Nessun allarmismo per il vecchio ponte di San Giovanni. Ma servono i “fondi di confine”
“In 70 anni il mondo è cambiato, ma non il ponte“. Il riferimento è al viadotto S. Giovanni, che sovrasta il corso del Leogra e soprattutto permette alle località da Valli del Pasubio in su verso il Trentino di non rimanere isolate dal resto del Vicentino. La frase laconica è proferita dal sindaco valligiano Armando Cunegato, preso d’assalto dai media di ogni ordine e grado dopo la “rivelazione” – si fa per dire – che il suddetto ponte ha compiuto ben 73 anni e, al contrario di quanto si dice in questi casi, non gode affatto di buona salute. “E non è una novità – precisa l’amministratore del paese prealpino – perchè questa vicenda la seguo e la denuncio agli enti di competenza fin dal 2009, anno di insediamento nel mio primo mandato. Nessun allarmismo, però, e finalmente i fondi necessari sono in arrivo”. Oltre 3 milioni di euro.
Ne doveva passare. così tanta di acqua sotto i ponti per intervenire? Quasi dieci anni di richieste – tutte documentate – a Provincia e a Vi.abilità, senza mai un accenno di polemica da parte di Cunegato nonostante le lettere inviate e le risposte non ricevute. Per sollecitare chi di dovere a mettere le mani su un’opera pubblica che, da tempo, ha passato gli “anta” e ne ha vista davvero tanta (forse troppa?) di acqua scorrere sotto di sè. E milioni di auto, camion, corriere e autobus di linea sopra, a percorrerlo. “Le lettere che ho inviato contengono richieste di intervento, di manutenzione e di controllo. Nulla di ciò è mai stato fatto”.
Una cruda constatazione a margine: “Di chi è la colpa? Dei soldi che in Italia non ci sono mai, anche se rimango convinto che negli anni ’70 e ’80 il denaro c’era e si doveva intervenire già allora”. E intanto il ponte di S. Giovanni rimane al suo posto, nonostante i 70 anni e spiccioli sul groppone, così come i mezzi pesanti che quotidianamente ne mettono alla prova la solidità, senza un briciolo di manutenzione alla struttura da decenni, a memoria di valligiano.
Va detto che non sussistono segnali di pericolo alcuno, come assicurano gli amministratori locali “non c’è nulla di nuovo”. Semmai è l’attualità, dopo il crollo del viadotto Morandi di Genova, a riportare alla ribalta la storia ormai atavica di uno dei simboli in pietra e cemento della ricostruzione dopo la Seconda Guerra Mondiale, abbattuto dai partigiani e poi ricostruito in pochi mesi, nel 1945, per restituirlo ai vicentini e ai trentini di passaggio. “Da allora il mondo è cambiato – spiega Armando Cunegato -, ai tempi ci passavano sopra i carretti. Oggi i tir carichi di casse d’acqua delle fonti indotto economico importante per la gente di qui e i pullman granturismo che portano ai luoghi storici, in particolare negli anni del Centenario. Senza dimenticare il flusso di veicoli ordinario”.
Ora i soldi – pubblici – ci sono, però. O ci sarebbero, al condizionale? “Grazie ai cosiddetti ‘fondi di confine‘ annuali, divisi in due tipologie – spiega il sindaco -, ora si potrà intervenire, ma va evidenziato come il ponte rientri in un’ottica più ampia di sistemazione della viabilità. Il transito della somma da Regione a Provincia richiede tempi lunghi e c’è sempre la complicanza della complicanza ma ho contattato due mesi fa un ingegnere della società Vi.abilità che sta lavorando sul progetto, sono convinto che stiano facendo del loro meglio”. Cedimenti, opere di muratura e un generale stato di abbandono della via principale saranno gli oggetti dei lavori futuri. Fondi che potevano essere destinati altrove ma, come assicura Cunegato, “la priorità va assolutamente a viabilità e sicurezza”.
Tra le varie voci – opere di area vasta e finanziamenti a progetto per i territori confinanti con il Trentino e Bolzano – e ripartizioni saranno investiti 3 milioni e 200 mila euro, mentre un altro milione di euro sarà assegnato al progetto della pista ciclabile, ma se ne parlerà in altra sede. Nel dettaglio 2 milioni e 100 mila euro saranno stanziati proprio per la Sp46 dove sorge il ponte e circa un milione per la sp246 verso Recoaro Terme. Per l’asfaltatura, invece, ci sarà da attendere. Ancora. Dopo circa 25 anni dall’ultima gettata, alla faccia delle buche che si vedono a occhio nudo e che mettono a rischio l’incolumità di motociclisti e ciclisti.
“Se fino a 8-9 anni fa la frequentazione del tratto di Sp46 era uno, ora è pari a cento – conclude il sindaco di Valli del Pasubio -. La proporzione deve far capire l’esigenza di intervenire, senza creare allarmismi, per sopperire alle negligenze passate”. Il traffico è aumentato enormemente e, con esso, l’usura del manto stradale e le sollecitazioni, in virtù di ragioni economiche e ancor più, forse, turistiche con la varie attrazioni che offre il territorio: dal ponte Avis tibetano alla Strada delle 52 gallerie e gli altri luoghi panoramici e storici. A non crollare, in ogni caso, rimane la fiducia nella resistenza: del ponte post bellico ovviamente.