Conti dei servizi segreti in Bpvi, “prosciugato” il pc del giornalista che indagava
Hard disk sequestrato – nonostante avesse fornito un supporto esterno con tutti i materiali – e pc completamente “ripulito”, svuotato da qualsiasi contenuto di ogni tipo. Indagare sulla Banca Popolare di Vicenza, per scriverne e informare il pubblico italiano è costato carissimo a Nicola Borzi, giornalista del Sole 24 Ore che nei giorni scorsi si è dedicato sul quotidiano economico ad un’inchiesta che dimostra come l’istituto di credito presieduto da Gianni Zonin e diretto da Samuele Sorato sia stato per molti anni, dal 2009 al 2013, utilizzato intensamente dalle agenzie Aisi e Aise, i servizi segreti italiani.
La Guardia di Finanza, nell’ambito di un’indagine giudiziaria scaturita proprio dalle rivelazioni sull’incrocio fra servizi segreti e popolari venete, ai fini del finanziamento dei primi, ha infatti chiesto a Borzi di testimoniare, attività a cui il giornalista si è prestato volentieri riservandosi però il diritto di mantenere il segreto sulle sue fonti (diritto previsto dalla legge). La collaborazione ha privato il professionista di tutti gli strumenti di lavoro faticosamente accumulati in decenni di attività: i finanzieri, anziché “acquisire” semplicemente i materiali del testimone facendone una copia, glieli hanno sequestrati del tutto. Anche dal pc aziendale. Le Fiamme Gialle, secondo quanto denuncia anche la Fnsi (Federazione nazionale della stampa, il sindacato dei giornalisti), avrebbero privato del proprio archivio pure un giornalista del quotidiano ‘La Verità’, Francesco Bonazzi.
A denunciare l’accaduto è stato lo stesso giornalista Nicola Borzi, in un lungo post sulla propria pagina Facebook. Ne riportiamo alcuni estratti:
“Dove una volta c’erano centinaia di directory, ordinate per argomento e/o per anno mese e giorno, dove c’erano decine e decine di migliaia di file registrati catalogati ordinati, frutto del lavoro al Sole 24 Ore dal 1996 – 21 (ventuno) anni -, dove c’erano migliaia di email e di numeri di telefono non c’è più NULLA.
Questa è l’immagine della memoria del mio nuovo computer. Un enorme spazio VUOTO.
In una sola sera, con un mandato di acquisizione e/o perquisizione contro IGNOTI, mi hanno tolto TUTTI GLI STRUMENTI DI LAVORO raccolti in decenni di professione.
Perché? Perché HO FATTO SOLO IL MIO LAVORO. Io non ho rubato né trafugato niente, non ho pagato alcuno né son stato pagato da nessuno, non ho fatto nulla che non fosse ricevere informazioni, tentare di verificarle al meglio, renderle note ai lettori secondo il mio DOVERE di giornalista per rispettare il DIRITTO dei cittadini a essere informati.
….
Adesso, e per chissà quanto ancora sinché un giudice non riterrà di potermi riconsegnare il mio archivio, il mio lavoro, la mia vita, dovrò ricominciare da zero.
Non ho più documenti: niente più relazioni della Consob, niente più documenti di Banca d’Italia, niente più bilanci di banche, di società, niente più relazioni, referti, esposti, niente più email di risparmiatori, sindacalisti, lettori.
Eppure io ho collaborato con gli inquirenti. Gli ho fornito l’unica copia del materiale in mio possesso. Gli ho consegnato le chiavi di criptatura dei file. Erano su un supporto esterno, non c’era bisogno di togliermi il disco rigido dal computer redazionale, con il mio archivio.
Lo hanno scritto anche loro nel loro verbale, sono stato completamente collaborativo. Non sono – che a me risulti – indagato: sono TESTIMONE.
All’acquisizione (non perquisizione, proprio in virtù della mia totale spontanea collaborazione) ho solo opposto il comma terzo dell’articolo 200 del Codice di procedura penale: ho opposto il segreto professionale sulle mie fonti. Che è la prima, inviolabile, assoluta regola del mio lavoro.”
Borzi, cinque giorni fa, aveva documentato con una serie di articoli esaustivi il legame fra Bpvi e servizi segreti. In particolare aveva scoperto che la banca vicentina era stata usata tra il giugno 2009 (governo Berlusconi) e il gennaio 2013 (governo Monti) per 425 transazioni per un complessivo di 43,2 milioni di euro in capo ad Aisi (Agenzia informazioni e sicurezza interna) e per altre 20 operazioni, per 6,2 milioni di euro, all’agenzia gemella Aise.