Dalla politica alla Biennale: così Cristiano Sandonà fa parlare l’arte nazionale. E non solo

E’ uno stile che guarda al futuro, ma che attinge il bello dal classico e dalla terra quello portato avanti da una vera e propria rivelazione nel campo dell’arte. E’ una seconda vita quella di Cristiano Sandonà, dopo anni di militanza politica con ruoli da vicesindaco e assessore provinciale: classe 1965, nativo di Caltrano ma residente a Cogollo del Cengio. Marito, padre e nonno, ma ora soprattutto artista. Quasi una medaglia appuntata al petto con l’orgoglio di chi se l’è sudata dopo anni trascorsi in sordina, non pienamente realizzato. Fino al suo atelier, aperto sotto casa e ora pronto ad affrontare le esposizioni che contano.

Un estro artistico arrivato in età matura. M come è scoccata la scintilla?
“Più precisamente quello artistico è un richiamo atavico. Ho iniziato infatti il mio percorso praticamente da bambino giocando lungo le riva dell’Astico, modellando l’argilla in pozze d’acqua, ho scoperto il linguaggio della materia plastica. Poi l’iscrizione all’Istituto artistico a Nove: la vita mi ha però messo subito di fronte alla responsabilità di essere un giovane padre di famiglia e così il senso del dovere ha prevalso sulla passione”.

Un inizio quasi intimo e personale, poi le esposizioni pubbliche. Quali emozioni?
“Questa è una domanda che apre un capitolo molto delicato della mia vita, fin qui mai confessato. Da bambino, grazie a un’educazione familiare molto innovativa per quei tempi, non avevo realizzato di essere nato in un periodo storico che vedeva Vicenza come “la sacrestia d’Italia”. Schemi mentali che non mi sono mai appartenuti, ma che fin da subito hanno disseminato il mio percorso esistenziale di ostacoli.
Fin dalle scuole elementari, con una maestra ultraconservatrice che mi fece pagare duramente, giorno dopo giorno, il fatto di essere figlio di due persone che non mi obbligavano a frequentare la chiesa: genitori credenti non praticanti, mi avevano insegnato la libertà di essere e non di apparire.
Ancora oggi riemergono nella mia memoria, feroci, i ricordi di quella docente che perpetuava il suo fanatismo religioso attraverso punizioni anche fisiche: come lo scherno davanti a tutti i compagni, per arrivare poi a farmi inginocchiare davanti alla lavagna sopra dei chicchi di grano. Lascio immaginare l’umiliazione e il dolore grande, ma soprattutto quel senso di inadeguatezza, che mi sono entrati nell’animo fin da bambino in una fase della vita così fondamentale per la costruzione di una futura persona adulta. Ora il presente mi sta restituendo ciò che il passato, mi ha ingiustamente tolto”.

Le sue opere stanno ricevendo sempre più recensioni importanti, anche di personaggi illustri. Quale l’ha colpita di più?
“Effettivamente sono molti i giudizi positivi, che mi stanno giungendo in questo momento da tutto il mondo, espressi per un mio modo di interpretare l’arte con una tecnica pittorica e scultorea del tutto sconosciuta prima. La mia attività in effetti è frutto di un studio e dedizione personali, che hanno visto la luce dopo innumerevoli tentativi finiti male. Per me l’arte non è mai pressappochismo, ma evoluzione continua di tecniche e pensiero. L’attestazione che maggiormente mi ha gratificato, è stata la richiesta da parte del professor Rosario Pinto – docente universitario dell’Ateneo Federico II di Napoli – che sta realizzando una ricerca sull’Arte contemporanea a partire dalla metà dell’800 fino ai nostri giorni, di inserirmi in questo volume in qualità di artista del XXI secolo che maggiormente si sta distinguendo. Un testo che girerà le biblioteche d’Italia e che verrà archiviato nella alla Thomas J. Watson del Metropolitan Museum di New York, dove un gruppo di studiosi sta svolgendo una ricerca appunto sull’arte contemporanea”.

Quali messaggi vuole trasmettere attraverso la sua arte?
“L’arte per me è una forma di espressione umana, che si manifesta attraverso la creatività e l’ingegno di pochi, capace di suscitare emozioni nelle persone e trasmettere messaggi.
D’altronde non è un caso che l’arte abbia accompagnato l’umanità fin dalle sue origini, evolvendosi attraverso le epoche e assumendo significati diversi e talora contrapposti a seconda del contesto storico e culturale in cui si trovava a operare. E questa è la mia arte, ovvero evoluzione continua del pensiero attraverso l’utilizzo dei colori e della materia. Ma soprattutto è cercare di veicolare un messaggio positivo in un periodo storico pervaso da un disfacimento generale della società. Negli ultimi mesi ho iniziato una collaborazione con un poeta, Alfonso Celestino, e assieme a lui stiamo sviluppando un progetto di simbiosi culturale tra arte e poesia. Un altro aspetto da considerare, per me centrale, è l’attenzione rivolta dal sottoscritto nei confronti delle persone ipovedenti. Le mie opere d’arte in rilievo consentono perciò a tutti di ammirare e comprendere la loro natura intrinseca e la bellezza, attraverso un codice interpretativo veramente alla portata di ciascuno.
Rendere l’arte accessibile perfino alle persone con disabilità visive, dovrebbe essere una normale prassi. Creazioni non a caso in rilievo, utilizzando la creta, la resina epossidica e altri materiali tridimensionali”.

Vittorio Sgarbi con una delle realizzazioni di Sandonà

Molti la conoscevano per il suo impegno politico. Capitolo definitivamente concluso?
“Le posso assicurare, che trovo oggettivamente difficile anche solo parlarne di questa fase della mia vita passata. Per fortuna, ho definitivamente chiuso quel capitolo. Sicuramente un’esperienza importante e formativa, ma l’uomo artista è agli antipodi rispetto all’uomo politico. Due concezioni esistenziali diametralmente opposte. Oggi non lo rifarei più”.

Mi racconta se c’è un obiettivo a cui aspira e che conta di raggiungere in un futuro prossimo?
“Sto ottenendo un grande successo, non posso negarlo. Ho il privilegio di esporre le mie opere da Parigi a Barcellona, da Dubai al Vaticano, parlando in tale modo un linguaggio universale che evidentemente tutti comprendono. Attraverso la mia arte, ho la possibilità di costruire ponti tra popoli e culture assai differenti e questo mi procura una grande soddisfazione personale. In questi anni ho toccato con mano la bellezza della diversità e dell’incontro fra persone che provengono da culture e religioni differenti. Ad ottobre, parteciperò, su invito del direttore artistico, alla Biennale d’Arte di Messina: per me,  sarebbe un grandissimo onore e privilegio da veneto, prima o poi, essere chiamato a prendere parte alla Biennale di Venezia per dimostrare anche in questa sede che l’arte dell’anima non è morta. E che anche in patria, si può essere profeti”.