Aggressione medico San Bortolo, Guarda (EV): “Frustrazione latente ma violenze inaccettabili”
Nessuna giustificazione di fronte ad un atto di violenza sfociato in aggressione ieri al pronto soccorso dell’ospedale San Bortolo di Vicenza, da parte del familiare di un paziente in cura e nei confronti di una donna medico, ma anche la necessità di andare a fondo per capire i motivi di questi eccessi di rabbia e frustrazione sempre più frequenti. Come ammonisce la consigliera regionale vicentina Cristina Guarda, di Europa Verde, da sempre critica nei confronti della gestione della sanità veneta della giunta Zaia.
Appare infatti ormai all’ordine del giorno moltiplicarsi di casi in Veneto di alta tensione nei reparti ospedalieri – questa volta in Ulss 8 Berica che proprio domenica aveva attivato una vasta campagna di sensibilizzazione sul tema con tanto di video e stand informativi – con il personale sanitario preso di mira da utenti e cittadini. Minacce, insulti, talvolta aggressioni fisiche, come avvenuto ieri. Con, a quanto emerge il giorno dopo il fatto del San Bortolo, un tentativo di strangolamento sventato solo grazie all’intervento di colleghi infermieri della dottoressa “presa per il collo”. Per quest’ultima 10 giorni di prognosi, per l’assalitore una probabile denuncia per lesioni personali dopo l’arresto in flagranza. Si tratta di un vicentino di 34 anni, che assisteva il padre anziano ricoverato.
Stamattina intanto davanti al San Bortolo è andato in scena un sit-in di protesta da parte di medici, Oss e infermieri. “Non ci stancheremo di denunciare politicamente la situazione degli ospedali veneti – tuona Guarda – sempre più traballante a partire dai Pronto soccorso, perché quando la macchina si inceppa la rabbia rischia di esplodere. In sanità, questo significa il rischio che la frustrazione dei pazienti che non trovano risposte si traduca in aggressioni inaccettabili ai danni di medici e infermieri. Pertanto, continueremo ad attivarci per sollecitare la Regione affinché affronti e risolva una volta per tutte i problemi di sistema ormai cronici, come la fuga dei medici che non trovano più condizioni attrattive in sanità e il depauperamento delle strutture che non hanno posti letto adeguati”.
Secondo la consigliera di opposizione nell’ente regionale le misure abbozzate in queste ore non costituiscono un deterrente adeguato vista la recrudescenza di atti inconsulti negli ospedali. “I corsi di autodifesa di Luca Zaia e dell’assessore Manuela Lanzarin – evidenzia – non possono essere la soluzione per fermare le aggressioni, anzi, in questo modo il rischio è far percepire il clima di violenza latente come in carcere. La questione salute diventerà problema di conflitto sociale se continuiamo a pensare a soluzioni rivolte alla repressione anziché nella cultura, con la contrazione dei servizi in maxi ospedali, una riduzione posti letto senza la necessaria riorganizzazione gestionale che renda gli ospedali una sede di lavoro attrattiva per i professionisti e sicura per tutte e tutti”.
Cristina Guarda esige quindi riflessioni più profonde e dei “mea culpa” che portino a una riforma strutturale della sanità veneta. “La Regione Veneto – conclude la donna – utilizza la carenza dei medici come una scusa per giustificare le errate scelte di programmazione, dopo aver voluto schede ospedaliere che cancellano lungodegenze e rendono a pagamento il servizio intermedio tra ospedale e casa. Rivolgo un appello a tutti i cittadini stanchi di questa situazione: invece di covare e reprimere la nostra frustrazione, che prima o poi scoppierà, usiamola per fare il nostro bene, esigendo dal presidente Zaia ed i suoi azioni per la sanità pubblica, non privata”.