Acconciatori ed estetisti post pandemia, due imprese su tre ancora sotto regime
Dall’inizio dell’emergenza sanitaria, scoppiata nel 2020, ci sono ancora molte imprese che fanno i conti con un volume di lavoro nettamente inferiore rispetto all’anno 2019. Tra i settori più colpiti spiccano i servizi relativi al benessere quali parrucchieri ed estetisti. Il lockdown, con il divieto di uscire di casa, ha portato al crollo della spesa da parte delle famiglie e la ripresa del 2021, sicuramente importante, non ha però riportato il regime d’affari ai livelli pre-Covid. Ora l’aumento dei costi aziendali, guidato dal caro energia, preoccupa gli imprenditori del settore che temono una ricaduta economica che potrebbe costare cara a molte piccole aziende.
Per fotografare lo “stato di salute” del settore, Cna Veneto Ovest ha condotto un’indagine presso gli acconciatori ed estetisti. Dai risultati è emerso che le imprese vicentine che hanno chiuso il 2021 con un fatturato inferiore al pre-pandemia sono il 61,4% del totale. Tra queste il 19,4% ha dovuto provvedere ad un ridimensionamento strutturale. Sul fronte opposto, il 31,8% delle imprese ha recuperato in pieno la propria redditività e il 6,6% ha addirittura fatto meglio rispetto al 2019. Le opinioni degli imprenditori si polarizzano: alcuni si concentrano sul clima di incertezza e sulla compressione dei consumi che ne può derivare (43,7% delle risposte), dall’altro sull’aumento dei costi d’esercizio (31,5%). Proprio l’aumento dei costi (dell’energia in primo luogo, ma anche dei prodotti utilizzati) costringerà le imprese a rivedere i listini. Si tratta di una scelta che la maggior parte degli operatori (il 53,1% del totale) ritengono inevitabile, ma che non vivono con leggerezza. Sono infatti consapevoli che l’esposizione alla concorrenza irregolare (fonte di preoccupazione per il 14,0% delle imprese), a fronte di ciò potrebbe aggravarsi.
Il 66,1% delle imprese che dispongono di personale dipendente (più della metà delle aziende intervistate) riferisce di rapporti “consolidati e durevoli” con i lavoratori che operano nei loro saloni. Un ulteriore 19,6%, pur dichiarandosi soddisfatto, vede un problema di consolidamento dei rapporti a fronte delle attuali incertezze economiche. Il 14,3% denuncia delle difficoltà nel reperire risorse umane adeguate alle esigenze.
Il 68,7% degli imprenditori ha intenzione di partecipare a corsi di formazione professionale entro la fine dell’anno. Il 41,7% pensa di coinvolgere in questi processi anche i propri dipendenti. Si tratta di una scelta “voluta” più che “dovuta”, dettata soprattutto dall’esigenza di migliorare le proprie competenze e differenziare la propria offerta. Pur in un quadro caratterizzato da elementi di incertezza e da un conclamato aggravio di costi, le imprese si mostrano intenzionate ad avviare azioni di rafforzamento della loro offerta e della loro capacità competitiva. Non a caso circa la metà degli operatori intende aumentare lo standard dei servizi offerti e il 42% vuole dedicare maggiore attenzione alla sfera del marketing. Per contro, solo il 12,3% delle imprese si dichiara al momento priva di una intenzionalità precisa o di strategie definite.
Al netto della formazione (ritenuta un asset fondamentale dalla maggioranza degli intervistati), molti operatori vogliono continuare a investire. Il 17,9%, ad esempio, vorrebbe rinnovare i locali entro l’anno, e il 27,2% ha già deciso di dotarsi di nuove attrezzature o macchinari. Si tratta di dati da non sottovalutare che attestano una buona fiducia nella propria capacità di presidiare/orientare il mercato, considerati anche i costi energetici a cui potrebbero risultare esposti (al riguardo non si può trascurare che l’incidenza della spesa energetica sui costi aziendali è sostanzialmente raddoppiata nell’ultimo anno per tutte le aziende italiane). In materia di investimenti, in particolare nel marketing e nella gestione dei clienti, si rileva che l’81,3% delle imprese è attiva sui social network, il 43,2% dispone di un sito internet aziendale e il 37,3% utilizza specifici software o applicazioni nelle relazioni con i clienti. A quest’ultimo riguardo si segnala che il 15,8% delle imprese che non ha ancora adottato queste soluzioni pensa di farlo nel prossimo futuro.
La capacità di “coltivare le relazioni” sembra essere un tratto accumunante delle professioni del benessere. Vale nel rapporto con la forza lavoro, ma anche rispetto alle ragioni dello scambio con la propria clientela. Con l’acconciatore e l’estetista si configura spesso un rapporto fiduciario e a volte addirittura confidenziale. Si tratta di valori intangibili di notevole importanza e non stupisce che questi imprenditori possano diventare un riferimento stabile per le persone che si rivolgono a loro. Non è un caso che, durante il confinamento causa Covid, la privazione di questi servizi era considerata dagli italiani tra le più avvertite, come ha rilevato una indagine del Censis. Il 56,1% degli operatori intervistati individua quindi nella “soddisfazione del cliente” la vera “forza motrice” della propria professione, molto più della realizzazione delle proprie aspirazioni imprenditoriali (23,1%), della possibilità di esprimere forme di creatività (16,2%), degli stessi ritorni economici dell’attività aziendale (7,7%).
«Le difficoltà non mancano – osserva Giorgio Pillan, presidente Acconciatori CNA Veneto Ovest – ma dall’altra parte c’è anche tanta voglia di tentare nuove strade per trovare soluzioni. Sicuramente la pandemia ci ha insegnato molto da questo punto di vista, per cui sono convinto che con la giusta attenzione all’importanza di investire e formarsi sapremo neutralizzare almeno in parte i problemi con cui dovremo continuare a misurarci anche nei prossimi mesi. Dobbiamo essere autorevoli nell’esporre la nostra professionalità all’Interno del salone e trovare il coraggio per affrontare qualsiasi tipo di cambiamento decidiamo di mettere in atto».
“Gli strumenti a disposizione ci sono – spiega Valeria Cazzola, presidente regionale Estetica CNA –, come i contributi Ebav o i Fondi Interprofessionali, che le imprese spesso si lasciano sfuggire perché non sanno che esistono. Sono tutti contributi che possono alimentare un percorso di sviluppo imprenditoriale fondamentale per permettere all’impresa di superare questa fase ancora critica e uscirne più forte”.