Caccia, nuovo piano faunistico venatorio in Consiglio regionale. Ma il Pd presenta 150 emendamenti
È prevista per il 18 gennaio la discussione del nuovo piano faunistico venatorio in consiglio regionale. Un piano – licenziato a inizio settimana dalla commissione permanente Caccia e Pesca – che va sostituire quello precedente scaduto ormai da 10 anni e la cui proroga è valida fino al 30 gennaio. Soddisfatto il consigliere di Fratelli d’Italia Joe Formaggio secondo cui la calendarizzazione del provvedimento, “è la conferma della promessa mantenuta. Sappiamo già che in aula le minoranze ambientaliste daranno battaglia, ma abbiamo i numeri per dare finalmente al Veneto gli strumenti necessari per la dignità del mondo venatorio”.
E, infatti, il consigliere regionale democratico Andrea Zanoni ha già presentato ben 150 emendamenti e in base alle dichiarazioni che ha rilasciato non si fermerà a questi, ma ha intenzione di chiedere al governo di impugnare il piano non appena sarà approvato. “In corso d’opera ci sono state alcune correzioni, ma ancora insufficienti e perciò presenteremo una corposa manovra emendativa in aula. Pensiamo alla percentuale di territorio protetta: siamo al 20%, il minimo fissato per legge che prevede una ‘forchetta’ fino al 30%. Sarebbe il caso di ampliarla visto che il Veneto è la regione di attraversamento dei migratori per eccellenza di tutta Italia. Sono poi state inserite oasi tarocche, che non corrispondono ai criteri Ispra ma che tuttavia concorrono a raggiungere quel 20%, come la laguna viva di Venezia, dove certo la fauna non si può riprodurre, parte del lago di Garda o ancora l’aeroporto militare di Istrana. Di fatto, quindi, il minimo di legge non viene rispettato”, sottolinea Zanoni.
A livello provinciale il consigliere del PD evidenzia in particolare le criticità del Vicentino: “Qui il territorio protetto in pianura è di poco superiore al 5%, inoltre ci sono appena due Ambiti territoriali di caccia, contro la media di sei delle altre province, per una superficie di circa 100mila ettari ciascuno, contro i 20mila indicati da Ispra per mantenere un legame tra territorio e cacciatori, principio alla base della riforma della caccia del 1992”.
“Il Piano inoltre – prosegue Zanoni – sposta più a nord il confine storico della Zona Alpi consentendo l’invasione di doppiette da ogni parte del Veneto in aree prima contingentate e con regole più stringenti: ad esempio in Zona Alpi ci sono piani di abbattimento, è vietato il nomadismo venatorio ed è previsto numero di soci limitato per ciascun comprensorio alpino”. Per quanto riguarda poi la tutela degli uccelli migratori “uno dei punti fondamentali della legge statale è la tutela dei valichi montani per un raggio di mille metri. In Veneto ce ne sono potenzialmente una quarantina, ma in base al Piano ne viene protetto solo uno, sul monte Pizzoc nel Trevigiano, in violazione della Direttiva Ue e minando i principi fondamentali previsti dalle leggi comunitarie” incalza.
“Infine c’è il tema della possibilità di chiedere il divieto caccia nei propri terreni prevista dalla legge nazionale, con il piano che pone paletti inaccettabili, come il limite dell’1% massimo della superficie totale a livello regionale, oppure le procedure con l’obbligo di presentare il cosiddetto shapefile dei propri terreni; un file che viene prodotto da tecnici professionisti, andando inevitabilmente ad appesantire l’iter, scoraggiando i cittadini. Tutto questo è inaccettabile, a maggior ragione se pensiamo che per le pratiche dei cacciatori o allevatori la norma prevede domanda in carta semplice, allegando i normali estratti catastali”.