Amministratrice infedele e recidiva, spese e vacanze con i bancomat degli anziani: la prossima sarà in carcere
Raggirava sistematicamente persone fragili – che si fidavano ciecamente di lei – per intascarsi del denaro e garantirsi uno stile di vita agiato, e per di più infischiandosene delle indagini sul suo conto di cui era già ampiamente e da tempo al corrente. Ne sono convinti gli investigatori della Questura di Vicenza, che nei giorni scorsi hanno fatto scattare le manette ai polsi di una 60enne vicentina. E non si tratta del primo doppio clic, per lei.
Le sue iniziali rese note sono R.C., di “professione” amministratrice di sostegno, che a quanto emerge dovrà definitivamente chiudere bottega almeno per i prossimi 4 anni e 6 mesi: è l’esatto ammontare della pena che dovrà scontare in carcere, come espiazione per i reati penali commessi, ai danni di persone che doveva supportare e proteggere proprio per “definizione” del ruolo che ricopriva. Anziani per lo più, ai quali avrebbe spillato decine di migliaia di euro in solido, oltre a ricevere un compenso per i suoi “servigi”.
Si parla in questi casi di peculato, contemplato nell’art. 314 del Codice Penale, in pratica una condotta assimilabile alla truffa condotta con l’aggravante di ricoprire prerogative di un pubblico ufficiale. La donna vicentina si sarebbe quindi appropriata di denaro e/o beni, mettendoli nella propria disponibilità diretta. E traendone beneficio. Un tempo condizionale che, oggi, va “spazzato” via dalle sentenze dei giudici, con il personale di polizia di Stato a rendere esecutivo l’arresto. Il nome della donna ora in carcere nella struttura di Montorio Veronese risulta citata tra i collaboratori del Comune di Vicenza all’interno di un progetto di sostegno ai malati di Alzheimer, dal 2011.
Una “lunga vacanza” quella intrapresa dalla condannata che segue ad altre nell’album dei ricordi, spesso trascorse nel lusso, come recita la nota allegata alla notizia dell’arresto. L’attività di R.C., in ogni caso, per quanto avesse nel Vicentino il proprio focus principale – è nata e cresciuta in città -, si era estesa nel Triveneto e anche in altre regioni. Risulta non a caso coinvolta in altri incresciosi abusi nelle città di Trento, Trieste,, Brescia, Padova, La Spezia e Mantova. Il suo modus operandi è stato ricostruito nei vari passaggi dell’inchiesta che l’ha vista imputata: i contatti con le associazioni di volontariato, la presentazione di un curriculum vitae irreprensibile, l’assegnazione degli incarichi sempre più frequenti dai Tribunali del Nord Italia fino ad arrivare alle “chiavi in mano” dei conti correnti delle persone fragili su cui fare da garante.
Divenuti nella sua mani rubinetti a cui attingere liberamente, attraverso prelievi il più delle volte ingiustificati, attraverso le tessere bancomat con i codici pin da lei ben conosciuti. Una condotta che, a partire dal 2016, aveva però mostrato le prime falle e tanta fiducia prima affidategli dai familiari è stata sostituita poi dalla diffidenza e da una serie di denunce – e sentenze – dopo che più di qualcuno tra loro aveva compreso la ragione di (troppi) tanti ammanchi di denaro in conto corrente.