Cava Grolla, il Tribunale accoglie l’istanza dei residenti: le detonazioni saranno misurate
Il “terremoto quotidiano” provocato dalla Cava Grolla sulla sottostante contrada Tommasoni, tra i Comuni di Cornedo Vicentino e Valdagno, passa al vaglio del Tribunale di Vicenza. Il giudice Antonio Picardi ha accolto la richiesta di un gruppo di residenti, assistiti da Studio3A-Valore e dall’avvocato Franco Portento del foro di Padova, accordando lo svolgimento di una consulenza tecnica preventiva con la nomina di un esperto, che dovrà stabilire il livello di tollerabilità o meno delle attività e delle immissioni provenienti dal sito estrattivo, tentando anche di raggiungere una mediazione con la proprietà, la Faba Marmi di Alessandro Faedo.
Un importante risultato, per tutta la contrada, che da anni lamenta di avere l‘esistenza è sconvolta da anni dalle lavorazioni di questa cava di marmo che incombe sugli abitanti e si sta “mangiando” il monte Spagnago, alle cui pendici sorge l’abitato, con ripetuti allarmi lanciati dai residenti anche per il rischio frane: in più occasioni grossi massi si sono staccati precipitando a valle, con pericoli – secondo i residenti – per le persone. Oggi il colle si presenta come un “vulcano artificiale”: le pendici nascondono un enorme cratere, lo scavo, che ne ha svuotato le “viscere” e il cui fronte ne lambisce la cresta. Il fronte estrattivo si trova in linea d’aria a un centinaio di metri dalle case più vicine. Ad aggravare i problemi, il cambio di tipologia di attività estrattiva degli ultimi anni: non più blocchi di marmo ma graniglia. E per ridurre la pezzatura del materiale in poltiglia vengono fatte esplodere mine con una certa frequenza, due-tre serie a settimana, e ciascun ciclo può arrivare a una decina di esplosioni. La normale vita di questo nucleo abitato è scandita da queste deflagrazioni: fino a poco tempo fa c’era persino una sirena ad avvisare dell’inizio dei “botti”, come per gli allarmi delle fabbriche pericolose.
Il risultato è un terremoto continuo con onde d’urto, boati, rumori, vibrazioni, movimenti tellurici che causano ingenti danni alle case, dove si sono aperte ampie crepe, fuori e dentro: sono lesionate quasi tutte, a riprova che le fenditure sono provocate da questo tipo di lavorazione, anche perché il terreno su cui sorgono è in roccia o in alluvioni addensate, non soggette ad assestamenti. Una “via crucis”, acuita dallo spargimento di polveri che si depositano ovunque e non si sa di che natura siano, preoccupati per i danni strutturali generati dalle fessurazioni di pareti e pavimenti, e per la stessa tenuta del monte (dove non è presente alcuna opera attiva preventiva di sostegno delle pareti più acclivi, con conseguente elevato pericolo per l’incolumità pubblica).
Un nutrito gruppo di residenti, attraverso l’area manager Riccardo Vizzi, si è affidato quindi allo Studio3A-Valore, società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini, che ha messo in campo tecnici e periti, sollecitando e ottenendo un tavolo di confronto con la proprietà e le istituzioni preposte, in primis i due Comuni e la Provincia di Vicenza. Le denunce fatte più volte presso l’opinione pubblica non hanno però portato all’individuazione di un accordo con Faba Marmi, non solo per ottenere un ristoro dei danni ma anche una modalità di lavoro più “soft”.
Di qui la decisione, in collaborazione con l’avvocato Portento, di interessare l’autorità giudiziaria, forti del fatto che, secondo la giurisprudenza, l’accertamento dell’intensità e intollerabilità delle attività che arrecano disturbo non può fondarsi solo su criteri matematico-statistici o sul rigido rispetto dei limiti, ma deve tenere conto anche della situazione specifica, nella fattispecie quella di una tranquilla zona residenziale. “Il giudice di merito, tenuto conto in concreto della condizione dei luoghi (…), può ritenere che le immissioni superino il limite della normale tollerabilità nonostante il mancato superamento dei limiti massimi di inquinamento atmosferico fissati dalla normativa” recita infatti un sentenza della Cassazione su un caso simile, che stabilisce anche un congruo indennizzo laddove il proprietario di un fondo veda i propri diritti sacrificati alle esigenze della produzione, e che l’accertamento del superamento della soglia di normale tollerabilità comporta la liquidazione del danno da immissioni. Nel caso specifico, vi sono attestazioni da parte di organi ufficiali di superamenti dei limiti di legge: negli anni si sono succedute infatti varie campagne di misurazione delle emissioni, sia sonore sia in forma di scuotimenti, prodotte dalla cava. E nell’aprile 2015 Arpav, nell’ambito dei rilievi effettuati in Contra’ Gobbi Bassi, ha accertato il superamento del limite differenziale ma anche la sottostima del differenziale stesso in quanto si era preso come valore di fondo il rumore della cava.
Nel ricorso presentato il 13 novembre scorsosi è dunque chiesto al Tribunale di Vicenza, di nominare un consulente tecnico e lo scorso 27 maggio il giudice ha respinto tutte le eccezioni avanzate da Faba Marmi e della sua compagnia di assicurazioni, Generali, ammettendo la consulenza tecnica preventiva. Il perito sarà quindi chiamato ad accertare “se le lamentate immissioni da scuotimenti-vibrazione eccedano i limiti prescritti in base alla normativa speciale applicabile, tenuto conto di eventuali previsioni delle zone territoriali ove sono ubicati gli immobili dei ricorrenti, ovvero anche dei criteri di normale tollerabilità”. E poi dovrà anche tentare la conciliazione delle parti “suggerendo eventuali accorgimenti per un equo contemperamento dei rispettivi interessi”. Il dottor Picardi ha nominato quindi a tal scopo Giuseppe Duranti di Treviso, che vanta oltre vent’anni di attività come consulente ambientale per i Tribunali della Marca e di Venezia. L’udienza per il conferimento dell’incarico è fissata per il 9 luglio: in quella sede sarà comunicato dall’avvocato Portento anche il consulente di parte per i residenti.