Quel ring non andava abbandonato. Focus sulla vicenda di Imane Khelif

Angela Carini non doveva lasciare il ring: lo pensa il 60,59% dei nostri lettori che hanno partecipato al sondaggione domenicale promosso con “Il termometro dell’Eco”. Una vicenda travagliata quella dell’abbandono da parte dell’atleta azzurra, scoppiata in lacrime dopo soli 46 secondi di match contro la rappresentante della boxe algerina, Imane Khelif, rea secondo l’italiana di averla colpita troppo forte.

Una vicenda intricata quella che ha coinvolto le due sportive impegnate nei giochi olimpici di Parigi 2024: sono molti infatti a ritenere che, dietro il gesto della Carini, si nasconda soprattutto la sopraffazione emotiva per un’attenzione mediatica dovuta alla sessualità della rivale africana di cui fin troppo si è dibattuto. A dimostrazione di ciò, oltre che nell’ottica di stemperare toni sempre più accesi che hanno coinvolto persino la politica mondiale, il messaggio che la stessa Carini ha rivolto alla sfidante: “Spero che arriverai in finale e vincerai quest’Olimpiade”.

Ma chi è Imane Khelif? Nata nel 1999 in un villaggio dell’Algeria e iscritta come donna all’anagrafe in un paese dove certo si sarebbe preferito il contrario – il padre ha esibito i documenti – Imane vendeva rottami di metallo per pagarsi i viaggi verso la sede degli allenamenti, gareggiando sempre in competizioni femminili e identificandosi sempre come donna. Non è una donna trans, quindi non è nata biologicamente maschio: tuttavia, nel 2023, è stata squalificata dai Campionati mondiali di pugilato dilettanti femminile a causa di test effettuati da IBA (International Boxing Association) insieme alla taiwanese Lin Yu-ting, a torneo in corso, per non aver ‘”soddisfatto i requisiti di ammissibilità”. Nei verbali della riunione del consiglio di amministrazione dell’IBA del 25 marzo 2023 non è specificato quale sia il vero motivo dell’esclusione delle atlete, ma successive dichiarazioni del segretario generale dell’IBA a proposito del test sul DNA, avrebbero fatto riferimento alla presenza di cromosomi XY (i cromosomi Y sono i cromosomi sessuali associati al sesso biologico maschile).

Perchè il CIO è di parere diverso. “Ogni persona ha il diritto di praticare sport senza discriminazioni. Tutti gli atleti che partecipano al torneo di pugilato dei Giochi Olimpici di Parigi 2024 rispettano le norme di ammissibilità e di iscrizione alla competizione, nonché tutte le norme mediche applicabili stabilite dalla PBU . Come per le precedenti competizioni olimpiche di pugilato, il sesso e l’età degli atleti si basano sul loro passaporto. Queste regole sono state applicate anche durante il periodo di qualificazione”. Questa la parte principale del comunicato ufficiale congiunto tra il Comitato Olimpico e la Paris Boxing Unit: di fatto ciò significa che gli standard e i livelli di testosterone da rispettare per partecipare ai mondiali sono diversi rispetto a quelli delle Olimpiadi e il CIO che quindi disconosce la procedura seguita dall’IBA.

Controlli del sesso e quei vantaggi biologici tutti da dimostrare. Partiamo dai numeri: nel 2018 Imane Khelif è arrivata diciassettesima al campionato del mondo a Nuova Delhi, nel 2019 invece trentatreesima in Russia e nel 2022 seconda in Turchia. Battuta sempre da donne universalmente riconosciute come tali. Secondo le linee guida del CIO le atlete dovrebbero aver accesso alle categorie più affini al loro genere. Il controllo delle capacità fisiche resta possibile per eventuale verifica di vantaggi in gara, ma non è ammesso effettuare controlli con lo scopo di determinare sesso, variazioni o identità di genere. Presunti vantaggi dovranno perciò essere documentati scientificamente e non assunti come conseguenza di caratteristiche fisiche o transizioni. In ogni caso, su questo i medici – oltre che i risultati sinora ottenuti – sembrano convergere sul fatto che un vantaggio concreto è tutto da dimostrare.

In conclusione. Imane Khelif potrebbe essere vittima di una forma importante di iperandrogenismo, una condizione che provoca una produzione anomala di androgeni (ormoni maschili), compreso il testosterone, nel corpo femminile: forse un difetto dell’enzima 5 alfa reduttasi, di fatto una situazione naturale e non voluta. Conseguenze di metabolismo ormonale spontaneo, benchè raro, per una persona nata e cresciuta come donna.