Crolla “l’Omo” delle Piccole Dolomiti. La “Dona” rimane sola a svettare sul Monte Plische
Chiunque pratichi il trekking sulle Piccole Dolomiti e in generale chiunque ami la montagna in ogni sua sfaccettatura non potrà che sentire un “nodo alla gola” nel vedere l’immagine che sta girando da martedì mattina sui social e che ritrae l’area più fotografata del Monte Plische, sul Gruppo del Carega: la coppia di grosse pietre verticali denominate “L’Omo e la Dona” non esiste più. Uno sfregio a un simbolo della montagna nostrana che la stessa natura ha imposto.
A franare, con ogni probabilità a causa del maltempo recente, e dopo millenni di “vissuti” sempre a stretto contatto, è stato il sasso più imponente tra le due guglie fino ad oggi inseparabili: l’Omo, appunto, che fino all’alba odierna sarebbe stato ancora al suo posto. La notizia corredata di immagine a riprova è solo di poche ore fa: a rendersi conto per primo del paesaggio mutato è stato Gianluca Santagiuliana, che ha scattato e pubblicato una foto sul suo profilo, poi riportata su un post dalla titolare di un’attività di ristorazione recoarese. A crollare, insieme all’Omo, è un pezzo di storia della montagna locale.
Ad accorgersene, con comprensibile stupore di fronte alla scoperta inattesa, sarebbe stati solo poche ore fa degli escursionisti saliti sul sentiero alpino n °113 che porta il nome dialettale quanto significativo assegnato da decenni alle due pietre che sorgono a circa 1.830 metri di altitudine. Lungo un itinerario panoramico che si percorre verso il Rifugio Scalorbi, ai confini tra Vicentino – territorio comunale di Recoaro -, e Trentino, nel comune di Ala. Irriconoscibile lo scorcio, per chi cercava con lo sguardo i due “roccioni”. Il maltempo dei giorni scorsi, in particolare di venerdì 2 giugno, potrebbe aver accelerato il processo.
Migliaia gli appassionati di montana che hanno percorso il sentiero 113 salendo dalle strade di Recoaro Terme fino a raggiungere in auto Rifugio Battisti, posteggiando l’auto qui, per poi imboccare in camminata agile il tracciato che porta a “l’Omo e la Dona” dopo un paio d’ore (abbondanti) di fatica e 600 metri di dislivello prima di trovarsi di fronte alla coppia degli “Sposi in Carega” che, d’ora in poi, non sarà più visibile dal vivo in prima persona, ma da osservare solo su fotografie o da ricercare nei ricordi impressi nella memoria.