Caso Miteni, 15 ex manager accusati di avvelenamento delle acque, disastro ambientale e reati fallimentari
Prosegue il processo a carico della Miteni sull’annosa vicenda Pfas, la nuova udienza in Tribunale a Vicenza vede imputati 15 ex manager dell’azienda, accusati di aver sottratto documenti agli organi di controllo. La prosecuzione dell’esame del Maresciallo Manuel Tagliaferri, ha permesso di far acquisire nuovi elementi fondamentali a sostegno dell’impianto accusatorio. Durante l’udienza è emerso come Miteni abbia omesso di inviare agli enti competenti per i controlli ambientali una serie di rapporti di prova (sia di laboratori interni, che esterni come Agrolab e Chelab).
Gli esami effettuati dimostrano come il C6O4 e il GenX siano stati ricercati dall’azienda ben prima del giugno 2018, data del ritrovamento in falda da parte di Arpav. Questo significa che la stessa azienda ha sottratto, secondo quanto accertato dal Noe, agli organi di controllo documentazione importante relativa alla presenza di agenti inquinanti nelle acque. Nella deposizione, il maresciallo Tagliaferri, ha altresì precisato che, anche se la produzione ufficiale di C6O4 è partita nel 2013, in realtà la sostanza veniva già prodotta in impianti pilota dal 2011 su incarico di Solvay (dato che corrisponde a quanto già dichiarato dal dott. Polesello di Ispra nella sua testimonianza sulla presenza di questa sostanza nei campioni prelevati proprio da Ispra nel 2011).
“Questi – spiega l’avvocato Marco Tonellotto, che con i colleghi Angelo Merlin e Vittore d’Acquarone seguono Acque del Chiampo, Viacqua, Acquevenete e Acque Veronesi, costituitesi parti civili – sono elementi che dimostrano come la società, nonostante fosse pienamente a conoscenza del rischio, non abbia mai attuato misure di prevenzione e protezione”. “La ricostruzione di Tagliaferri – conclude Tonellotto – mette ulteriormente in evidenza come Miteni, sia per quanto riguarda la vicenda Pfas che per il GenX e il C6O4, fosse a conoscenza della magnitudo del rischio e che a fronte di questa consapevolezza non abbia adottato le misure adeguate”.
L’ultima parte della deposizione ha riguardato l’attività del prof. Giovanni Costa, medico del lavoro di Miteni dal 1989 al 2016.
Come accertato dal Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri di Treviso, il prof. Costa partecipò per conto di Miteni a moltissimi meeting internazionali sui Pfas, ed era in contatto con i più grandi produttori mondiali di queste sostanze (DuPont, 3M, Solvay). Grazie a questi contatti privilegiati, il prof. Costa era informato degli studi sulla pericolosità dei PFAS condotti in varie parti del mondo molto tempo prima rispetto alla data in cui i risultati sono stati resi noti ufficialmente. Così ad esempio risulta provato che Costa fosse informato delle problematiche dello stabilimento DuPont in West Virginia già nell’agosto 2004, quando invece gli esiti del C8 Science Panel vennero resi noti solo nel 2009.
I dati rinvenuti nella documentazione del professore e relativi alle analisi sul siero dei lavoratori evidenziano una elevata presenza. Uno dei lavoratori (il cui nome non è stato reso noto) aveva il valore più alto trovato in assoluto: 91.900 ng/ml. È deceduto nel 2006. Un altro aveva 76.500 ng/ml. È deceduto nel 2002.