I caregiver non sono più soli: cinque Rsa insieme per sostenere chi assiste a casa
Assistere una persona anziana non autosufficiente o con disabilità a casa è complesso ed estenuante: un compito che richiede, oltre a tempo e a tante energie, anche competenze molteplici che non sempre i familiari dell’assistito possiedono.
Cinque Rsa del Vicentino, consapevoli delle sfide che il futuro riserva alle nostre comunità – nelle quali forte è l’invecchiamento della popolazione – si sono per questo messe in rete e con il progetto “Casa che cura” mettono a disposizione delle famiglie una serie di servizi articolati e innovativi: un progetto che ha ottenuto un importante finanziamento dalla Fondazione Cariverona. I cinque centri servizi coprono un territorio ampio, che fa riferimento sia alla Ulss 7 Pedemontana che alla Ulss 8 Berica: si tratta dell’Ipab la Pieve, centro servizi a Breganze (ente capofila), il Centro Anziani Villa Aldina di Rossano Veneto, la Fondazione L. G. Bressan Onlus di Isola Vicentina, l’Ipab Centro Servizi anziani di Dueville e l’Ipab Suor Diodata Bertolo di Sandrigo.
L’obiettivo principale di questo progetto, nel quale ha creduto fortemente la Fondazione Cariverona, tanto da averlo finanziato con 390 mila euro su un totale di 557 mila, è la presa in carico dell’intero nucleo familiare che assiste a casa la persona fragile. Lo stress e l’affaticamento che accompagnano l’attività di caregiving, infatti, portano le famiglie ad isolarsi incrementando vissuti di esaurimento e abbandono.
Grazie all’aiuto di ‘Casa che cura’ si potrà infatti conoscere la miglior gestione del lavoro assistenziale, così da sviluppare, grazie ad esperti, consigli pratici e suggerimenti riorganizzativi, le conoscenze e le competenze necessarie per assistere a casa nel migliore dei modi il proprio familiare. Inoltre verranno forniti al caregiver, ossia la persona maggiormente impegnata nell’attività di cura, tutti gli strumenti necessari per affrontare al meglio la cura che il proprio caro richiede.
In sostanza, la finalità del progetto è quella di offrire consulenza, orientamento e sostegno ai caregiver di persone non autosufficienti. Sei nel concreto le attività che il progetto mette in campo: l’ascolto attivo ed empatico per individuare e comprendere il problema; i percorsi individualizzati per migliorare la propria situazione come caregiver attraverso strumenti specifici che aumenteranno la consapevolezza e di conseguenza la resilienza; l’orientamento per velocizzare i tempi e sfruttare al meglio le risorse presenti sul territorio; l’indirizzo verso figure professionali utili o addirittura indispensabili; lo sviluppo di competenze ed esperienze tramite formazione ed informazione ai caregiver grazie a materiali formativi; l’attivazione di soluzioni concrete e pratiche per superare gli ostacoli che si presentano nella quotidianità dell’assistenza.
Le azioni
“Casa che cura” mette anzitutto a disposizione dei caregiver materiale informativo gratuito che approfondisce le tematiche legate alla cura a casa e cerca di offrire strategie e nuove competenze, così come organizza serate di sensibilizzazione gratuite aperte al pubblico. Il cuore del progetto sono poi i percorsi individuali per il caregiver, che si sviluppano attraverso incontri a domicilio.
Modulo Start. Completamente gratuito, consente la prima presa in carico della situazione e si struttura in un colloquio inziale di tipo informativo con il caregiver presso la struttura. Successivamente si passa alla stesura di un piano settimanale con un orientamento nella rete dei servizi del territorio.
Modulo “La ruota della vita”. Costituito da due appuntamenti a costo calmierato: è uno strumento che aiuta il caregiver a focalizzarsi su di sé come persona, rimettendo al centro i propri bisogni, imparando a ritagliare i propri spazi e riscoprendo degli obiettivi importanti per sé, oltre ciò che riguarda l’assistenza del familiare non autosufficiente. Grazie ad un consulente preparato dell’équipe, il caregiver può trovare nuovi equilibri per far fronte allo stress e l’affaticamento che l’attività di cura comporta.
