Antibioticoresistenza, 10 mila morti in Italia: Ulss 8 in campo. Il rischio allevamenti intensivi

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Foto da Freepik

“Morto per un’infezione”: è uno di quei titoli giornalistici che capita di leggere sempre più spesso con sgomento. Senza soffermarsi a sufficienza, forse, sul perché succede. Eppure quella dei germi resistenti agli antibiotici è una minaccia sempre più insidiosa, perché nasce dall’utilizzo – o meglio, dall’abuso – di ciò che è anche una cura: gli antibiotici, appunto. E non solo in in caso di malattia ma anche in ambito veterinario.

“Il tema è ancora poco conosciuto dalla popolazione, ma rappresenta una minaccia concreta e molto grave per la salute pubblica – spiega Patrizia Simionato, direttore generale dell’Ulss 8 Berica -. Per questo motivo come azienda siamo da tempo impegnati in un programma di iniziative articolate per favorire l’utilizzo appropriato degli antibiotici, attraverso attività di formazione e consulenza ma anche azioni di sensibilizzazione rivolte direttamente ai cittadini. E’ importante che anche la popolazione sia a conoscenza dei rischi derivanti dall’assumere antibiotici con troppa leggerezza o comunque senza seguire in modo accurato le indicazioni del medico”.

Patogeni visti al microscopio (foto da Freepik)

I dati e il piano nazionale di contrasto
Il problema dell’antibioticoresistenza è sempre più diffuso, tanto è vero che l’Organizzazione Mondiale della Sanità l’ha inserito tra le dieci principali minacce sanitarie nei prossimi anni, insieme ad altri fenomeni come il cambiamento climatico, le pandemie e l’esitazione vaccinale. Si stima che la resistenza agli antibiotici possa causare 10 milioni di decessi in più all’anno entro il 2050. L’organismo europeo per il controllo delle malattie infettive (Ecdc) ritiene che il numero di infezioni causate da batteri resistenti agli antibiotici in Europa sia stato pari a di 801.517 casi nel 2020 e che queste infezioni abbiano causato 35.813 decessi nello stesso anno. Nonostante questo fenomeno riguardi tutta l’Europa, la gravità del problema nel nostro Paese è particolarmente rilevante: infatti in Italia nel 2020 si è verificato un terzo di tutti i decessi correlati all’antibioticoresistenza registrati su scala europea (10 mila morti).

“Già Flemming, il Premio Nobel per la Medicina scopritore del primo antibiotico, la penicillina – racconta Vinicio Manfrin, direttore dell’Uoc Malattie Infettive dell’Ulss 8  -, si accorse che germi originariamente sensibili alla penicillina, soprattutto se esposti a dosi relativamente basse di antimicrobici, acquisivano una resistenza alla molecola che persisteva anche quando questa veniva somministrata in dosi adeguate. La resistenza dei germi agli antibiotici si è poi estesa nel tempo e ha superato la capacità della scienza di produrre nuove molecole attive: il mito che le novità farmaceutiche avrebbero costantemente risolto il problema è stato sfatato, tanto che all’introduzione sul mercato di un nuovo antibiotico oggi non ci si chiede “se si troveranno ceppi resistenti” ma “entro quanto tempo”. La previsione è che nei prossimi anni la mortalità correlata alle infezioni da germi resistenti agli antibiotici supererà quelle relative a tumori e incidenti stradali, con il rischio che vengano persi i vantaggi legati ai miglioramenti della medicina e alle innovazioni tecnologiche”.

A seguito di questa situazione le autorità sanitarie italiane hanno elaborato un piano (Pncar: Piano Nazionale di contrasto all’antibiotico resistenza) che fornisce alle Regioni e alle singole Aziende Sanitarie strategie e obiettivi per un effettivo controllo, tramite la formazione (degli operatori sanitari ma anche del pubblico), la sorveglianza microbiologica, la prevenzione delle infezioni e una politica per il buon uso degli antibiotici.

