Addio a Fabiola Pozzer nel “suo” ospedale di Santorso. Una vita per gli altri e per la comunità

Ascolta l'audio
...caricamento in corso...
Fabiola Pozzer, l'ospedale di Santorso

Si è spenta ieri in tarda serata, in un letto del “suo” ospedale, quello in cui ha lavorato finché è stata in grado di farlo, Fabiola Pozzer, 53 anni, capo infermiera dell’Ulss 7 Pedemontana nella struttura sanitaria di Santorso ed ex assessore ai servizi sociali di Valli del Pasubio. Era stata colpita dieci mesi fa da una forma severa di leucemia, dopo che già l’anno precedente aveva dovuto affrontare altri gravi problemi di salute.

All’ospedale di Santorso è stata a lungo infermiera coordinatrice del Pronto Soccorso, quando già la struttura presentava notevoli criticità e il personale era sottoposto a pesanti tour de force. Poi lo spostamento a capo degli infermieri del reparto di neurologia, dove esattamente cinque anni fa fu il primo dipendente dell’Ulss 7, insieme ad una dottoressa, ad ammalarsi di Covid-19, tanto gravemente da rischiare di essere intubata. Un’esperienza che aveva raccontato, non senza qualche ritrosia, dopo qualche tempo proprio all’Eco Vicentino.

Molto attiva in parrocchia a Valli, insieme all’allora parroco don Maurizio Gobbo ha fatto nascere e crescere un numeroso gruppo giovani, operando sempre con grande umanità, generosità, determinazione e spirito di servizio.
Alla lenta ripresa post-Covid, con il ritorno al lavoro e all’impegno come assessore (partecipando per anni alle riunioni del Comitato dei Sindaci del Distretto 2, portando le istanze del territorio e la sua esperienza a difesa della sanità pubblica nell’Alto Vicentino), sono però poi subentrati altri gravi problemi di salute: un timoma prima e, a maggio dello scorso anno, una leucemia mieloide acuta. Lunghi mesi di ospedale, fra Vicenza, Bologna e infine a Santorso, qui attorniata dai familiari ma anche dai colleghi ed amici che sono stati una seconda famiglia, oltre a quella composta dal marito Gianni Roso, dai figli Ilaria e Marco.
“Il tuo studio in reparto – hanno scritto oggi i colleghi del reparto cardio neuro di Santorso – è rimasto lì come tu lo hai lasciato e nessuno mai si è permesso di occupare il tuo posto: sei tu la nostra caposala, la nostra roccia, l’esempio che vogliamo seguire”.

L’ultimo saluto a Fabiola Pozzer si terrà lunedì 3 marzo alle ore 15 nella chiesa parrocchiale di Valli del Pasubio. La famiglia ha voluto ringraziare, oltre ai medici dell’ospedale di Santorso Stefania Fortuna e Luigi Tessaro e tutto il reparto di oncologia, anche il personale del reparto di medicina A3 ed ematologia del Sant’Orsola di Bologna. I parenti chiedono a chi le voleva bene di evitare i fiori ma devolvere invece eventuali offerte alla missione di padre Christian Carlassare in Sud Sudan.

. . . . . . .

Fin qui il nostro dovere di cronaca, che però in questo caso non può assolutamente bastare. Perché Fabiola Pozzer era e resterà un’amica di Eco Vicentino e la sorella del nostro editore Corrado Pozzer. Per questo la sua vita, la sua malattia, la sua tenacia e il suo altruismo ci hanno toccati da vicino.
Abbiamo conosciuto Fabiola quando le abbiamo chiesto di raccontarci la sua esperienza con il Covid. Lei aveva gentilmente declinato, non le piaceva apparire, era una donna del fare.
Poi aveva accettato e ci aveva inviato una testimonianza davvero densa di significato: la preoccupazione per i figli, la consapevolezza di quello che le stava accadendo, ma soprattutto un profonda spiritualità. Nel suo scritto aveva condiviso il suo dialogo con un Dio che “con una mano mi chiede, ma con una mano mi dà”, la sensazione di essere sostenuta “come un tronco nella corrente” dalle preghiere di chi le voleva bene, la notte più difficile e quel raggio di luce che entra in camera la mattina e la fa scoppiare in un pianto dirotto, dandole “la percezione, precisa, di averla passata”. Ci siamo commossi anche noi nel leggere e nel riportare, allora, il suo racconto. E come noi tanti lettori e tante lettrici.

Non si può parlare di Fabiola, infatti, senza raccontare la sua fede, che l’ha sostenuta nelle tante prove che le malattie le hanno fatto attraversare negli ultimi anni. Chiunque le è stato vicino lo conferma: “Fabiola è stata eroica, una roccia”, dentro a un percorso sanitario ed umano che non le ha risparmiato dolori e sofferenze.
Fabiola amava le sue montagne e il suo paese, la gente di Valli del Pasubio. Era generosa: una vita dedicata agli altri, a fare comunità, anche a chiedere giustizia, equità e diritti per tutti. E’ stata un fondamentale punto di riferimento per i giovani del paese, condividendone e accompagnandone le sfide, le iniziative, i momenti di gioia ma anche i momenti difficili, a volte tragici.

Fabiola è stata ed rimane una “grande anima”, come l’ha definita qualcuno nelle ultime ore, una di quelle vite che sono un dono perché portano ricchezza e bellezza a chi ne incrocia i passi. Non si può che esserle grati per averla conosciuta e per come ha vissuto la sua vita.
A tutti i familiari e alle persone che le hanno voluto bene va l’abbraccio di tutta la nostra redazione.
Grazie di tutto, Fabiola. Continuerai a vivere nei nostri cuori e nei nostri gesti.

La caposala ricoverata per Covid-19: “Ringrazio i miei colleghi in prima linea”