E’ morto Felice Gimondi, un grande del ciclismo italiano: ucciso in mare da un infarto
“E chi sei Gimondi?”. Era questo l’interrogativo in voga negli anni 60 e 70 quando uno magari era velocissimo nell’andare in bicicletta o si spacciava per tale. Oppure, tanti ragazzi di quelle generazioni, se si sfidavano a colpi di pedali, si caricavano dicendo: “Io sono Gimondi”. Oltre a simili espressioni, ricordo bene le partite in spiaggia al mare d’estate con le biglie di plastica contenenti il volto dei ciclisti più in voga. Beh, la biglia più ricercata era proprio quella di Felice Gimondi. Come si giocava? Si tracciava una pista sulla sabbia e vinceva chi, a colpi di schicchere con le dita, era più bravo a tagliare il traguardo per primo con la propria biglia e relativa effigie di un ciclista del momento. Un’altra epoca, un altro ciclismo.
Ciao Felice. Da giovedi 16 agosto, il grande Gimondi non c’è più. Un malore lo ha stroncato in acqua e sotto il sole, nemmeno tanto forte, delle 18. L’ex corridore alloggiava all’Hilton, uno degli alberghi più suggestivi di Giardini Naxos, meravigliosa località a due passi da Taormina, in una Sicilia in questi giorni invasa dai turisti. Gimondi era appena entrato in questa parte di mare in cui l’acqua è bassa per parecchi metri. Per immergersi ci si deve distendere, non ci si può tuffare. Appena messo piede in acqua, però, l’ex ciclista si è sentito male. Dalla spiaggia sono intervenuti immediatamente amici e bagnini. Portato sul bagnasciuga, Gimondi non dava più segni di vita.
I soccorsi. Più volte è stato tentato il massaggio cardiaco, ma non c’è stato nulla da fare. Lo hanno scritto sul referto ufficiale, i carabinieri di Taormina, primo tra tutti il comandante, capitano Arcangelo Maiello: Gimondi è morto sul colpo, probabilmente per un infarto. Lo stesso ha constatato il personale della guardia Costiera di Giardini Naxos col comandante Cosimo Roberto Arizzi. Un intervento massiccio prima ancora che si scoprisse l’identità della persona morta. Dopo l’intervento del medico nefrologo, la salma di Gimondi è stata trasferita in una camera dello stesso albergo per i rilievi, per il rapporto ufficiale: morte naturale, la conferma non dà adito a nessun dubbio. Alle 21.30 la moglie Tiziana è uscita dalla struttura seguendo il furgone in cui è stato trasportato il corpo di Felice. La salma è stata portata nel vicino ospedale di Taormina e nella notte sono cominciate le operazioni per autorizzare il trasferimento a casa.
Felice Gimondi, uno dei più grandi corridori della storia del nostro ciclismo. Avrebbe compiuto 77 anni a settembre. Nato a Sedrina, in provincia di Bergamo, verrà ricordato sempre per essere stato uno dei pochi ciclisti (sette in tutto) ad aver vinto tutti e tre i grandi giri: Giro d’Italia, Tour de France e Vuelta. Nel suo ricco palmares spiccano infatti i tre successi al Giro d’Italia, ottenuti nel ‘67, nel ‘69 e nel ‘76, la vittoria del Tour de France nel 1965 e quella della Vuelta nel 1968. Senza dimenticate il Mondiale vinto a Barcellona nel 1973. Insomma, un campione a 360 grandi, capace nei circa quindici anni vissuti da professionista di imporsi in tutti i modi: in fuga, da grande scalatore, in volata, da sprinter, e anche nelle prove a cronometro. Nelle classiche storiche si è imposto una volta nella Parigi-Roubaix, una nella Milano-Sanremo e in due occasioni al Giro di Lombardia.
Gianni Brera, che ne descrisse le imprese, per lui aveva coniato i soprannomi di Felix de Mondi e Nuvola Rossa. La sua carriera cominciò nel decennio dopo la fine di quella di Magni. Si presentò al Tour de France del 1965, vinse a sorpresa e solo l’indomani si dimise da postino “perché al posto di lavoro ci tenevo” spiegò. La rivalità col “Cannibale” Merckx ha fatto la storia, con Gimondi costretto a ripetizione a finire secondo dietro il campionissimo belga. Disse poi: “Ho impiegato due anni a capirlo: Merckx era più forte di me”. Ma proprio Gimondi fu l’unico capace di tenere testa a ripetizione e battere Merckx: una rivalità meravigliosa che ha fatto la storia dello sport. “Dietro alla sua ruota ci sarò”, recita un verso della canzone che gli dedicò Enrico Ruggeri “Gimondi e il Cannibale”. Nelle quindici stagioni da professionista vinse in totale 141 corse. Dopo il ritiro Gimondi fu direttore sportivo della Gewiss-Bianchi nel 1988, e successivamente, nel 2000, presidente della Mercatone Uno-Albacom, la squadra di Marco Pantani. “Stavolta ho perso io”, ha commentato il suo eterno rivale Merckx distrutto dal dolore. Ciao Felice!