L’impegno dell’Ulss 8 Berica
In quest’ottica già da alcuni anni l’ulss 8 si è dotata di un piano per il controllo delle infezioni da germi multiresistenti e il buon uso degli antibiotici, che prevede l’organizzazione periodica di corsi di formazione rivolti al personale sanitario ospedaliero (svolto in 4 edizioni nel 2023 e altrettante sono in programma per quest’anno); il progetto Team Coach (in collaborazione con l’Università degli Studi di Padova) per una formazione specifica rivola al personale di Pediatria; e un ulteriore progetto di formazione “Ica” (finanziato tramite Pnrr) sulle infezioni correlate all’assistenza rivolto a tutti i dipendenti ospedalieri dell’Ulss 8 Berica. Specifiche azioni di formazione sono rivolte anche ai Medici di Medicina Generale, oltre ad iniziative rivolte ad alcune Medicine di Gruppo.
Gli specialisti di Malattie Infettive gestiscono inoltre un servizio di consulenza infettivologa per i reparti ospedalieri (2.462 quelle svolte complessivamente nel 2023) che sarà ulteriormente potenziato nel corso del 2024. Per quanto riguarda il territorio, inoltre, vi è una costante attività di rilevazione delle abitudini prescrittive e dei bisogni formativi attraverso un questionario inviato ai Medici di Medicina Generale ed è stato attivato un servizio di consulto via e-mail al quale rispondono gli specialisti delle Malattie Infettive. Tutto questo si sta traducendo una riduzione nel consumo degli antibiotici all’interno degli ospedali dell’Ulss 8 Berica, con l’obiettivo di arrivare per il 2024 ad una diminuzione del 3,5% rispetto al 2022.

Il sondaggio
Da un sondaggio condotto dall’Ulss 8 Berica lo scorso anno mediante questionari distribuiti dalle farmacie territoriali e on-line, è risultato che oltre 1 vicentino su 5 (22%) ritiene di non dovere ricorrere al consulto del medico per l’assunzione di antibiotici, sebbene la maggior parte si rivolga correttamente al medico. Il 33% – 1 su 3sospende la terapia prima del previsto, con potenziali ricadute sullo sviluppo di resistenze. Inoltre ben il 37% riferisce di avere in casa un antibiotico probabilmente avanzato da precedenti terapie, con il rischio quindi di un riutilizzo futuro scorretto.

Le regole della Regione Veneto
A questo riguardo, la Regione del Veneto ricorda alcune azioni concrete che ciascuno può adottare per contribuire a ridurre il fenomeno della l’antibioticoresistenza: assumere antibiotici solo se prescritti dal proprio medico di fiducia; rispettare scrupolosamente le modalità e tempistiche di assunzione indicate dal medico (non saltare le dosi e non sospendere la terapia anticipatamente, anche se ci si sente meglio); non assumere di propria iniziativa antibiotici avanzati da terapie precedenti; in caso di malattie come il raffreddore e l’influenza, avere cura di sé, stare a riposo e al caldo e assumere molti liquidi; chiedere consiglio al medico o al farmacista sui farmaci utili per lenire i sintomi come febbre, mal di gola, naso chiuso, dolori muscolari; non assumere antibiotici a meno che non siano stati prescritti dal medico.

Uso di farmaci in un allevamento intensivo (foto da Freepik)

La questione veterinaria
Che non sia però sufficiente agira sul versante sanitario, lo conferma il Ministero della Salute, che parla di “uso eccessivo e improprio” degli antibiotici anche sul versante veterinario, soprattutto negli allevamenti intensivi, mentre l’Agenzia europea per i medicinali (Ema) ha reso noto nel dicembre scorso il suo tredicesimo rapporto del sistema di sorveglianza europea del consumo di antimicrobici veterinari (nel 2006 l’Unione Europea ha introdotto il divieto di utilizzo veterinario per scopi non terapeutici e nel 2018 è stato fissato l’obiettivo di un dimezzamento entro il 2030).
In generale, tra il 2011 e il 2022 in Europa l’utilizzo complessivo è diminuito del 53% (in Italia del 57,5%) e nel 2022, rispetto al 2021, le vendite sono calate del 23,9% in Belgio, del 24,8% in Francia, del 28,5% in Ungheria, del 32,3% in Lituania, del 32,7% a Malta e addirittura del 48,6% in Portogallo. In Italia le vendite sono sì diminuite, ma solo del 9,2% e l’andamento nel tempo mostra un sostanziale appiattimento delle curve già dal 2017-2018. Fra i paesi che hanno incrementato l’acquisto di antibiotici ci sono Islanda, Danimarca e Polonia (quest’ultimo risulta il peggiore in quasi tutti gli indici). Se si verificano i diversi parametri indicati nel rapporto, l’Italia è quasi sempre tra i peggiori, con l’esclusione, in parte, delle vendite degli antibiotici di ultima generazione, che allevatori e veterinari sembrano utilizzare con estrema parsimonia.