Padova, l’addio a Giulia tra fiocchi rossi e lacrime. Il papà: “insegnaci a danzare sotto la pioggia”
Il pensiero di migliaia di italiani va oggi a Padova, la città in cui Giulia Cecchettin studiava e coltivava i suoi sogni di giovane donna, e dove si sarebbe laureata – nel corso triennale in Ingegneria Biomedica – se cinque giorni prima di quel giorno speciale non avesse incontrato Filippo Turetta, il suo omicida. Custodisce un valore simbolico l’ospitalità della “città del Santo” dove si recava quasi ogni giorno, insieme tanti giovani sognanti come lei, ma anche un’esigenza concreta: la scelta di Prato delle Valle e della Basilica di Santa Giustina, uno degli spazi pubblici più capienti d’Europa, per mostrare quanto dolore provoca la violenza e, di contro, quanta solidarietà e voglia di dire “basta”.
Annunciato tra le autorità politiche istituzionali il Ministro Carlo Nordio, in rappresentanza del Governo, al suo fianco il Presidente Regione Veneto Luca Zaia, che ieri ha proclamato il lutto regionale. L’Università di Padova ha disposto la sospensione delle lezioni per oggi in tutti gli atenei, in segno di rispetto della laureanda uccisa dall’ex fidanzato, alla quale sarà con ogni probabilità assegnata la laurea ad memoriam in futuro. Tanti nastri e fiocchi rossi e i segni sul viso tra la gente comune, seminascosti tra berretti e sciarpe per il gelo intorno al sagrato.
Presente alla funzione la squadra di soccorritori volontari che ha trovato il corpo di Giulia, compreso Jager, il cane da ricerca persona che l’ha individuata vicino al lago di Barcis. In 10 mila, oggi, sono attesi per l’ultimo saluto a Giulia, nel giorno del suo funerale, solo un decimo dei quali troveranno posto di fronte all’altare, alle 11, all’ingresso del feretro. Prima il silenzio e poi applausi scroscianti all’arrivo della bara bianca, con adagiato un mazzo di fiori gialli, il suo colore preferito. Una gigantografia analoga a quella affissa nel paese natale di Giulia raffigura un’immagine sorridente di lei sulla parete della chiesa.
La piccola Vigonovo, in provincia di Venezia, paese dove la studentessa 22enne ha vissuto fino allo sciagurato compiersi del delitto che l’ha vista come vittima. Non poteva contenere il dolore e insieme la vicinanza di una folla simile. Le esequie pubbliche sono trasmesse in diretta su più canali televisivi nazionali e radiofonici. Tutta l’Italia piange insieme al cielo carico di pioggia insieme al papà Gino, alla sorella Elena e al fratello minore, e agli affetti della ragazza veneta la cui anima ha raggiunto quella della madre Monica, mancata un anno fa per malattia (aveva 51 anni). Palpabile la commozione che si percepisce dalla gente comune all’esterno della basilica. I posti a sedere allestiti sono 1.150 all’interno del luogo sacro che ospita oggi le esequie. Chi non avrà accesso al luogo sacro prenderà invece posto all’aperto in piedi nella grande piazza, dotata di maxischermo a Prato della Valle.
Presenti circa 400 esponenti delle forze dell’ordine. La cerimonia è officiata dal vescovo di Padova Monsignor Claudio Cipolla, con 25 presbiteri a concelebrare. Sono 40 i posti nelle prime fila riservati alla famiglia, circa 300 quelli assegnati alla cerchia di amici, compagni di scuola e di Università. Un centinaio i sindaci, pure da fuori Veneto, tra loro il primo cittadino di Bari presidente dell’Anci. Tante le riflessioni su cui basarsi per dare seguito e un credito a quel “mai più” che si legge oggi come nei giorni scorsi, da spogliare dalle vesti di slogan e rivestire di concretezza.
La passione per la vita. Attesa, speranza e amore, sono tre le parole chiave espresse dal messaggio del celebrante all’avvio della cerimonia. “Non avremmo voluto vedere quello che i nostri occhi hanno visto né avremmo voluto ascoltare quello che abbiamo appreso nella – così ha esordito nell’omelia il vescovo di Padova, Mons. Cipolla -. Per sette lunghi giorni avevamo atteso, desiderato e sperato di vedere e sentire cose diverse. Ed invece ora siamo qui, in molti, con gli occhi, anche quelli del cuore, pieni di lacrime e con orecchi bisognosi di essere dischiusi ad un ascolto nuovo. Abbiamo bisogno di parole e gesti di sapienza che ci aiutino a non restare intrappolati dall’immane tragedia che si è consumata, per ritrovare anche solo un piccolo spiraglio di luce”.
Segue un richiamo e insieme l’esortazione per cui si faccia di case, piazze, aule di scuola luoghi dove poter difendere i diritti dei più deboli e creare le condizioni per una vita sociale e individuale all’insegna della giustizia e della libertà. “Il sorriso di Giulia mancherà al papà Gino, alla sorella Elena e al fratello Davide e a tutta la sua famiglia; mancherà agli amici ma anche a tutti noi perché il suo viso ci è divenuto caro. Custodiamo però la sua voglia di vivere, le sue progettualità, le sue passioni. Le accogliamo in noi – chiude il vescovo – come quel germoglio di cui parla il profeta. Perché desideriamo insieme attendere la fioritura del mondo nel quale finalmente anche i nostri occhi saranno beati”.
“Ci ha travolto una tempesta terribile – ha esordito così Gino Cecchettin, al microfono -, Giulia era allegra, vivace, una combattente e che si era guadagnata il titolo di ‘mamma’ in casa dopo la perdita di mia moglie. Mi rivolgo agli uomini: noi per primi dobbiamo essere agenti del cambiamento, per prevenire la violenza di genere. Anche noi non dobbiamo voltare la testa di fronte ai segni di violenza. La prevenzione inizia nelle famiglie”. Poi la lettura di una poesia di Gibran.