Covid-19, al via una nuova ricerca dell’Università di Padova sul cluster di Vo
Una nuova ricerca scientifica, al momento unica nel suo genere al mondo, avrà come protagonista l’Università di Padova e la popolazione di Vò Euganeo, il piccolo comune della provincia di Padova, già oggi case history nazionale per le modalità con le quali la sanità veneta ha affrontato l’emergenza coronavirus, isolando l’intero Comune alla comparsa dei primi due casi e sottoponendo tutti gli abitanti al tampone, riuscendo così a contenere un focolaio che avrebbe potuto diffondersi in maniera molto pericolosa in altri territori.
Quella che il Presidente della Regione Luca Zaia ha definito “l’inizio di una nuova, grande avventura” è stata presentata oggi a Marghera, nella sede della Protezione Civile regionale, in occasione del consueto punto del Governatore sull’andamento dell’epidemia di coronavirus, dai vertici dell’Università di Padova: il Rettore professor Rosario Rizzuto, il Presidente della Scuola di Medicina di Padova, professor Stefano Merigliano, il Direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’Azienda Ospedaliera di Padova, prof. Andrea Crisanti, ideatore e realizzatore della nuova ricerca. Come in ogni occasione, il Presidente Zaia era affiancato dagli Assessori Manuela Lanzarin (Sanità) e Gianpaolo Bottacin (Protezione Civile).
Questa volta, scienziati e Regione puntano ad approfondire le conoscenze finora acquisite con il lavoro sul cluster di Vò, dando risposte ancora sconosciute sulle caratteristiche del virus, su quelle delle persone infettate, sui comportamenti di covid-19 nel passare da ospite a ospite, sulla tipologia delle risposte anticorpali.
“La scienza può farci fare ancora importanti passi avanti – ha detto Crisanti – e ringrazio fin d’ora la popolazione di Vò alla quale chiediamo, su base rigorosamente volontaria, di accompagnarci con la sua disponibilità e i finanziatori istituzionali e privati che hanno di fatto già resi disponibili i 2 milioni di euro necessari. Salvo imprevisti, partiremo con i prelievi tra il 25 e il 26 aprile, per avere i primi esiti dopo 6-7 settimane e quello finale tra circa 6 mesi”.
Le fasi della ricerca saranno tre: la valutazione della risposta anticorpale, che sarà anche un ottimo test per dirimere il dibattito sulla validità dei test sierologici; il tracciamento virale; la mappatura genetica di tutta la popolazione coinvolta. Quest’ultimo passaggio fornirà una massa enorme di nuove informazioni che richiederà alcuni mesi per essere organizzata e codificata.
Tra le risposte che gli scienziati padovani si attendono, particolarmente rilevanti sono, tra le altre, la comprensione di come “si muove” il virus nella fase del contagio e in quella della malattia; la valutazione se la sequenza genetica di ogni singola persona possa influire su una maggiore o minore suscettibilità individuale al virus; con quale modalità e caratteristica covid-19 si possa modificare nel passaggio da un soggetto a un altro; quale correlazione si instauri tra la guarigione e la creazione degli anticorpi.