Nel nome del… nonno, oltre che del padre. Giulio e Fabio raccontano Roberto Anzolin
Un tuffo nel passato, quello ai tempi in bianco e nero alla tv ma soprattutto bianconero nei colori sociali – qui il riferimento va alle nove stagioni a difendere i pali della Juventus -, nel ricordare i tanti tuffi sui campi di calcio effettuati da Roberto Anzolin. A raccontare di lui, del calciatore nel ruolo di portiere, del giovane valdagnese pieno di sogni e di coraggio a fare le valigie con l’occhio lucido dalla vallata dell’Agno per trasferirsi in Sicilia al Palermo – ma puntava andare al Milan che pure lo voleva – sono Fabio e Giulio Anzolin. Dai ricordi e dal cuore raccontano poi di un papà professionista del pallone sempre “in volta” a seguire i doveri del suo mestiere e ancora di un nonno, presente con il nipotino che adorava a portarlo in giro, ad esempio “a funghi”.
Quel figlio, sì, e quel nipote. Il primo – Fabio, neononno 61enne – che ha curato i dettagli della mostra tuttora in corso (fino al 19 maggio 2024) a palazzo Villa Valle a Valdagno, il secondo – Giulio, 31enne neopapà – a trascorrere tre anni della sua vita a raccogliere dati, documenti e foto amarcord del calcio che fu per scrivere un libro biografico e illustrato su quel nonno conosciuto da tutti i valdagnesi della “vecchia guardia” e parimenti da tutti i calciofili accaniti, portiere che vestì anche la maglia azzurra della Nazionale Italia. E che fece parte della spedizione dei Mondiali 1966 in Inghilterra (sì, quello del clamoroso ko con la Corea del Nord), che vinse uno Scudetto e una Coppa Italia, che giocò con Omar Sivori e Charles che lo chiamava “Anzolino” (e tanti altri campioni del calcio degli anni ’60 e ’70) e pure contro un certo Pelè. Per tutti gli altri “e”, basta consultare il libro.
Roberto Anzolin, soprannominato in gioventù “La Zanzara” per come volava tra i pali nelle sue parate acrobatiche, è stato tra i più grandi calciatori professionisti italiani cresciuti nel Vicentino. Tanto che Valdagno, sua città natale e dove è tornato a fine carriera fedele alle sue radici con la moglie Gabriella e i due figli, di recente gli ha tributato un omaggio alla memoria di quelli che si possono a ragione definire come “imperituri”: l’intitolazione dello Stadio dei Fiori che da sabato 20 aprile vede il suo nome e cognome inciso nella targa che ora campeggia all’ingresso. Eleganza in area piccola, la sua seconda casa dove ha trascorso più tempo che nella prima come d’altronde ogni atleta che fa dello sport il proprio lavoro, indole tosta e schietta dentro e fuori, anche negli anni da allenatore.
Nato nel 1938 nella città che oggi lo celebra nel suo ricordo, Anzolin è mancato all’affetto dei familiari sei anni e mezzo fa, a 79 anni. Sin da quel giorno triste, a Valdagno si parlava di ricordarlo come si deve a un campione del calcio, mentre lo ricordavano i vertici della Figc e il club Juventus, oltre agli enti istituzionali locali e i giornali. Alla Juve 310 presenze in nove stagioni, 46 quelle internazionali, legando indissolubilmente i colori bianconeri a lui – anche se, sotto sotto, tifava il mitico Bologna di quegli anni -, ma anche Palermo per due stagioni come trampolino verso la seria A, Atalanta (con altra promozione dalla B), pure il Lanerossi Vicenza ormai già da veterano, per poi chiudere il cerchio al Marzotto Valdagno dopo le esperienze dei quarant’anni al mitico Casale (club nerostellato con uno scudetto in bacheca), Monza e Riccione, nella squadra della sua città, insieme alba e tramonto della “zanzara portiere”.
Per approfondire tra curiosità e ricordi anche intimi offerti dai discendenti del portiere che ai tempi si giocava il posto in Nazionale con William Negri ed Enrico Albertosi (debuttò in amichevole contro il Messico a Firenze, al cambio con “Ricky”), dopo aver collezionato 8 apparizioni nelle selezione “B” e nell’Under 16 negli Anni Sessanta, è disponibile il podcast della puntata n°65 di BreakPoint offerta da Radio Eco Vicentino. Per scoprire il motivo per cui Anzolin amava così tanto parlare del Santiago Bernabeu di Madrid, dove, come disse in un’intervista, una volta “parò anche i microbi”! Oppure, stavolta tra le pagine del libro, perchè preferiva allenare i pulcini: “ci guadagna il mio fegato e anche il cuore”.
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