“In Veneto misure urgenti per contenere il contagio”: appello dei comitati a Speranza e Zaia
I comitati per la sanità pubblica in Veneto scrivono a Zaia e Speranza e chiedono misure urgenti ed immediate per contenere in modo più “efficace e stringente” il contagio da virus Sars-Cov-2. E questo perché una parte dei posti letto in terapia intensiva sarebbero fittizi e non ci sarebbe il personale preparato per garantire cure efficaci.
L’appello è contenuto in una lettera indirizzata la ministro della Salute e al pesident della Regione. “In contrasto con la situazione nazionale, l’emergenza nella Regione Veneto non accenna a stabilizzarsi. Anzi” scrivono insieme le 13 realtà che rappresentano i cittadini impegnati a difese di ospedali e sanità pubblica attraverso il CoVeSaP, Coordinamento Veneto per la Sanità Pubblica.
Ricordando che in questi giorni il Veneto è stata la prima regione in Italia per numero di contagi, con un rapporto tra nuovi positivi e tamponi effettuati stabilmente molto superiore alla media nazionale,nella letta si sottolinea come questi significhi “che tra due o tre settimane, proprio sotto Natale e Capodanno, vedremo un picco di ricoveri e di morti conseguenti agli attuali nuovi casi”. I reparti continuano però ad essere sommersi di pazienti Covid. “Questa è la situazione attuale – scrivono nella lettera – in contrasto con la classificazione della nostra regione, a dispetto di ogni evidenza epidemiologica, in zona gialla e, forse, anche a causa della classificazione stessa”.
Al centro della riflessione, vi sono i numeri dei posti letto disponibili nelle terapie intensive. “L’assegnazione del Veneto alla fascia a minor rischio di contagi si basa, com’è noto, anche sui 1000 posti-letto di Terapia Intensiva dichiarati disponibili in regione. Consultando la documentazione regionale (DGR 552/20) risulta tuttavia che a maggio 2020 i posti letto di Terapia Intensiva pienamente attrezzati, compresi 44 privati, erano 559. Dovrebbero poi esserci, di nuova attivazione, 191 posti letto aggiuntivi attrezzati, ovvero forniti di almeno un respiratore, ma non è chiaro se siano forniti anche di tutti gli altri presidi tecnologici e organizzativi necessari, ovvero prese per vuoto e aria compressa, allarme ottico e acustico, impianti di aspirazione con ricambio e filtraggio dell’aria, pompe d’infusione, monitor, carrelli con defibrillatore e pacemaker esterno, oltre alla presenza h24 di personale medico e infermieristico qualificato, ovvero un dirigente medico anestesista rianimatore e due infermieri ogni 4 posti letto (come da “Autorizzazione all’esercizio e accreditamento istituzionale”, LR 22/2002, Regione Veneto, e “Autorizzazione e accreditamento delle strutture sanitarie, socio-sanitarie e sociali”, DPR 14 gennaio 1997). Nel conteggio ci sono poi 176 posti letto di terapia semintensiva riconvertibili in Terapia Intensiva, previsti dal Piano Emergenziale per l’Autunno 2020, presumibilmente dotati quantomeno di CPAP (Continuous Positive Airway Pressure), ma di cui non è chiara la restante dotazione. Infine, nella citata DGR si prevedono 90 posti letto derivati dalle sale operatorie, riconvertibili entro 36 ore. La somma porta ad un totale di 1016 posti letto. Questi numeri sono stati sostanzialmente confermati dai media anche di recente. E’ evidente, da quanto descritto sopra, che una parte cospicua dei posti letto di terapia intensiva della Regione Veneto sono più virtuali che reali e, oltretutto, affidati a personale sanitario non specializzato. Mancano infatti all’appello molti medici e infermieri rianimatori che dovrebbero gestirli”.
Il CoVeSaP, pur confermando “il rispetto delle istituzioni e il senso di responsabilità a cui si è attenuto in questi mesi”, anzi, proprio per questo, “a fronte dell’attuale situazione epidemiologica, dell’incertezza sulla reale disponibilità dei posti letto di terapia intensiva e del numero e tipo di personale sanitario specializzato effettivamente presente negli ospedali” chiede per “dovere morale” al ministro della Salute Roberto Speranza “di rivalutare con urgenza l’attuale classificazione di rischio del Veneto” e al presidente della Regione Luca Zaia “l’adozione immediata di misure urgenti di contenimento del contagio più efficaci e stringenti, che possano contenere l’allarmante diffusione dell’epidemia nella nostra regione”.
Il CoVeSaP – che si definisce partitico, indipendente e senza fini di lucro – riunisce come detto 13 comitati veneti sorti spontaneamente a difesa della Sanità Pubblica e precisamente: l’Associazione Tutela salute del cittadino e salvaguardia Ospedali di Pieve di Cadore ed Agordo e il Comitato valli Agordino, Cadore e Comelico per la Sanità Pubblica” (Belluno); il Comitato per l’art.32, quello per la difesa dell’ospedale di Adria e dei servizi socio-sanitari e quello Altopolesano dei cittadini per il San Luca, di Trecenta (tutti e tre in provincia di Rovigo); l’Associazione dei Pazienti della Riabilitazione Integrata, il Comitato Alta Padovana di Camposampiero, quello SOS Ospedale Sant’Antonio e il Movimento Lasciateci respirare della Bassa Padovana (per la provincia di Padova); il Comitato per la difesa della Sanità Pubblica Alta Marca (Treviso); il Movimento per la difesa della Sanità Pubblica Veneziana; il Comitato Sanità Pubblica Alto Vicentino e il Comitato per la difesa dell’ospedale Fracastoro di San Bonifacio (Verona).