Scuole dell’infanzia cattoliche: il grido d’allarme della Diocesi di Padova. 32 sono nel Vicentino
C’è un gran dibattito attorno alla necessità di aumentare i servizi per l’infanzia per favorire la natalità, ma quelli delle scuole di ispirazione cattolica esistenti vivono momenti di estrema difficoltà, tanto che la Diocesi di Padova fa il punto e lancia l’allarme: ci sono scuole dell’infanzia paritarie che rischiano davvero di chiudere o essere cedute.
L’aumento dei costi di manutenzione delle strutture, gli oneri conseguenti al mantenimento della parità introdotta dalla legge 62 del 2000 che ha istituito il sistema integrato di istruzione, l’incertezza dei contributi pubblici e il mancato sostegno alla parità, il ritiro delle congregazioni religiose spesso a guida di queste scuole, la crisi demografica, l’aumento dei costi del personale e la difficoltà stessa di reperire personale in possesso dei titoli abilitanti, il gravoso impegno per i parroci legali rappresentanti, le conseguenze della pandemia da Covid-19 con rincari e aumenti di utenze e costi vivi. Sono questi alcuni degli elementi che anno dopo anno stanno mettendo in difficoltà la sopravvivenza delle scuole dell’infanzia non statali (parrocchiali e di congregazione in particolare), che solo in Veneto rappresentano circa il 60% dell’offerta formativa per la fascia di età 0-6.
Una situazione che la Chiesa di Padova (che comprende territori anche nelle province di Vicenza, Venezia, Treviso e Belluno) sta affrontando con serietà da tempo: forte da un lato dell’impegno a continuare a custodire questo tesoro prezioso, curando la qualità della proposta formativa e facendo maturare sempre più la dimensione della “scuola di comunità”; e consapevole dall’altro, suo malgrado, che percorse tutte le strade per cercare di salvare quante più scuole possibile, di fronte all’insostenibilità – verificata non solo sul piano economico-gestionale ma anche pastorale e pedagogico-didattico – la decisione non può che essere la chiusura o la cessione ad altro gestore pubblico o privato che sia.
L’eventuale decisione di chiudere o cedere l’attività, mai vissuta a cuor leggero (ovviamente), è sempre accompagnata da confronto con i consigli pastorali e i consigli per la gestione economica; strette interazioni con le amministrazioni locali, proprio per la ricaduta sociale e comunitaria che la chiusura di una scuola comporta; incontri con i genitori; avvio di collaborazioni con le scuole paritarie limitrofe – così da permettere che nessuno rimanga senza copertura per il successivo anno scolastico –; ricerca di nuova occupazione per il personale rimasto senza posto di lavoro.
Le scuole dell’infanzia della diocesi di Padova nel Vicentino
Nel territorio della Diocesi di Padova (che coinvolge territori afferenti a cinque province: Padova, Treviso, Venezia, Vicenza, Belluno) attualmente si contano 215 scuole dell’infanzia parrocchiali e di congregazione, con 626 sezioni (a cui vanno aggiunte le sezioni primavera e i nidi integrati), per un totale di 14mila bimbi e 1.200 tra insegnanti e altre figure impiegate. Negli ultimi cinque anni ne sono state chiuse o cedute ad altro gestore (stato, fondazioni, cooperative private) 41 e il trend prevede ulteriori riduzioni.
Nel territorio vicentino afferente alla diocesi di Padova, questa situazione riguarda scuole dell’infanzia di ispirazione cattolica nel thienese, nel bassanese e nell’Altopiano di Asiago: si tratta di ben 32 scuole dell’infanzia e di queste 7 hanno il nido integrato e 11 hanno sezioni primavera.
Sette anni fa (2016-2017), per volere del vescovo di Padova Claudio Cipolla, e su mandato del Consiglio presbiterale, l’Ufficio diocesano padovano per l’Educazione e la Scuola, in sinergia con le sezioni provinciali Fism ha attuato un’indagine approfondita sulla realtà delle scuole paritarie cattoliche e di ispirazione cristiana (non solo dell’infanzia) presenti nel territorio diocesano, per verificare stato di salute, sostenibilità, qualità formativa, condizione degli immobili.
