Superlega: dalla Uefa solo minacce. Al momento nessuna sanzione per i club ribelli
La vicenda della Superlega, dopo un mare di reazioni sdegnate da tutte le parti non interessate al progetto, è finita a tarallucci e vino. La Uefa, infatti, dopo alcune minacce, ha deciso di non decidere: nessun provvedimento contro i team aderenti al rivoluzionario progetto. Il numero uno della Federazione europea del calcio, a margine dell’Esecutivo di venerdi 23 aprile, ha gettato acqua sul fuoco. Intanto, il signor Ceferin, da buon sepolcro imbiancato scandalizzato, ha pensato bene di aumentarsi lo stipendio da 1,7 milioni a 2,2 milioni di euro. Alla faccia della crisi economica da Covid-19.
L’intervento attraverso il portale di “Der Spiegel”. Aleksander Ceferin si è limitato a ribadire i rischi che corrono le squadre ancora presenti nella Super League dicendo: “Chiunque continui a essere coinvolto nella Superlega, in futuro non potrà giocare nelle competizioni Uefa”. Un avvertimento rivolto soprattutto a Barcellona, Juventus, Milan e Real Madrid, cioè i club che ancora non si sono ufficialmente dissociati dalla Superlega e che sotto sotto sperano di rilanciarla in futuro.
Il presidente Uefa ha aggiunto: “Le nostre competizioni saranno fantastiche anche senza queste quattro squadre. Adesso possiamo dire che se qualcuno vuole essere egoista, può provare a fare di nuovo la Superlega. Ma ci hanno già provato una volta e hanno fallito! Sebbene la Superlega sia implosa dopo essere stata rapidamente abbandonata dalla maggior parte dei partecipanti, Real Madrid, Barcellona, Juventus e Milan non hanno lasciato il progetto. I dirigenti potrebbero subire alcune conseguenze”.
Le nuove velate minacce Uefa per presente e futuro. Ceferin ha concluso: “È chiaro che i club dovranno decidere se sono un club di Superlega o se sono un club europeo. Nel primo caso, ovviamente, non giocheranno in Champions League. Se sono pronti a farlo, possono giocare nella loro competizione. Stiamo ancora aspettando la perizia legale e poi diremo, ma tutti dovranno affrontare le conseguenze per le loro decisioni, e lo sanno bene. C’è pero’ una situazione molto diversa tra i club che hanno ammesso il proprio errore e hanno abbandonato il progetto e gli altri, che invece non vogliono credere che tutto sia finito nonostante lo sappiano”.