Il caso Posina dopo l’approdo su Canale 5 e in Parlamento sbarca in Tribunale: 7 arresti
Epicentro del terremoto legato alle elezioni amministrative in alcuni piccoli del Belpaese comuni fu Posina insieme ad altri paesini di analoghe dimensioni, sparsi per l’Italia. Tanto fu lo scandalo ormai un anno fa che la questione arrivò in Parlamento, oltre a interessare la sfera della giustizia dopo il valzer di sospetti nomi fasulli, firme false e candidati sindaci e consiglieri che si dichiaravano del tutto ignari di ritrovarsi sulle schede elettorali. In alcuni casi, come quello della località montana vicentina al confine con il Trentino, con gente mai vista in paese nemmeno in vacanza e residente a 800 chilometri di distanza. Tra questi anche persone con disabilità gravi e anziani ultraottantenni.
La vicenda è tutt’altro che conclusa, ma c’è una novità importante. Nei confronti di alcuni personaggi legati alle liste con marchio politico “L’altra Italia” sono stati emessi i primi provvedimenti in seguito alle indagini affidate alla Guardia di Finanza. Destinatari in sette, ad oggi, ritenuti implicati in quella che la stampa nazionale ha definito “Candidopoli” rispolverando magagne storico-politiche del passato. Della questione se ne era occupato anche il tg satirico “Striscia la Notizia“, rendendo in breve tempo il fosco caso delle liste elettorali quantomeno dubbie, di dominio pubblico. Risultano 15 i soggetti sotto indagine, tra cui 7 già agli arresti domiciliari: tra loro anche il segretario nazionale Cosimo Damiano (detto “Mino”) Cartelli.
A Posina, la sconosciuta candidata sindaco in quell’occasione raccolse una manciata di “voti di disturbo” che bastarono per conquistare un seggio come consigliere d’opposizione in assemblea. Alla prima seduta post elezioni, vinte da Adelio Cervo con il primo cittadino uscente Andrea Cecchellero (ora vice) a sostegno, il suo seggio rimase vuoto. Nessuna traccia di Maria Galasso, una foggiana della quale non si hanno mai avuto notizie. A distanza di giorni giunse in Municipio giunse una nota con le dimissioni, giustificate da motivi personali, e subentro di un’altra persona sconosciuta da queste parti, anch’essa con domicilio nel Foggiano. Tutti questi rappresentavano quasi dei “fantasmi”. Spesso del tutto irrintracciabili o muti nonostante risultassero componenti e quindi candidati di lista, con il solo portavoce a lanciare messaggi sibillini di dubbia chiarezza.
Sul punto, favorito probabilmente da una falla in materia di elezioni amministrative, è stato reso noto lo scorso fine settimana che in conclusione di una approfondita quanto laboriosa indagine della Procura di Rovigo sono state emesse 7 ordinanze di custodia cautelativa nei confronti di altrettanti individui. Si tratterebbe, in pratica, dei vertici di quel movimento politico emergente nel panorama nazionale. Almeno un centinaio, secondo la nota della procura rodigina, le testimonianze raccolta da parte di cittadini ignari dello sfruttamento dei propri dati sensibili. Gli investigatori che hanno acquisito la documentazione hanno già accertato la contraffazione di decine di firme che solo “sulla carta” appunto appartenevano a uomini e donne pugliesi, residenti nelle province di Foggia e Lecce. Alcuni tra loro hanno presentato querela nei confronti degli esponenti del movimento politico sotto inchiesta.
Per rimanere in Veneto il canovaccio ora noto di liste con candidati iscritti a loro insaputa ha riguardato i comuni padovani di Barbona, 600 anime che vivono su una sponda dell’Adige, e Vighizzolo d’Este (900 residenti) sui Colli Euganei. Nel primo caso di parla del maggio 2019, nel secondo della tornata elettorale del settembre 2020 dedicata come a Posina alle amministrative per il rinnovo delle cariche comunali. Su scala nazionale la faccenda tocca da vicino ben 23 enti locali italiani, distribuiti su almeno 8 regioni: Liguria, Molise, Toscana, Basilicata, Calabria, Puglia, Umbria e, ovviamente, Veneto. Comuni tutti rigorosamente con popolazione minore di 1000 abitanti, dove la procedura semplificati garantisce minori controlli sulla veridicità della documentazione richiesta grazie alla complicità di chi doveva autenticare le firme, ex consiglieri legati al movimento nato da pochi anni. Tra loro un vigile urbano rodigino (F.F. le iniziali).
Ad oggi sfugge l’obiettivo insito nella condotta a sfondo illecito da parte dei coordinatori del partito. Smentita la possibilità di incamerare “gettoni di presenza” tra i consiglieri eletti vista la loro assenza alla sedute, si pensa alla volontà di ottenere visibilità per accrescere il proprio consenso politico, tesi riportata anche dalle Fiamme Gialle che hanno portato a termine gli accertamenti. Per qualcuno, invece, la motivazione risiederebbe nel tentativo di “monetizzare” attraverso minacce di querela testate e amministratori locali che hanno trattato l’inchiesta. In ogni caso, la “pubblicità” offerta da Canale 5 attraverso il programma serale Striscia la Notizia, seguito da milioni di italiani, e in generale l’esposizione sulla stampa locale e nazionale, difficilmente esaudirà questo ipotetico quanto cervellotico fine.