Gestione veneta del Covid, i comitati: “Basta omertà sulla sanità, avevamo già denunciato tutto a fine 2020”
Prosegue in Veneto il dibattito e la polemica dopo le intercettazioni, pubblicate dalla trasmissione d’inchiesta di Rai3 “Report” sulle affermazioni del presidente della Regione del Veneto, Luca Zaia, sullo scienziato Andrea Crisanti (da settembre senatore indipendente in quota Partito Democratico).
Sulla vicenda interviene la Rete dei Comitati di Cittadini Veneti in difesa della Sanità Pubblica, per “sostenere e riaffermare le denunce già espresse nel 2020 sulla gestione della pandemia Covid nella Regione Veneto”, a sostegno di quanto affermato proprio da Crisanti in questi giorni (“in Veneto c’è un regime intimidatorio”) e quanto rivelato dalla trasmissione televisiva Report dello scorso 2 gennaio.
Epidemia, Veneto che Vogliamo: “Manipolati i dati degli asintomatici per rimanere in zona gialla?”
A tale proposito il CoVeSaP (Coordinamento Veneto per la Sanità Pubblica) ricorda che il 17 dicembre del 2020 aveva presentato un esposto presso le sette procure della Repubblica delle province venete, chiedendo di verificare se fossero state poste in atto dalla Regione Veneto tutte le misure necessarie per contenere la diffusione dell’epidemia, visto che il numero dei contagiati e dei decessi erano da settimane molto più alto della media nazionale. “Nell’esposto – spiega CoveSaP in un comunicato – si segnalava la elevata percentuale dei positivi al tampone molecolare, circa il 20% dei soggetti testati, di gran lunga superiore alla media italiana; il numero dei ricoverati in terapia intensiva 349 e in area non critica 2.694, anche questi dati assolutamente sopra la media nazionale; il numero dei deceduti che in quel periodo era di più di cento al giorno; e infine che di tutte le persone mancate dall’inizio dell’epidemia, che erano 4.992, circa due su cinque, ossia 1.968, erano degenti delle case di riposo. L’esposto a quanto ci risulta è stato archiviato da tutte e sette le Procure”.
Quello che CoVeSaP contestava era in particolare la mancata attivazione della “zona rossa”, provvedimento richiesto anche da molti altri soggetti, tra cui il presidente della Provincia di Padova Fabio Bui, e adottato in Lombardia dove aveva drasticamente ridotto il numero dei contagiati e dei decessi. Si ricorderà bene che in quelle settimane della seconda ondata, l’idea di andare in zona rossa in periodo natalizio non andava giù nè alle categorie economiche nè alla Regione.
“I motivi per chiedere la zona rossa – continua CoVeSaP – sono stati ampiamente descritti in numerosi documenti, prese di posizione, poiché gli indicatori che permettevano di restare in zona gialla erano molto dubbi: i mille posti-letto di terapia intensiva, assolutamente virtuali, reali circa 700 come ammesso dallo stesso responsabile sanità veneta dottor Flor in conferenza stampa il 4 gennaio 2021 e denunciato più volte dai rappresentanti dei medici anestesisti e rianimatori; l’uso massivo dei tamponi rapidi che abbassava la percentuale dei soggetti positivi, già allora ampiamente criticati, di cui veniva contestata la documentazione scientifica a supporto e la scarsa affidabilità diagnostica, soprattutto per operatori ospedalieri e delle case di riposo; il “malfunzionamento “ del database regionale che ha classificato erroneamente, per un periodo imprecisato, i casi positivi come asintomatici”.
Non basta, la rete dei comitati per la salute pubblica sottolinea anche le critiche all’uso del denaro pubblico in maniera definita poco appropriata: “ricordiamo ‘il Sistema di tracciamento Veneto ENG-DE4Bios’ mai utilizzato, così come gli incarichi ad avvocati esterni finalizzati a querelare esponenti politici che esprimevano critiche alla gestione regionale, come il consigliere comunale Carlo Cunegato o come affermato nella trasmissione Report anche lo stesso professor Crisanti”.
In Veneto il numero più alto di pazienti Covid in terapia intensiva. Zaia: “rischio arancione”
“Ricordiamo – prosegue il comunicato CoVeSaP – che esiste una Commissione Regionale di inchiesta sulla gestione della seconda ondata della pandemia in cui sono stati auditi molti soggetti: comitati dei parenti dei deceduti in casa di riposo, comitati in difesa della sanità pubblica tra cui CoVeSaP, sindacati dei medici e degli operatori sanitari, ed altri, che hanno presentato le loro denunce e documentazione dei fatti. Auspichiamo che gli atti della commissione, come affermato, vengano inviati alla Procura della Repubblica e che questi documenti e denunce vengano attentamente vagliati, al fine di stabilire con chiarezze le responsabilità e la evitabilità dell’ecatombe della seconda ondata della pandemia di covid negli ultimi mesi del 2020 in Veneto”.
La Rete rivendica infine “la libertà di critica e di proposte da parte dei cittadini e degli operatori della sanità, perchè il confronto democratico non può essere sostituito dalle minacce e dalle querele. Oggi più che mai serve un grande sforzo per rilanciare la sanità pubblica con il coinvolgimento di tutti gli operatori sanitari e dei cittadini”.