Marmolada, trovati i resti di altri escursionisti, potrebbero essere i dispersi vicentini
Potrebbero essere degli escursionisti vicentini i resti di almeno due persone trovati nel primo pomeriggio di oggi sulla valanga in Marmolada. L’ipotesi è che si tratti dei corpi di alpinisti appartenenti alla stessa cordata. A rintracciarli, i quattro droni (due del Soccorso alpino veneto e altri due dei vigili del fuoco di Trento) che oggi stanno setacciando la zona colpita dal distacco di ghiaccio di domenica pomeriggio, che ha travolto chi stava transitando, poco prima delle 14, la via normale per salire sulla cima.
Le vittime accertate salgono a 9. Due in più rispetto a ieri, di cui 4 riconosciute dai famigliari e 5 non identificati. I feriti sono 7: 4 ricoverati a Trento, 3 in ospedali veneti. Lo ha detto il presidente della Provincia di Trento Maurizio Fugatti.
All’identità dei resti rinvenuti oggi si aggrappano le speranze dei parenti dei dispersi di poter almeno seppellire i propri cari. Come i due figli e i familiari di Davide Miotti e Erica Campagnaro di Cittadella, di Emanuela Piran di Bassano del Grappa e del compagno Gianmarco Gallina di Montebelluna (entrambi di 36 anni).
Davide (51 anni) ed Erica (44) lasciano due figli, una ragazza di 24 anni e un adolescente di 16: il Cai ha avviato una raccolta fondi in loro favore. Davide, da sempre appassionato di montagna e titolare del negozio di articoli sportivi Up and Down Sports a Tezze sul Brenta, ne ha fatto una professione per molti anni. Domenica la coppia era salita sulla Marmolada per accompagnare proprio Gianmarco e Emanuela, una uscita sotto la guida esperta proprio di Davide. Gallina, geometra originario di Montebelluna, era residente con la compagna a Villa d’Asolo (Treviso): aveva conosciuto Emanuela, impiegata, nell’azienda edile di Bassano dove lavoravano entrambi. A ricordarla è il padre Gianni: “Mia figlia è cresciuta a pane e Marmolada. Lei e il suo compagno erano sempre qua. La settimana scorsa erano sui monti a fare parapendio”.
I genitori di Nicolà Zavatta ormai hanno perso ogni speranza
Non hanno più speranze, i genitori e la sorella di Nicolò Zavatta, lo studente universitario 22enne di Barbarano Mossano,che domenica era salito sulla Regina delle Dolomiti insieme ai due vicentini di cui son già stati riconosciuti i resti: Filippo Bari, 28 anni di Malo, e la guida alpina valdagnese Paolo Dani, che proprio oggi di anni ne avrebbe compiuti 52. Con loro c’era anche l’amico 27enne Riccardo Franchin, ricoverato ancora in terapia intensiva all’ospedale di Trento con un forte trauma addominale ed escoriazioni su tutto il corpo.
“Il padre di Nicolò mi ha raccontato che i ragazzi erano saliti con Dani ancora sabato – spiega il sindaco di Barbarano Mossano Cristiano Pretto – e già il primo giorno avevano effettuato una uscita in Marmolada. Era una due giorni che prevedeva anche dei momenti di formazione. Aveva sentito Nicolò venti minuti prima della disgrazia, verso le 13,20, e gli aveva raccontato che stavano per iniziare una sessione di formazione per saper cosa fare nel caso in cui un compagno cada in un crepaccio”. La famiglia ha perso ormai ogni speranza di ritrovare vivo il 22enne e vive in una bolla, nell’attesa di notizie certe. “Ieri pomeriggio i familiari sono stati sottoposti al prelievo del Dna e oggi sono tornati in paese, in attesa di notizie. Come amministrazione abbiamo sospeso attività previste per domani in paese. Il padre mi ha raccontato che Nicolò ci teneva ed essere un alpinista, più che un escursionista, ma era consapevole dei rischi: andava via sempre insieme a scalatori esperti. Un ragazzo pieni di interessi, a partire dalla musica, il teatro e il ciclismo.
Ieri nel pomeriggio era stata confermata la notizia che 8 delle 13 persone che si temevano disperse, soprattutto straniere, erano state rintracciate dalla compagnia dei carabinieri di Cavalese, in collaborazione con le autorità della Provincia autonoma di Trento e della Regione Veneto. I 5 dispersi sono tutti di nazionalità italiana. Continua intanto l’azione di riconoscimento delle 7 vittime accertate, accanto alle operazioni di monitoraggio e recupero. Questa mattina la situazione era questa: i familiari hanno riconosciuto l’ultimo degli 8 feriti che non era stato ancora identificato. Il numero dei ricoverati scende peraltro a 7: ieri in giornata è infatti avvenuta una dimissione. 4 a stamane le vittime riconosciute ufficialmente, tutte di nazionalità italiana, mentre altri due corpi sono in fase di riconoscimento (in attività di conferma dalle autorità consolari). Infine, attraverso articolate verifiche, sono stati individuati i proprietari e gli utilizzatori delle autovetture parcheggiate all’imbocco dei sentieri che portano al ghiacciaio. Tutti risultano negli elenchi in possesso delle forze dell’ordine.
Tutti i punti di accesso alla montagna sono chiusi per motivi di sicurezza. È dunque interdetto anche l’accesso all’area compresa tra Punta Serauta e la Forcella Marmolada, cui sia accede dalla Val Contrin, secondo quanto previsto dalle ordinanze dei tre Comuni di Canazei, San Giovanni di Fassa e Rocca Pietore (Belluno). Sul posto sono stati installati cartelli di divieto di accesso e transito. È stato inoltre disposto il presidio di Passo Fedaia da parte di Polizia locale e Corpo forestale del Trentino. Lo ha comunicato il sindaco di Canazei, Giovanni Bernard, al termine della riunione di coordinamento interforze, che si è tenuto questa mattina presso il centro operativo comunale. Il presidente del Corpo nazionale del Soccorso alpino e speleologico, Maurizio Dellantonio, incontrando la stampa ha confermato la prosecuzione delle operazioni di ricerca, che si svolgono per ora esclusivamente attraverso l’impiego di droni. La priorità è di garantire l’incolumità degli operatori sul campo. Le condizioni della parte superiore della montagna vengono monitorate dal personale della Protezione civile della Provincia autonoma di Trento, anche attraverso l’impiego di interferometri e radar doppler, ossia speciali apparecchiature di monitoraggio che misurano i movimenti della parete ghiacciata.