Granchio blu, tanto vale cucinarlo: ‘Difficile da lavorare, ma provatelo’
“Questo animale spacca tutto e fa disastri”. Parola di Luca Zaia, presidente della Regione Veneto che ha proposito del granchio blu mostrato in favore di telecamere ha spiegato tutta la difficoltà di una situazione tutt’altro che semplice.
Documentato per la prima volta in Italia, il Callinectes sapidus – questo il nome scientifico del famigerato granchio – dalle coste atlantiche delle Americhe è arrivato qui sconvolgendo l’ecosistemi marini nazionale e mettendo a rischio la biodiversità locale oltre che le attività umane legate al mare. Ma di necessità virtù, esiste un rovescio della medaglia da documentare: in attesa di soluzioni infatti, non sono pochi i ristoratori che lo hanno ‘adottato’ nelle loro cucine aggiornando i menù per far posto al predatore dall’iconico colore blu intenso delle zampe. Non senza difficoltà.
“Partiamo col dire che come tutti i granchi – spiega Massimiliano Crivellaro titolare da ormai dieci anni dello storico QL in zona industriale a Thiene – anche questo richiede un grande lavoro e offre in cambio un piccolo risultato. Me ne parlarono ancora qualche anno fa e quindi periodicamente è presente nella nostra cucina, ma va capito che rimane un prodotto di nicchia che non potrà mai avere un largo impiego. Il discorso è semplice: se lo acquisti quando fa la muta e quindi quando è privo del suo carapace, potrai sfruttarlo intero e proporlo come fritto in un buon antipasto o come secondo accompagnato da una buona salsa: la sua carne è tenerissima, con un gusto che punta al dolce ma intenso al tempo stesso. Molto più semplice delle nostre ‘moeche’ che sono più piccole e delicate. Ma i granchi fanno la muta solo due volte l’anno: fuori da questo periodo sfido a mettersi lì a lavorare con lo stuzzicadenti per ore per ricavare solo qualche grammo di polpa. Per fare un sugo o una zuppa ne servirebbero decine e quindi va da sè che la cosa non sta in piedi”.
Considerazioni che ben rendono l’idea di un mercato che non potrebbe, anche volendolo, sfruttare come ipotizzato da qualcuno l’invasione del granchio blu con numeri che parlano di oltre 300 tonnellate di crostacei raccolti da inizio anno solo in Veneto: “I clienti oggi sono incuriositi e quando nel menù nomini il granchio blu la gente lo ordina – racconta ancora Crivellaro che dall’età 14 anni non ha mai smesso di lavorare nella ristorazione – ma rimane il fatto che per quanto ci possa essere un’alta richiesta, la presenza di questa specie nei nostri mari rimane purtroppo altissima e quindi un bel problema. Però vi dico di provarlo: anche ai palati meno abituati al pesce, sappiate che questo crostaceo ha un gusto particolare che si presta ad essere apprezzato: magari con una buona bollicina, un pinot nero metodo classico che lo sposa col nostro vicentino. Almeno ci beviamo su”.