Spari al lupo, i cacciatori: “Atto di bracconaggio, non ci riguarda. Ma qui è un disastro”
“Se qualcuno ha sparato al lupo, di certo non sono stati i cacciatori”. Ne è convinto il Presidente del comprensorio alpino numero 8, Kristian Marighetto, dopo che negli ultimi giorni, oltre all’investimento di un lupo, si è molto dibattuto sul tentativo di ignoti di abbatterne un secondo.
Circostanze che palesano tutta la criticità di una situazione caotica, specie dopo che il predatore è stato più volte intercettato tra le vie di Cogollo del Cengio dove non é mancato persino chi, tra i proprietari di piccoli animali d’affezione, ne ha lamentato l’improvvisa scomparsa: “Da Recoaro è stato accertato il ferimento del lupo – chiarisce Marighetto – ma qui a Cogollo non abbiamo certezze. Non vorrei che passasse l’ennesimo slogan contro i cacciatori che invece svolgono la loro attività in regola, come avviene per la caccia di selezione all’ungulato concessa dopo lunghe osservazioni ed analisi dei censimenti annuali, con piani di prelievo ben definiti per sesso e classi d’età. Il lupo è specie particolarmente protetta sicché, se qualcuno spara, si tratta di un puro atto di bracconaggio inaccettabile per l’associazione che rappresento”.
Considerazioni che prendono le distanze dall’iniziativa estemporanea di qualche privato in possesso di porto d’armi, forse frustrato dalla presenza troppo assidua del canide, ma non per questo meno preoccupate per una situazione drammaticamente ingestita: “La mia idea è semplice – argomenta il capo delle doppiette valligiane – e vale come per tutti gli altri animali in esubero. La presenza del lupo va regimata: non si può favorire solo una specie a discapito delle altre. Purtroppo al momento il danno è fatto e ora sono fuori controllo. Finché trovano ungulati di cui sfamarsi, bene: finiti quelli, passeranno a facili prede come gatti e cani o ancora pecore e animali d’allevamento in genere”.
Un sentimento che si fa ancora più forte quando si tocca il capitolo danni: “Caprioli e mufloni in particolare – conclude Marighetto – specie in Altopiano, sono stati ormai decimati. Non parliamo dell’aspetto economico e paesaggistico: ormai sono molte le malghe sfitte che non trovano più allevatori che si fidano di portare il bestiame al pascolo. Le conseguenze sono molteplici: muore un sistema e con esso un patrimonio del nostro territorio”.
Panico in centro, il lupo è tra le case. E spuntano i fucili