Poca neve e caldo: la crisi climatica impone di ripensare la montagna? Mobilitazione anche in Veneto
La richiesta di un turismo più responsabile, la volontà di coltivare un’idea di sport invernale slegato dalla predominanza dello sci da discesa con grandi impianti a corredo: l’idea insomma di ri-immaginare l’inverno e la montagna in una chiave di maggior sostenibilità.
È così che con una marcia silenziosa anche in Veneto centinaia di persone si sono date appuntamento nel weekend appena trascorso per chiedere un cambio di passo ad amministrazioni e gestori soprattutto per dire ‘no’ a nuovi impianti a fune e ‘no’ alla neve artificiale. E’ avvenuto all’interno della mobilitazione nazionale ‘Reimagine winter‘ che si è svolta in 12 luoghi in 9 diverse regioni italiane, da Piemonte all’Abruzzo. Associazioni, comitati, gruppi spontanei e singoli attivisti si sono radunati per ribadire – insieme – che un futuro diverso, slegato da logiche socio-economiche anacronistiche, non solo è possibile ma è diventato assolutamente necessario. Fra le realtà aderenti, Mountain Wilderness, i Giovani del Cai, Italia Nostra, WWf e Legambiente.
Una presa di posizione netta ma in linea con un contesto climatico che ha visto negli anni sempre più ridurre le precipitazioni nevose ormai relegate a quote medio-alte: non a caso l’Italia si stima essere il paese alpino più vincolato alla dama bianca formato artificiale, con un pesante 90% di piste innevate ad hoc.
Ma non finisce qui: come hanno fatto notare gli attivisti che si sono dati appuntamento ad Arabba (la località sciistica in provincia di Belluno dove c’è il progetto di costruzione della stazione di collegamento con Cortina), il problema non riguarderebbe solo l’enorme spreco di acqua ma anche di energia.
Secondo l’indagine di Legambiente ‘Nevediversa 2023‘, infatti, sarebbero 96 milioni e 840mila metri cubi di acqua quelli necessari per l’innevamento, che corrispondono all’incirca al consumo idrico annuo di una città da un milione di abitanti: sommati ad un consumo energetico stimato tra i 4 e i 6 mila kilowattora per ettaro.
Cifre da capogiro che cozzano non solo con la crisi energetica, ma anche con quella economica: numeri che, ciononostante, hanno visto nel nostro paese nella stagione ormai in chiusura ben 249 impianti dismessi e 138 restare, almeno temporaneamente fermi.
Quesiti e realtà non distanti anche dalla nostra montagna: soltanto i primi di gennaio, dal Comune di Gallio sono partiti oltre cento camion in soccorso – in questo caso di neve fresca – per scongiurare la chiusura degli impianti del comprensorio Kaberlaba e Centro Fondo Asiago.
Secondo i promotori delle manifestazioni di domenica scorsa un “accanimento terapeutico fuori da ogni logica”: un tutto, dappertutto e ad ogni costo che getta ombre lunghe anche sulle Olimpiadi Milano – Cortina ormai in rapido avvicinamento.
Come dimenticare, a proposito di paradossi a tutti i costi, il caso limite di Albettone: l’allora sindaco Joe Formaggio sostenne il progetto di una pista sintetica lunga 120 metri e larga 15, formata di un particolare tipo di polistirolo dove si sarebbe potuto sciare tutto l’anno: un condizionale quantomai obbligatorio dato che il sogno in bianco sui Colli Berici è durato appena due anni prima di naufragare.