Modulo “Mi aiuti tu?”. Anche in questo caso prevede due incontri a costo calmierato con visita a domicilio di un consulente preparato, durante la quale vengono fornite importanti indicazioni e suggerimenti sull’assistenza – come ad esempio sull’alimentazione, la mobilità, l’igiene, la gestione della terapia, le attività occupazionali e la sicurezza – così da rendere il caregiver più preparato e competente.
Modulo “Accompagnami”. Consente di mantenere i contatti con il team di “Casa che cura” e l’equilibrio raggiunto con i moduli precedenti: a cadenza trimestrale può essere richiesto un incontro di monitoraggio (della durata di un’ora e a costo calmierato) assieme ad un consulente dell’equipe presso il proprio domicilio o presso una delle sedi del progetto. È possibile attivarlo dopo aver completato almeno uno dei precedenti.
Invecchiamento della popolazione e domiciliarità
La scelta della domiciliarità non sempre è volontaria: sempre più spesso, dato anche l’aumento dei tempi di attesa, le richieste di accoglimento a titolo definitivo che arrivano ai Centri Servizi negli ultimi cinque anni sono aumentate sia per quanto concerne i profili di minima che di media intensità, ma il punteggio minimo necessario per accedere ai servizi residenziali con quota sanitaria regionale si attesta ad oggi intorno ai 75/80 punti: ciò significa che molte delle persone fragili che hanno presentato richiesta formale di accesso ai servizi residenziali e che presentano un punteggio più basso, sono destinate ad attendere anche 36 mesi prima di poter essere inserite all’interno della struttura. A questo dato di fatto, si aggiunge un preoccupante dato demografico generale: in Italia continua ad aumentare l’indice di vecchiaia, che nel 2022 ha raggiunto quota 182,6 anziani ogni cento giovani (era di 168,9 su 100 nel 2018): l’Italia è uno dei Paesi più “vecchi” dell’Ue.
Da un altro punto di vista, i Centri servizi anziani in questi ultimi anni si sono ritrovati ad essere riconosciuti dalle proprie comunità non solo come punto di riferimento per la cura e l’assistenza degli ospiti, ma anche come luoghi in grado di dare risposte, mentre le indicazioni del Piano Socio Sanitario regionale riconoscono e danno ulteriore impulso a questa vocazione aggiuntiva che si è sviluppata nel tempo.
I tempi di attesa per le famiglie che hanno la necessità di inserire il proprio caro in una Rsa stanno diventano sempre più lunghi, a causa dell’invecchiamento della popolazione e dell’allungamento delle aspettative di vita, a cui non è corrisposto un aumento della risposta del sistema socio-sanitario. Per Ugo Barbieri, presidente dell’Ipab La Pieve, “è un dato di fatto che più del 50% delle richieste di accoglienza nella nostra Rsa rimangono momentaneamente senza una risposta, a causa del punteggio troppo basso o della mancanza di posti letto. Per questo ‘Casa che cura’ è un progetto davvero importante, e lo è ancora di più perché tenta di dare una risposta di rete”. “I caragiver arrivano sfiniti al momento di un eventuale ricovero, ciò nonostante la famiglia è sempre più il fulcro del welfare” sottolinea Daniela Bonato, psicologa e psicoterapeuta, consulente esterna del progetto, che è coordinato operativamente da due giovani consulenti operative: Giorgia Gregori e Giorgia Vissa.
Riferimenti e contatti
Tutte le informazioni sul progetto sono disponibili sul sito casachecura.it, telefonando al numero 0445-306357 o scrivendo a info@casachecura.it. A questi contatti i familiari di persone non autosufficienti possono rivolgersi per un approfondimento sulla loro situazione personale e per tutti i supporti del caso.