Ne era emersa una mappatura che al tempo registrava 256 scuole dell’infanzia; e di queste ne evidenziava un centinaio particolarmente fragili per numero di iscritti, condizioni della struttura, insostenibilità economico-finanziaria; una cinquantina bisognose di essere rilanciate e un centinaio su cui investire energie e risorse per garantire la continuità della proposta di scuola cattolica nel territorio.
Il peggioramento della situazione post Covid vede all’orizzonte altre possibili chiusure. Va ricordato che lo Stato, grazie al servizio e alla presenza delle scuole paritarie, beneficia di un risparmio calcolato in circa 6 miliardi di euro l’anno, mentre i contributi pubblici elargiti al sistema paritario ammontano a poco più di un decimo del risparmio complessivo: se i contributi statali si sono abbastanza stabilizzati, pur risultando certamente insufficienti, negli ultimi anni vi è stata una riduzione del 7% dei contributi da parte della Regione Veneto (da 21 milioni del 2015 a 19,5 milioni del 2023), mentre i Comuni, ben consapevoli del valore della presenza di una scuola dell’infanzia, si rendono più disponibili a sostenerle, sebbene la differenza di contributo anche tra comuni contigui a volte sia molto elevata (dai 200 ai 1.000 euro/bambino all’anno), per non parlare delle diversità tra le province.
Confrontando i costi, si evince che: un iscritto alla scuola dell’infanzia statale costa allo Stato 7.088 euro all’anno, a fronte dei 3.500-4.000 euro/anno della scuola paritaria; di questi soltanto 913 sono a carico dello Stato e 224 della Regione, mentre il resto viene coperto in parte dal contributo dei Comuni, e dalle cosiddette “rette” richieste alle famiglie (che si collocano in una fascia tra i 130 e i 220 euro mensili). Tutto il personale è pagato dall’ente gestore e l’immobile è messo a disposizione dalla parrocchia o dalle congregazioni che provvedono anche alle manutenzioni ordinarie e straordinarie. Si consideri poi l’apporto del parroco in termini di legale rappresentanza della scuola, del volontariato prestato da molti laici impegnati su diversi fronti e dalle elargizioni liberali raccolte in varie occasioni della vita parrocchiale.
A pesare, oltre alla gestione ordinaria già impegnativa per molte scuole, sono anche le verifiche statiche e di vulnerabilità sismica (con costi che si aggirano mediamente sui 10mila euro) e i conseguenti piani di interventi di manutenzione straordinaria che richiederebbero centinaia di migliaia di euro e che verrebbero a gravare interamente sull’ente ecclesiastico, non essendoci fondi pubblici destinati alle scuole paritarie per questo capitolo di spesa.
A fronte di questa prospettiva e per sostenere le scuole più in difficoltà la Diocesi di Padova, in collaborazione con Fism (Federazione italiana scuole materne), ha cercato negli anni di rafforzare i sistemi gestionali, costruendo convenzioni adeguate con le amministrazioni comunali, favorendo accordi di rete e gruppi di acquisto per abbattere i costi attraverso forme di economie di scala e si è intensificata la formazione del personale. Nel 2001 la Diocesi di Padova ha dato vita a un ente dedicato all’educazione e alla scuola, la Fondazione Bortignon e, nel 2012, attraverso essa e in collaborazione con altre realtà del territorio, all’Impresa sociale “Insieme per Educare”.
“Da parte della Diocesi di Padova – spiega un comunicato – e delle singole parrocchie c’è l’impegno a compiere ogni sforzo per cercare di salvare quante più scuole possibile, sapendo che sono ‘luoghi di comunità’, spazio privilegiato di formazione, ma anche di incontro con le giovani famiglie, porta di ingresso nella comunità cristiana, vivaio di relazioni preziose, generative di impegno per il bene comune. Ma c’è anche la consapevolezza che in taluni casi è venuta a mancare la minima sostenibilità e se si intende salvare alcune realtà, bisognerà essere disposti a rinunciare ad altre che risultano essere maggiormente deficitarie, non più rispondenti all’effettivo bisogno del territorio”.