Miteni, settimana decisiva: domattina creditori in tribunale. Lavoratori in protesta
E’ una settimana di crocevia per la vicenda dell’industria chimica Miteni di Trissino oltre che – di conseguenza – per il caso della contaminazione da Pfas. Domattina in tribunale a Vicenza è in programma un incontro con i creditori (l’azienda ha dichiarato fallimento e licenziato tutti i dipendenti) e, nel pomeriggio, un faccia a faccia dei sindacati in Regione con l’assessore al Lavoro Elena Donazzan.
Le Rsu, insieme a Cgil, Cisl, Uil e i comitati ambientalisti, ieri mattina hanno tenuto un sit in a Trissino davanti all’azienda. E’ in corso una protesta dei lavoratori – 120 in tutto – per il licenziamento, che di fatto ha messo l’industria chimica al centro del caso della contaminazione da Pfas della falda in una situazione di stallo. Miteni infatti aveva avviato le operazioni di spegnimento degli impianti, e lo svuotamento dei macchinari dai prodotti chimici contenuti. Operazioni che richiedono misure di sicurezza specifiche e squadre specializzate: ma dopo l’avvio della procedura collettiva di mobilità gli operai hanno accettato solo di presidiare gli impianti garantendo la sicurezza generale, senza svolgere gli svuotamenti. Anche un incontro di “raffreddamento” ieri nella sede vicentina di Confindustria si è concluso senza esito: la società ha rifiutato il ritiro della mobilità. Proprio oggi, però, Miteni ha comunicato che il cronoprogramma per lo svuotamento degli impianti andrà avanti per nove settimane e partirà comunque (vedi la nota dell’azienda sotto) ma senza collaborazione dei dipendenti sono a rischio i prossimi stipendi. Domani i rappresentanti sindacali andranno a confrontarsi sul tema con l’assessore Donazzan.
In mattinata è in programma un altro incontro di rilievo: un faccia a faccia in tribunale tra i creditori e il commissario giudiziale nominato dal tribunale Domenico De Rosa. Il commissario nei giorni scorsi ha depositato la sua relazione, che si conclude con la constatazione che l’azienda non può proseguire con un concordato preventivo: servirebbero, secondo De Rosa, almeno 20 milioni di euro di rifinanziamento ma il socio unico proprietario di Miteni (la multinazionale chimica Icig) ha rifiutato di stanziarli. Quindi, il fallimento sembra inevitabile.
Con il fallimento è facilmente prevedibile che l’onere della bonifica del sito di Trissino – per il quale Miteni nei giorni scorsi ha depositato un progetto specifico ad Arpa Veneto – ricadrà sullo Stato. Si indignano le Mamme No Pfas, con l’azienda ma anche con tutti gli enti interessati: “A parte la Donazzan, che a quanto pare è l’unica che si sbilancia definendo una furbata la fuga che sta mettendo in atto Miteni. Tutti gli altri dove sono? Nessuno si indigna davanti a queste porcherie?? Tutte mosse più che prevedibili tra l’altro!!! Dov’è la procura? A tutti i dipendenti giunga il nostro sostegno morale e che trovino subito una soluzione innanzitutto per voi!”.
Duro anche verso la Regione il commento congiunto dei parlamentari e consiglieri regionali del Movimento 5 Stelle del Veneto: “La Miteni se ne va lasciando una bomba ecologica con la miccia innescata e Zaia non sa più a chi dare la colpa. Abbiamo chiesto alla Regione per anni di chiudere la Miteni e di far pagare all’azienda la bonifica: chi inquina paga, no? In Veneto evidentemente no, perché dalla Regione ci hanno sempre risposto picche. Ora che la Miteni chiude davvero, e che ai veneti resta un immenso pastiglione di sostanze potenzialmente nocive e un rischio sanitario e ambientale pazzesco, Zaia dice “avete visto?”. Certo, abbiamo visto che la Regione non è stata in grado di gestire una situazione che interessa centinaia di migliaia di veneti e che avrà una ricaduta ambientale enorme. Abbiamo visto che, mentre noi chiedevamo la chiusura e la bonifica del sito di Trissino a spese dell’azienda, Zaia e i suoi continuavano a non voler toccare la Miteni. Acquedotti, filtri, controlli e altre spese costosissime sono stati messi in atto nella rete idrica. Ma alla fonte del problema la Regione non si è neppure avvicinata. Anzi. Grazie Zaia, gran bel lavoro davvero. Ma noi non molliamo, c’è ancora tempo per costringere la Miteni a pagare la bonifica e fino all’ultimo secondo lotteremo perché il sacrosanto “chi inquina paga” venga rispettato anche in Veneto”.
Quanto allo svuotamento degli impianti, Miteni oggi ha inviato alla prefettura e agli altri enti interessati “il cronoprogramma che definisce quali sono i processi industriali da portare a conclusione. Il cronoprogramma – fa sapere la società – si sviluppa nell’arco di nove settimane. Il fine è quello di garantire la massima sicurezza degli impianti attraverso la lavorazione e il consumo dei prodotti nelle migliori condizioni possibili per esaurire le riserve di sostanze presenti in stabilimento. Questo programma è inoltre in grado di rendere disponibile attraverso la consegna delle lavorazioni in fase di conclusione, la liquidità necessaria per il pagamento degli stipendi dei lavoratori nei mesi di novembre e dicembre. Miteni è inoltre stata costretta a sviluppare un piano alternativo di messa in sicurezza degli impianti in assenza della collaborazione dei lavoratori. In questo caso verrebbero a mancare i ricavi dalle vendite necessari per pagare gli stipendi dei prossimi mesi e si renderebbe necessario smaltire in modo oneroso tutte le sostanze presenti in stabilimento come rifiuto, con un più articolato e complesso sistema di gestione. Auspicio dell’azienda è che a fronte di questa opportunità che prolunga l’attività dello stabilimento e il lavoro per le prossime settimane vi sia la piena adesione dei lavoratori in modo da favorire la sicurezza, ridurre l’impatto sociale e presentare un impianto in ordine e in esercizio ai diversi potenziali acquirenti che hanno manifestato interesse all’acquisto dell’azienda.”