Arte e dintorni – Le trecce di Faustina: acconciature, donne e potere nel Rinascimento
Le Gallerie d’Italia di Vicenza, a Palazzo Leoni Montanari ospitano una mostra elegante nell’allestimento e intrigante per il tema, insolito e originale, che indaga il ruolo delle acconciature femminili (ma non solo) nella comunicazione e nei codici socio culturali del Rinascimento.
Il percorso, a cura di Howard Burns, Vincenzo Farinella e Mauro Mussolin, con circa 70 opere provenienti da importanti musei nazionali e internazionali, ricostruisce la moda delle capigliature del Quattro e Cinquecento, attraverso un dialogo serrato tra busti romani e rinascimentali, dipinti e sculture, monete antiche e medaglie moderne, disegni e libri antichi.
Il titolo richiama una delle acconciature più spettacolari e famose della storia. L’imperatrice Faustina Maggiore, moglie di Antonino Pio, donna d’intelletto e potere, riconoscibile per la sua acconciatura, è divenuta nei secoli simbolo delle più alte virtù muliebri.
Al centro della prima sala, i due busti in marmo di Faustina Maggiore e di Faustina Minore accolgono il visitatore. Spesso confuse tra loro, Faustina minore è identificata dal suo chignon basso che raccoglie a ciocche morbide e ondulate tutta la capigliatura. È però Faustina Maggiore, con la sua elaborata acconciatura di molte trecce a forma di “cesto”, o “turbante” o una “torre” sulla sommità del capo, a diventare presto un modello di riferimento per l’iconografia della donna bella, di virtù e di potere.
Busti come questi, ricercati e collezionati dagli aristocratici del Rinascimento, ispirarono gli artisti per dipinti e sculture moderne che resero celebre l’eccentrica capigliatura tanto da farla tornare di moda tra le nobildonne venete.
Le opere esposte creano un confronto tra antico e moderno, un discorso tra stile e influenze, in una circolarità che restituisce la complessità della comunicazione sociale della moda e delle arti nei secoli.
Nella superba Sacra Conversazione Renier di Giovanni Bellini, Santa Caterina d’Alessandria, donna matura, acconciata con trecce e ricci composti frammisti a perle, ispirata dal profilo dell’imperatrice Faustina desunto dalle monete romane, si oppone dialetticamente la giovane bellissima Maria Maddalena, la peccatrice dalle folte chiome dorate sciolte e ribelli.
Si procede con un excursus del ritratto femminile nell’arte greca, più idealizzata ed eterea, per poi passare alla statuaria romana, più realistica e incisiva. La varietà delle acconciature delle matrone romane rispecchiava il rispettivo ruolo sociale, nonché le mode del loro tempo. Apice dei capricci della moda di epoca imperale è lo splendido Busto Fonseca dei Musei Capitolini, noto per il celebre toupet a diadema di boccoli “a cavatappi” tipico delle imperatrici della dinastia flavia.
Per i curiosi e per gli appassionati, le molte monete romane esposte – gli aurei scintillanti, i denari in argento e i sesterzi in oricalco – concorrono a dimostrare il ruolo fondamentale delle monete come veicolo di iconografie che ritornano puntuali a distanza di secoli nelle arti maggiori rinascimentali.
Nella sezione dedicata ai capelli raccolti e alle ciocche liberate, si può ammirare l’algida purezza e compostezza del busto di giovane donna di Desiderio da Settignano contrapposto alla capigliatura libera e fluttuante, raccolta a stento dai nastri, della eroina antica (forse Olimpiade) del bassorilievo di Andrea del Verrocchio.
Viene dato spazio anche alle acconciature maschili, che nel Rinascimento ebbero diverse fogge, spesso ispirate all’antico. Il dittico di straordinaria bellezza, attribuito agli scultori rinascimentali Vincenzo e Gian Girolamo Grandi, affianca al profilo maschile con ricci, abbinato alla barba ispirato ai ritratti di Adriano e Antonino Pio, il profilo femminile con un’acconciatura moderna, con ciocche libere e trecce con fascia dorata. Lunghi e indomabili invece sono portati con fiera spavalderia i capelli celebrati dal modello nel Ritratto di musico di Tiziano.
La quinta sala ripercorre l’interesse dimostrato da Michelangelo per la raffigurazione dei capelli femminili. Perno ideale della mostra è uno dei disegni più celebri del Divino: il doppio ritratto di Cleopatra che sfoggia una labirintica e spettacolare acconciatura a trecce.
La presenza in mostra di libri e di trattati cinquecenteschi sulla numismatica romana, come l’Illustrium imagines di Andrea Fulvio, sottolinea il ruolo delle pubblicazioni erudite come fonte trasversale di ispirazione delle acconciature femminili poi immortalate nella ritrattistica moderna.
Il percorso procede con l’analisi delle pettinature come testimonianza sociale, codice di costume adeguato a contesti assai diversi, dalle corti ai bordelli. Ciocche libere e capigliature composte raccontano il potere seduttivo delle chiome e l’artificio virtuoso dell’acconciatura.
Superbo il “Ritratto di Eleonora di Toledo con il figlio Francesco” di Agnolo Bronzino che con laccata perfezione intreccia e racchiude i capelli in una reticella, di perle e d’oro, che riprende il decoro dell’abito; la Venere pudica allo specchio, attribuita alla bottega di Tiziano, mette in scena il dilemma tra pudicizia e voluttà, come le trecce sul capo che si arrendono alle chiome lasciate libere sulla spalla. La teca novecentesca al centro della sala, come un reliquiario pagano conserva i (presunti) capelli biondi di Lucrezia Borgia offerti al suo innamorato Pietro Bembo, e racconta rituali di corteggiamento antichi che riflettono anche moderne ossessioni.
Nell’attigua saletta di proiezione, un filmato di una decina di minuti mostra le acconciature più originali e fantasiose, modaiole e iconiche, che il cinema ha ricreato per dar vita di celluloide ai personaggi femminili (e maschili) nelle pellicole più note: da Star Wars a Il signore degli anelli, dalla Febbre del sabato sera a Harry Potter, passando per tutto il filone peplum e le commedie americane degli anni Cinquanta e Sessanta. Un esercizio di stile e un bel gioco di memoria per il visitatore.
L’ultima sala propone due teste in gesso di Antonio Canova. Lo scultore aveva ideato una personale rielaborazione dell’acconciatura di Faustina, con trecce composte che lasciavano liberi alcuni riccioli sulla sommità del capo, in nome di una seduzione imbrigliata, accennata e mai sfrontata. Lontano dalle mere frivolezze, la mostra invita a un’interessante lettura sociologica diacronica sul ruolo dei capelli, come emblema della bellezza, virtù e potere.
Fino al 07 Aprile 2024
Le trecce di Faustina. Acconciature, donne e potere nel Rinascimento.
A cura di Howard Burns, Vincenzo Farinella, Mauro Mussolin
Gallerie d’Italia, Palazzo Leoni Montanari, Contra’ Santa Corona 25
Catalogo della mostra realizzato da Edizioni Gallerie d’Italia | Skira.
Orari: Mar – Dom 10 – 18 tel. 800 167 619
Info: Le trecce di Faustina