Sanità, “Lora (Sindacato Medici del Veneto): “C’è stata una politica di saccheggio dei posti di lavoro nel pubblico”
La riduzione dei posti letto, l’aumento del massimale dei pazienti in carico ai medici di medicina generale, la crisi della continuità assistenziale, il tutto fatto passare come efficienza nelle spese: una vera e propria “politica di saccheggio” dei posti di lavoro dei medici nella sanità pubblica. Parole forti, quelle usate dai vertici del Sindacato Medici Italiani del Veneto, che sabato 28 maggio ha tenuto il congresso regionale all’Hotel Viest di Vicenza, nel quale la valdagnese Liliana Lora è stata confermata alla carica di segretario regionale.
Una presa di posizione che viene dopo la polemica fra la Federazione dei Medici di Medicina Generale, entrati un paio di settimane fa in rotta di collisione con la Regione dopo l’approvazione definitiva degli emendamenti alla legge ordinamentale in materia di politiche sanitarie e sociali, che ha introdotto, tra le altre cose, la possibilità per i medici iscritti ai corsi di formazione in medicina generale di avere già dal primo anno incarichi temporanei fino a mille assistiti, che diventano 1.200 a partire dal secondo anno. La critica, in particolare, in quel caso riguardava la mancanza di confronto.
Ora rincara la dose lo Smi regionale. “Siamo transitati nell’emergenza Covid lasciando sul campo più di 300 colleghi. Abbiamo sopportato attacchi mediatici, politici e, da parte dei pazienti, perfino fisici. Stiamo tenendo duro esercitando la nostra professione al meglio di quel che è possibile, con i mezzi che abbiamo” spiega Liliana Lora.
“Tutte le aree professionali mediche nel Veneto – sottolinea la segretaria regionale – hanno subito in questi anni la politica di ‘saccheggio’ del numero di posti di lavoro: posti letto al minimo rispetto alle altre regioni (3,4 per mille abitanti), massimale per l’assistenza primaria già a 1500 anziché i 1200 da ottimale previsto dall’Accordo Collettivo Nazionale, un rapporto di continuità assistenziale (guardia medica) per abitanti di 1/6.500 anziché 1/5.000 sempre come previsto dall’accordo nazionale del settore. Tutto questo per ottenere il ruolo di Regione benchmark per la sanità, al grido di massimo risparmio”. Essere regione benchmark significa essere il punto di riferimento per determinare i costi standard in sanità utili per arrivare a stabilire le quote di riparto del Fondo sanitario nazionale: sono le Marche, l’Umbria e il Veneto).
Tuttavia, sembra dire lo Smi, non è tutto oro quello che luccica, dietro questa promozione del Veneto a primi della classe. “Le condizioni di lavoro dei professionisti – spiega Lora – sono via via peggiorate: turni disumani, blocco dei turnover, scarsità di borse per la specialistica e per la scuola di formazione in medicina generale. Tutto ciò era stato denunciato ai tavoli regionali già da anni dallo Smi, e a volte come unica voce nel merito”.
“Nel 2017 – prosegue la responsabile della segreteria regionale dello Smi – abbiamo stimolato la formazione di un’intersindacale che ha portato allo sciopero con parziale sblocco delle forme associative che venivano ingessate in regione. Due mesi fa però siamo dovuti tornare ad indire uno stato di agitazione, questa volta insieme a Snami. Il sindacato di maggioranza ha pensato che sarebbe arrivato a governare questo sfacelo con una placida e lenta contrattazione attendendo che scoppiasse l’emergenza. Non siamo stati aiutati nelle nostre rivendicazioni, ma siamo arrivati comunque sia a livello nazionale che regionale, riuscendo a dare uno scossone alla palude degli accordi dietro ai tavoli che ci vedevano sempre esclusi. Siamo, infatti, diventati interlocutori della Regione Veneto per il problema delle carenze e ci siamo guadagnati l’audizione in V Commissione Sanità della Regione”.
“Siamo per una soluzione rapida delle carenze dei medici, ma opponendoci all’uso della Continuità Assistenziale che si vorrebbe posizionare ovunque tranne che nella sua sede naturale come previsto dai Livelli Essenziali di Assistenza e dalle delibere regionali. Abbiamo proposto l’innalzamento del numero assistiti per i medici in formazione del primo anno che ottengono incarico temporaneo, studiando i modi di inserimento e di tutoraggio e chiedendo che venga loro riconosciuta l’attività come tirocinio formativo. Avevamo proposto che volontariamente si possa innalzare il massimale ma con personale ed adeguato riconoscimento economico per chi da tale disponibilità. Abbiamo, inoltre, chiesto personale per ogni medico indipendentemente dal numero di assistiti”.
“Siamo il sindacato che fortemente difende la necessità di tutele per i convenzionati ed in special modo per la componente femminile che ormai diventa preponderante in tutte le regioni, come il recente sciopero di 2 giorni che abbiamo promosso, e che ha coinvolto molti colleghi, ha dimostrato”.
“Cosa ci proponiamo per il futuro? Stimolare la parte pubblica – prosegue Liliana Lora – affinché nel prossimo inquadramento contrattuale siano previste delle tutele per la nostra categoria: per la malattia, l’infortunio, la maternità, l’accudimento. Portar a casa l’apertura verso i giovani, rendendo appetibile l’inserimento nella medicina generale pubblica e prevenendo la fuga verso i contratti libero professionali con enti privati, poi accreditati. Liberare il lavoro dalle spese di gestione che depauperano i nostri emolumenti. Creare via di accesso per chi intende svolgere questa professione e riportare i numeri della dipendenza a livelli di reali necessità dell’utenza, che ha diritto ad avere medici specialisti che operano in serenità e con criterio di presa in carico senza sovraccarichi di turni e monte ore”.
“Vogliamo creare, nella nostra regione, un gruppo di giovani che si formano anche tenendo e conto delle prospettive più recenti della visione sulla professione, aumentando la qualità dell’assistenza, che rappresenta la soddisfazione del professionista. Ce la faremo?” Si chiede Lora che conclude ricordando l’impegno a creare “come abbiamo già fatto a volte, sinergie con le altre sigle, ma senza mai diventarne gregari”.