.
La proposta di Coalizione Civica, quella di Cioni e la richiesta del Pd a Orsi
Dopo la ribalta su tutti i media e tg nazionali, Coalizione Civica per Schio ha lanciato ieri sera la proposta – per i cittadini – di scrivere direttamente al sindaco Orsi, per chiedergli “una scelta di campo”. Nel messaggio che propone di inviare (già alcune decine di persone lo hanno fatto), fra le altre cose è scritto: “Stiamo dalla parte della democrazia e della Costituzione, siamo contro il fascismo e il nazismo, contro la caduta nell’abisso della storia dell’umanità della Shoah. Per questo la sua scelta è molto grave, ha screditato la nostra città e la nostra comunità in maniera irreparabile. Le voglio dire che questa amministrazione non mi rappresenta”. Coalizione Civica ha lanciato anche una proposta di “percorso partecipato per trovare eredi, familiari, amici o vicini di casa dei deportati scledensi nei campi di sterminio”. Un percorso aperto a tutti per chiedere direttamente a loro se vogliono mettere la pietra d’inciampo e nel caso lanciare una raccolta fondi per sostenere tutte le spese, “perché una città che ha paura di ricordare il passato, è una città dal futuro incerto”.
Sul versante opposto, il consigliere Alex Cioni di Schio Città Capoluogo ha annunciato di essere al lavoro per predisporre un Ordine del giorno “finalizzato ad impegnare tutto il consiglio comunale in un ricordo, senza distinzioni alcuna, nel nome perciò di una riconciliazione nazionale che accomuni in un’unica pietà i morti della guerra civile. Sono convinto che in questo modo trasmetteremo un monito alle generazioni future affinché simili fatti non debbano più accadere, lasciandoci alle spalle, me lo auguro, le volgari polemiche di questi giorni”.
Intanto il Partito Democratico di Schio sostiene in un comunicato di oggi che la vicenda delle pietre d’inciampo “getta fango e discredito sulla città di Schio e i suoi cittadini” e ritiene che vi sia “solo un modo per recuperare il rispetto che la nostra città merita: l’amministrazione comunale faccia un passo indietro e ammetta di aver sbagliato (.). Errare è umano, perseverare è diabolico. E a pagare è la città di Schio”. Nel frattempo, la vicenda arriva in Parlamento: la senatrice vicentina di Italia Viva Daniela Sbrollini ha presentato al Ministro degli Interni una interrogazione nella quale chiede “di valutare un intervento nei confronti del Sindaco e del Consiglio Comunale di Schio affinché sia rivalutata la posizione decidendo per una scelta più coraggiosa di recupero di una memoria che non può essere dimenticata”.